Ripubblicato da Interlinea è di nuovo disponibile “Bevendo il tè con i morti” di Chandra Livia Candiani. La prima edizione del 2008 era esaurita da tempo e il libro merita di essere conosciuto e riletto. Un canzoniere intenso di cui non so dire se la visione precede la parola o la parola contiene il suono che conduce l’immagine. Immagini forti, segni incancellabili di un vivere dentro la materia del nostro mondo, senza rifiutare nulla, ponendosi però sul margine d’ombra che consente di vedere e dire sempre qualcosa in più.
Dai bordi di un corpo materno a cui Candiani guarda, quasi con stupore, la voce compie una ricognizione in cui porta in vita i gesti e le parole perdute e sembra dirci una volta di più che l’altro/l’altra sono sempre sconosciuti:
“Siamo una narrazione che finisce
e tu mi cogli
— impreparata —
mentre ancora dipano il tuo passato
e te lo narro come storia
[…]
madre ragazza
senza madre senza
soglia”. p. 63
Le parole, i passi e i volti attingono sempre alla vita e alla morte, e per nessuno c’è un’isola, ma solo una tremante umanità condivisa, spesso in assenza, con chi ci è consanguineo o con chi ci è più vicino.
Se l’amore è una lingua o almeno una parola, il lucido narrare una morte che non va via, non ci abbandona mai, è sapere nude le cose.
(Pubblicata in QuiLibri aprile maggio 2016)
DUE ESTRATTI DA
Bevendo il tè con i morti, di Chandra Livia Candiani (Interlinea, 2015)
mia madre è un passero cattivo
urla prima di mangiare
urla prima di dormire
nel cuore della notte
urla,
ma il suo corpo
sta nel palmo di una mano
e si affaccia al davanzale
le lanciano molliche di pane.
**
quel che ora provo per te
non è distacco
ma imparziale abbandono
all’assoluta polvere
di nome e forma
posso anche dimenticarti
madre ora
che sei cerniera
che apre e chiude
di legami i mondi.