“Siamo stati fortunati ad avere a Roma la grande Zaha Hadid, la donna che ha cambiato il volto e il futuro di molte città.”
Luigia Sorrentino
Nell’immagine di Fabrizio Fantoni, la grande First Lady dell’architettura contemporanea, il giorno dell’inaugurazione del MAXXI, il 28 maggio 2010.
L’archistar britannico-irachena, celebre per i suoi progetti futuristici come, tra gli ultimi, lo stadio del nuoto dei Giochi di Londra 2012 e il MAXXI di Roma, è morta di infarto in un ospedale di Miami dove era in cura per una bronichite. Aveva 65 anni.
Nata a Baghdad, aveva studiato a Beirut e a Londra. E’ stata la prima donna a vincere nel 2004 il prestigioso Premio Pritzker, considerato il Nobel dell’architettura, e nel Regno Unito la Medaglia d’Oro del Royal Institute of British Architects.
Angolature nascoste e dettagli sorprendenti. I suoi iconici edifici, progettati in uno studio apparentemente modesto nel quartiere “hip” di Clerkenwell a Londra, erano stati commissionati in tutto il mondo: dall’Heydar Aliyev Centre di Baku in Azerbaijan a un condominio extralusso lungo il parco della High Line di Manhattan, dagli impianti BMW di Lipsia alle stazioni della funicolare di Innsbruck e la Guangzhou Opera House in Cina. “E’ con grande tristezza che confermiamo la sua morte improvvisa”, si legge nel comunicato dello studio Zaha Hadid Architects che la definisce “la piu’ grande architetto donna del globo”.
(Nell’immagine, di Luigia Sorrentino, l’interno del MAXXI. Foto del 28 maggio 2010).
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Messaggi di commozione di cordoglio sono arrivati dai suoi più noti colleghi: Lord Rogers, l’architetto del Centre Pompidou e del Millennium Dome, ha osservato che “nessuno, tra gli architetti degli ultimi decenni, ha avuto piu’ influenza di lei”.
Essendo donna, ma anche per l’approccio rivoluzionario all’architettura e la particolare complessità dei suoi progetti, la Hadid impiegato molto tempo a affermarsi in Gran Bretagna e per molti anni aveva fatto fatica a ricevere commissioni.
Il suo disegno per l’Opera House di Cardiff era stato clamorosamente bocciato negli anni Novanta e l’archistar non era riuscita a tradurre un progetto in realtà fino a quando non aveva ricevuto la commessa per il Museo dei trasporti di Glasgow, ultimato nel 2011.
Ma anche l’estate scorsa, il disegno dello stadio per i giochi di Tokyo 2020 era finito su un binario morto tra polemiche sui costi: sarebbe stato il più caro della storia con un cartellino del prezzo da 2 miliardi e mezzo di dollari.