Jean-Charles Vegliante, “Pensiero del niente”

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Dalla Prefazione di Maurizio Cucchi

Nel 2004 Giovanni Raboni traduceva per Einaudi un primo libro importante di Jean-Charles Vegliante “Nel lutto della luce” e definiva l’autore “un poeta che viene da una grande tradizione come quella francese, ma anche, contemporaneamente, da una grande tradizione come quella italiana; esse risultano in qualche modo intrecciate, come se una filtrasse dentro l’altra e interagisse con l’altra non in momenti successivi, ma in una sorta di compenetrazione assoluta”.

L’approccio con i suoi versi è di immediato appagamento estetico, anche se il suggestivo intreccio di immagini che ci offre non è per nulla elementare o lineare, ma certamente è anche il frutto di un’elaborazione in chiave del tutto personale di toni e atmosfere provenienti dalla poesia francese del Novecento con influenze dovute ai grandi della nostra letteratura contemporanea come Fortini e Sereni o lo stesso Raboni. Il senso di perenne inquietudine, come la presenza di un’oscura minaccia pervasiva, penetra e increspa il gettito di immagini che costituisce un tratto decisivo di questa poesia.

Jean-Charles Vegliante, “Pensiero del niente“, Edizioni Stampa 2009, 2016, La Collana a cura di Maurizio Cucchi,  Traduzione di Felice Piemontese con testo francese a fronte. In copertina: Colore crudo 2006, Giorgio Vicentini.

UN ESTRATTO DAL LIBRO

INFINITO

Perché chiudo gli occhi per conservarti,
immagine più effimera della mia stessa vita,
fanciulla, anima a fior di pelle, che
attende da noi solo un segnale, un riconoscimento?
Nello scompartimento qualcuno ha sentito
forse un soffio, che trasalisce al dubbio
leggero subito respinto, d’essere vivi,
quando timidamente altera incedi
verso un paesaggio per noi invisibile
pronto ad accoglierti come un grande corpo
ferito,  a compensare l’ingiustizia di genitori
troppo umani – mentre in te tutto si pensa
al di là, fra le erbe, la terra felice:
di cui tu sarai, prima di me disfatto, mutata.

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L’INFINI

Pourquoi je ferme les yeux pour te garder,
image plus éphémère que ma vie,
jeune fille, ame à fleur de peau n’attendant
de nous qu’un signal, une reconnaissance?
Dans le compartiment quelqu’un a senti
peut-être un souffle, qui tressaille au léger
dout aussitot repoussé, d’être vivant,
quand timidement altière tu t’avances
vers un paysage pour nous invisible
prêt comme un un grand corps blessé à t’accueillir,
à compenser l’injustice de les parents
trop humains – alors que tout en toi se pense
au delà, dans les herbes, la terre heureuse:
dont tu seras, avant que moi défait, mue.

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Jean-Charles Vegliante è nato a Roma nel 1947. E’ professore ordinario di lingua e letteratura italiana contemporanea all’ Università Sorbonne Nouvelle-Parigi 3.
Tra i principali titoli pubblicati in volume: Sonnets du petit pays entraine vers le nord (Obisidiane, Paris Sens, 1991),  Rien commun (Belin, Paris, 2000), Nel lutto della luce / Le deuil de lumière (traduzione italiana di Giovanni Raboni, Bilioteca Einaudi, Torino, 2004), Itinerario Nord (Vérone, 2008). Tra le sue traduzioni: Dante Alighieri, La Comédie, 3 voll. (Imprimerie Nationale, Paris, 2012). Ha tradotto Leopardi, D’Annunzio, Pascoli, Montale e poeti italiani del Secondo Novecento tra i quali Franco Fortini, Giovanni Raboni, Amelia Rosselli, Vittorio Sereni, Mario Benedetti e altri.

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