OPERA PRIMA
A cura di Luigia Sorrentino
Dalla Prefazione di Luisa Pianzola
Scrivere poesia non è una faccenda semplice. Bisogna sfrondare, già nella mente, prima che diventi parola scritta, il pensiero o l’immagine metaforica da cui solitamente scaturisce il testo nella sua completezza, per evitare di cadere nei tranelli dell’ovvio, della retorica, del sentimentalismo, della pedanteria. Di tutto ciò, insomma, che distoglie rapidamente l’attenzione di chi incappa in una raccolta di versi mediocri. Solitamente, questo processo avviene con una certa naturalezza non prima dei trent’anni (la parola poetica ha un’evoluzione lenta), in coincidenza con una maturazione stilistica che non può non accompagnarsi a quella di tipo esperienziale, esistenziale. Difficilmente, insomma, le prove d’esordio anche dei poeti più grandi non sono esenti da una certa quota di enfasi tipica dell’età.
Non si può non rimanere impressionati, dunque, dalla qualità dei versi di Davide Maria Quarracino, diciannovenne alla sua prima pubblicazione in volume. Frangiflutti è una piccola opera compatta, ritmata da un respiro regolare che lega i frammenti poetici, alternati a momenti di prosa, senza cedimenti e con la riconoscibilità di una voce poetica matura. Se nei brani di prosa il registro è più classicheggiante, non senza qualche ingenuità e una rotondità dell’eloquio che contrasta con l’asciuttezza dei testi in versi, è nelle poesie brevi che l’autore dà il meglio di sé. Qui il lavoro sulla scrittura, il limare la forma alla ricerca di una (apparente) semplicità generano esiti di notevole efficacia. Quarracino sembra padroneggiare gli strumenti che gli consentono di ottenere effetti talvolta spiazzanti, in una voluta ambiguità che tiene alta l’attenzione del lettore. Tra gli altri, l’espediente della fusione tra parte dialogica, fortemente colloquiale, e voce dell’io narrante: «Anche la tua più ridicola caduta/ è elegante per te, anche chiedere/ dov’è la toilette e il tuo viso/ è bello anche quando/ stanco pulisce dal piatto il pranzo/ e al mio ti dò una mano risponde disinvolto/ no, aspetta, faccio io». Da notare, poi, sempre in queste poesie brevi, l’uso parsimonioso degli aggettivi e la tendenza a non utilizzarli in senso meramente attributivo, se non ad eliminarli del tutto: «Ora che nell’acqua non ci sei/ io vado a fondo/ finché il battito non smette/ e tutte le ossa fanno fatica a risalire,/ come un silenzio di montagna tra la nebbia/ scotta l’attesa, come la paura prima della scia/ di un salto, di un brivido alla schiena».
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Perdere con la notte qualche parte
d’ossa, fingere di stare bene, sapere
che da soli si ingoiano le proprie croci
pesanti sulle spalle, nello stomaco
tenerle lì, camminando curvi.
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Ti penso quando penso al vento impetuoso di un treno
di cui ripida
la mossa scuote i ciuffi all’aria.
Questo è come ogni cosa quando si ama
un forte abbaglio sulla pelle
che dura e perdura, incide luci, blocchi, sospiri.
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Anche la tua più ridicola caduta
è elegante per te anche chiedere
dov’è la toilette e il tuo viso
è bello anche quando
stanco pulisce dal piatto il pranzo
e al mio ti do una mano risponde disinvolto
no, aspetta, faccio io.
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Durante i mattini senza mattina
sembra sorgere l’ultimo di ogni sole.
Noi stiamo dopo che smette di piovere
dove l’acqua rimane a cantarci dentro.
Non qui, non lì, noi viviamo nel mezzo.
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Quanto costa
il pericolo di starti accanto,
farebbero tardi a capire
perché se ti vedo mi allontano
e cerco un luogo
dove il mio cuore batta più lento.
Davide Maria Quarracino è nato a Santa Maria Capua Vetere (Caserta) nel 1995. Frangiflutti (LietoColle, 2015 – Premio Camaiore Opera Prima) è la sua unica pubblicazione. Una sua silloge è stata selezionata da Maurizio Cucchi per l’antologia Quadernario 2016 – Almanacco di poesia contemporanea (LietoColle). Vive a Roma.