Prima ancora del lutto e della perdita, il tema di questo libro è la violenza, una violenza perpetrata sulle creature. Dalla ferita iniziale prende avvio un itinerario in cui l’io s’aggira tra terre straniere fino ad approdare su una spiaggia desolata. Il tutto si presenta come una fenomenologia scandita per stazioni, dove il passo è segnato da una precisa tessitura metrica. Il graduale avvicinamento alla fonte del male termina in uno spazio di compressione, qui ha inizio l’identificazione della voce poetante con quella di tre figure storiche (l’epicureo Lucrezio, il suo discepolo Memmio, l’eroe greco Epaminonda).
ESTRATTI
Da: Le pause della serie evolutiva, Croma k 2, Oèdipus Edizioni, 2016
Epaminonda
Terra, terra, terra.
Posso gridare per ore
mentre l’isola spezza le onde.
Terra, terra.
Nessuno risponde,
solo il fascio di luce che illumina forme.
Resterò qui,
per sempre, resto qui
per sempre, diviso in due dalla corrente.
Non mi specchio,
non mi specchio per niente.
Non ho pazienza,
non credo nella scienza delle attese.
Cosa sperimentare ancora,
non esiste cura, sanatoria.
E allora, cosa?
La domanda ci lega ad una parola
– cosa – la nostra sola risposta.
**
Afona la vendetta,
mi lascia la carta che assorba
quanto mi porta l’insonnia.
Per ora, per ora,
ricorda gli studi, gli analitici primi,
ricorda la lotta,
la scelta di restare,
tacendo,
l’esilio interno.
Questo mi spetta.
S’arresta la linea del tempo,
la sua grana sottile si scioglie, m’accoglie.
**
Rientro nella faglia animale.
Una mosca che annaspa sul vetro
porta in grembo il frutto del suo parto.
Se ne schiaccio il corpo,
si spandono, strisciando,
come fossero molluschi di scoglio,
senza guscio, cassa, riparo,
le sue larve sul pavimento.
Mi aggrappo a questo e scopro
che è scissa la faglia in cui m’innesco.
Produce larve ciò che tocco,
solo se sto fermo imputridisce il mondo.
Ogni oggetto o animale è una costante
col suo fattore esponenziale.
Questa sedia, ecco questa sedia,
è la sua immagine
ma è anche “la mia sedia”,
che uso quando siedo
per annotare i versi
che ora sto scrivendo,
ma rientra nel suo mistero,
solo se la penso nell’insieme
della sua astrazione
e del suo esser mezzo.
Allora si rinnova la sua funzione,
mentre ringiovanisce la mia morte,
e la mosca che schiaccio
è già in sé tutte le sue larve.
Vincenzo Frungillo è nato a Napoli nel 1973. In versi ha pubblicato Fanciulli sulla via maestra con una nota di Milo De Angelis e di Eugenio Mazzarella (Palomar, 2002), Ogni cinque bracciate. Poema in cinque canti con prefazione di Elio Pagliarani e postfazione di Milo De Angelis (Le Lettere, 2009), Il cane di Pavlon. Resoconto di una perizia (2013, Premio Russo-Mazzacurati), La disarmata (AA. VV. 2015). Il cane di Pavlov. Un monologo ha vinto il Premio di drammaturgia Fersen ed è stato interpretato dall’attrice Viviana Nicodemo alla Casa della Poesia di Milano.