“Ma i veri viaggiatori partono per partire;/ cuori leggeri, s’allontanano come palloni,/ al loro destino mai cercano di sfuggire, /e, senza sapere perchè, sempre dicono: Andiamo!”
In questi celebri versi Charles Baudelaire delinea la figura del viaggiatore come colui che lascia la propria terra spinto, esclusivamente, dal desiderio di partire nella consapevolezza che il viaggio non è fuga o evasione dalla vita, ma esperienza nuova caratterizzata da leggerezza ed imprevedibilità.
Una figura non dissimile di viaggiatore si rintraccia nella nuova raccolta poetica di Carlo Valtorta intitolata “Diario settentrionale” ( La Collana Stampa, 2016). Al centro del libro l’idea del “viaggio” intesa non come conseguenza di un’ insanabile rottura con la realtà caotica ed alienante -come si riscontra in tanta letteratura italiana del ventesimo secolo- bensì quale mezzo per acuire la percezione del mondo e, soprattutto, ampliare la nostra immaginazione.
“Il tratto, il cammino che le guide
rubricavano come mero inizio,
Preparazione al piatto forte;
lo stesso che invece io con tutti
i sensi pregustavo in ogni suo
chilometro e millimetro,
in ogni suo palmo accidentato;
il sentiero dei faggi
che introduceva gli intervalli
rarefatti, ai salotti autunnali
di un bosco dove mi avrebbe allarmato
anche l’apparizione del ciclista
o della salamandra; il percorso
che avevo riconosciuto da subito
come il più spaventoso e perfetto:
forse per questo ora suggerivo
di non seguirlo, a voi forestieri inesperti,
esploratori con la bottiglietta d’acqua,
di non seguirlo prima di aver provato
almeno un po’ a immaginarlo”.
Con animo pacificato e una curiosità mai sopita Valtorta esplora i luoghi più disparati, trovandosi a suo agio tanto nelle terre ghiacciate del nord Europa quanto sui laghi lombardi: ovunque raccoglie impressioni, registra i cambiamenti del paesaggio, focalizza la sua attenzione sui dettagli di un quotidiano -a volte sordido e bizzarro- che si cela dietro le contaminazioni di un turismo di massa. Il suo è lo sguardo penetrante di chi vuole andare il più lontano possibile partendo dalle esperienze più comuni. In tal modo l’autore compie “l’avventura del territorio” resa tangibile, nei suoi versi, mediante un dettato regolare, un tono affabile, che restituiscono al lettore il lento andare “delle estati in bicicletta”.
Con “Diario settentrionale” Carlo Valtorta ci dona un mirabile esempio di narrazione in versi, capace di far emergere il muto stupore del viaggiatore di fronte a labili frammenti dell’esistere.