Rosita Copioli, “Le acque della mente”

le-acque-della-menteDal risvolto di copertina

Lo si avverte subito: c’è una grande passione, un’animata, animosa passione di fronte al proprio esserci, alle cose del mondo, all’umana storia, in questi nuovi versi di Rosita Copioli. È una passione inquieta, irrequieta, e quanto mai insolita nel nostro tempo, ma che riesce a trasmettersi con efficace immediatezza. I territori d’esplorazione sono svariati, a volte persino opposti, ma sempre chiamati in causa con la stessa emozione del confronto, che è la vera energia di questo vitalissimo libro. Copioli tratta degli orrori della storia, come delle più recenti tragedie, le quali ne ripetono di antiche, anche perché «tutto ciò che è / più atrocemente stupido / ama replicarsi». Chiama in causa il pensiero potente e felicemente intempestivo di Ivan Illich, evoca grandi figure della letteratura come Shelley, Byron, Marianne Moore, D.H. Lawrence, racconta il proprio viaggio nelle meraviglie dell’arte, dove si esprime e dilata «lo spazio della mente», visitando la cavità del Mitreo, le opere di Giuliano da Rimini, Piero della Francesca, Pollaiolo, Leonardo, e altri, altri ancora, fino a Pollock. Riesce a intessere un bestiario, proponendo eleganti versi sugli animali, in una sequenza delicata e impeccabile che è un vero gioiello, per attenzione, acutezza, partecipazione sensibile e generosa, come è nella natura di questa poetessa, sempre capace di coniugare sapienza ed emozione, come anche di passare da un dire fluente, dirompente, a un’asciuttezza epigrammatica. L’agitarsi del mare è poi la metafora che più riesce a rappresentarne i vari momenti di adesione e scoramento, tra gioia e trasporto del potersi immergere in armonia, ma anche nel pensiero della morte per acqua. E la piena, febbrile disposizione verso l’altro da sé della poesia di Rosita Copioli non poteva non trovare sbocco nell’amore, di cui ci narra in prima persona una vicenda lirica capace di creare una nuova, ulteriore apertura di senso.

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Se dev’essere eguaglianza

I
Non mi sento superiore.
Non riesco a diventare vegetariana.
Sono come un gatto, un cane, una tigre
o un pesce che non sono (ancora)
“superiori”.
Figlia di un cacciatore però
non potrei sparare né pescare.
Chissà se lo farei, in un’isola deserta.
Credo di sì? – No.
Per ora vilmente (mi pongo il problema)
escludo animali simpatetici e ripugnanti,
e mi comporto come loro,
secondo la mia specie
secondo la loronostra ingiustizia.
Mi sento come un maschio
con il genere femminile, però
(o è un’apparenza?).

II

In disvirtù di questa eguaglianza
proclamo di appartenere al selvaggio.
Nessun problema se sarò uccisa,
cacciata.
Tenterò la mia difesa.
Come ho sempre fatto
appartenendo al “sesso debole”:
ossia a quello animale.
Legittima difesa di aggressione.
Chi è la caccia chi è il cacciato?
Cervo, grifo, pantera, leone,
Diana, Atteone,
Demetra spiga di grano,
sulle tombe si rincorre la vita.

III

Eppure,
non togliere la vita a chi possiede
soltanto il suo respiro –
le cose piccole e mute,
che ci guardano con coraggio,
che ci guardano miti.

In ricordo della nostra separazione
corre come un pianto
un sogno del lutto.

Cos’è questa energia che ci prende
e ci lascia –
Cos’è questo soffio…

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Rosita Copioli è nata a Riccione. Ha pubblicato libri di prosa e saggi (tra cui I giardini dei popoli sotto le onde, 1991; Il fuoco dell’Eden, 1992; La previsione dei sogni, 2002; Il nostro sistema solare, 2013), drammi, testi storici e le seguenti raccolte di poesia: Splendida lumina solis, 1979; Furore delle rose, 1989; Elena, 1996; Odyssée au miroir de Saint-Nazaire, 1996; Il postino fedele, 2008; Animali e stelle, 2010. Ha diretto la rivista «L’altro versante» (1979-1989). Ha curato e tradotto Yeats, Saffo, e curato opere di Leopardi, Goethe, Flaubert. Di prossima pubblicazione un libro su Boiardo e un altro su Fellini.

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