Brindisi di Capodanno nella casa di Valentino Zeichen, Via Flaminia, 86

Brindisi di Capodanno nella Casa del Poeta Valentino Zeichen in via Flaminia 86 (vicolo accanto al Museo Explora). Domenica 31 dicembre 2017 a partire dalle ore 23.30, gli amici di Valentino si incontrano nella sua dimora storica.

di Luigia Sorrentino

Alla notizia del Brindisi in onore di Zeichen ripropongo un’azione artistica dirompente del poeta e artista Valentino Zeichen. Un’azione che esprime un pensiero e la messa in atto del pensiero. Nel video qui sotto, il poeta Valentino Zeichen dopo aver chiesto un coltello, si appresta a leggere una sua poesia con la benda del pirata calata sull’occhio. Chiede agli amici presenti di essere ripreso mentre legge l’inedito, poi confluito nel suo ultimo libro di versi “Casa si rieducazione”, dal titolo “La mattanza della Bellezza”.

Ed ecco che il poeta diventa una vera icona della poesia e dell’arte, del “fare” poesia, rivelando tutto il “carattere” artistico, ironico e tagliente del suo essere poeta.

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Roberto Mussapi

di Maurizio Cucchi

In questi nuovi testi di Mussapi vediamo la forza di un progetto felicemente realizzato: quello di portare sulla scena la parola poetica, senza diminuirne l’energia espressiva. Compito difficile, che ha affrontato con successo e in modo coerente con la sua idea di poesia. Qui lo vediamo portare in scena figure appartenenti a culture, letterature, mitologie diverse, in un fluire narrativo che investe il lettore come potrebbe coinvolgere un pubblico teatrale. Personaggi che appartengono al mondo greco e alla tragedia shakespeariana, come al tardo medioevo francese del grande François Villon, cantore maledetto. Componimenti di ampio respiro e liriche più concentrate, epoche e luoghi svariati, protagonisti a tutto tondo, storie archetipiche dell’umana avventura. Continua a leggere

Golan Haji, “Le poesie che scrivo iniziano, come me, ad allontanarsi dalla Siria. Sento che la fine si avvicina”

Golan Haji

di Luigia Sorrentino

Ho incontrato per la prima volta Golan Haji poeta curdo- siriano (migrato  in Europa nel 2011) a Roma, il 15 maggio 2017, in occasione dello spettacolo CANTI D’ESILIO, con musiche di David Lang, Carlo Galante, Carlo Putelli, Matteo D’Amico. Lo spettacolo proponeva per la prima volta al pubblico versi di Golan tradotti in italiano.

Poco tempo dopo, ho incontrato nuovamente Golan Haji a Parigi, città dove vive. Il nostro secondo incontro ha generato questa sorta di “Racconto autobiografico” che Golan ha scritto in inglese, qui riportato anche nella traduzione in lingua italiana.

Naturalmente prima di conoscere personalmente Golan, avevo già letto il suo primo libro di poesie pubblicato in Italia: “L’autunno qui è magico e immenso”, traduzione dall’arabo di Patrizia Zanella, a cura di Costanza Ferrini (ed. Il Sirente, 2013).

La lingua madre di Golan è il curdo, ma le sue poesie sono scritte in arabo. Qualche volta Golan le traduce in inglese.

Leggendo la poesia di Golan ho incontrato l’orrore e la disperazione della guerra in Siria, il silenzio che tutto copre, ma anche la bellezza e l’amore. La guerra è per il poeta siriano un colpo contundente che colpisce e ferisce la sua terra d’origine, ma la sua lingua è magica, lenisce le ferite e cammina, viene verso di noi e ci tocca, intimamente, ci tocca.

Scrigno di dolore

Ti sostengo,
seppure debole come te, io ti sostengo.
Non come una mano che sorregge il mento di un saggio,
né come un invalido che aiuta gli invalidi,
né come un bastone che un cieco
infila nelle foglie cadute sul marciapiede,
né una palla su cui i pagliacci stanno in equilibrio
come se fosse un unico pianeta
a ruzzolare su questo folle pianeta.

Io, che sono lontano,
ti sostengo nella solitudine,
come un dito che va sulla gota di una vedova,
vibrando come una freccia appena scoccata,
mentre gli brilla sulla punta un cristallo di sale
che risale all’occhio che l’aveva versato
inondato di ombre e ali.

 

di Golan Haji

La mia prima raccolta di poesie si intitola “Chiamò nelle tenebre” ed è stata pubblicata nel 2004. Ha vinto il premio Mohammad Al-Maghout.

Al-Maghout era un importante poeta siriano, considerato un pioniere del verso libero e della prosa nella poesia araba modernista. Prese parte al movimento che c’era dietro la rivista Poesia negli anni ’50. Quel movimento modernista cambiò profondamente la poesia araba nella seconda metà del XX secolo, sebbene Al-Maghout non dimostrò mai interesse per nessun movimento. Diceva che l’unica ragione per cui era diventato membro del Partito Nazionalista Siriano era il camino nel suo ufficio, per lui che nella sua città natale era uno senza un soldo. Continua a leggere

Tudor Arghezi

Vengono, eccoli, sempre da soli
verso di me tutti i frantumi,
briciole slabbrate ed intere
di cose che stenti a capire.
Sono come li ho dimenticati
da quando si sono addormentati:
un vecchio cimitero di bambole.
Ora cominciano a muoversi,
a prendere corpo dall’ombra
e da un brusio come d’alveare,
e si ricompongono a poco a poco.
Zoccoli con aureola d’angelo,
frammenti di icone che serbano, a rimorso,
di benedizione una traccia e maledizione,
una lacrima fissata in pittura,
una mano ferita, uno sguardo,
a campane, pare, lontane,
e qualche pagina di libro.
Un coccio risuscita un’anfora rotta.
Stormisce anche l’edera morta
e a una a una, destandosi, le voci spente
mormorano pare e pare che ridano.
Mi vedo ora convitato alla Cena,
ora centurione nella persecuzione.
Provo di nuovo la camicia d’allora,
stretta, con una ferita d’allora,
e dimenticata
nel cuore del tempo, silenziosa.
E se porto la mano allo squarcio
di non so quale lotta,
mi scivola molle sul sangue.
Là si raccoglie
tutto ciò che da sé si aduna,
frammenti di Scrittura e schegge di luna.
Non posso ingannarmi.
Il gelo mi brucia: un blocco d’argento,
e nella nebbia le dita
diventano sopra le unghie carbone di ghiaccio.

Tudor Arghezi
Traduzione di Marco Cugno
da “Accordi di parole” Einaudi, Torino, 1972

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Stefano Raimondi, “Il cane di Giacometti”

Stefano Raimondi

 

ESTRATTI

Non ci sono pietà che tengano, né colpi furibondi
che risparmiano. Non ci sono luoghi dove vedersi
interi, senza vertebre, né femori che sappiamo
spiegarci, raccontarci. Lasciami tutto su questo
tavolo di marmo. Fallo come se ogni cosa restasse
senza contrabbando, né furia, come se fossero
queste, le sole parole tolte dalla fame. Lasciami tutto
qui vicino, tu che non hai più lo stesso profilo, che
innesti e togli i vuoti nella casa: quelli che fanno
stare dove non c’è che questo respirarci vicini come
tane.
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In memoria di te, John Ashbery

John Ashbery

E LEI SI CHIAMA “UT PICTURA POESIS”

Non puoi dirlo più così.
Preoccupato della bellezza devi
uscire allo scoperto, in una radura,
e riposare. Certo, qualsiasi cosa strana ti succeda
è OK. Chiedere di più non sarebbe
da te, tu che hai così tanti amanti,
gente che ti ammira ed è pronta
a fare cose per te, ma tu pensi
non sia giusto, che se ti conoscessero davvero…
Basta cosí con l’autoanalisi. E adesso,
su cosa mettere nella tua poesia-quadro:
i fiori sono sempre belli, specie i delphinium.
I nomi di bambini conosciuti un tempo e le loro slitte,
i razzetti vanno bene – esistono ancora?
Ci sono un sacco di altre cose con le stesse proprietà
delle sunnominate. Ora si devono
trovare alcune parole importanti e molte di basso profilo,
dal suono fiacco. Lei mi contattò
perché comprassi la sua scrivania. D’improvviso la strada fu
follia pura e clangore di strumenti giapponesi.
Prosaici testamenti vennero sparpagliati tutt’attorno. La sua testa
s’allacciò alla mia. Eravamo una biciancola. Qualcosa
andrebbe scritto su come ciò ti condizioni
quando scrivi poesia:
l’estrema austerità di una testa pressoché vuota
che si scontra con il rigoglioso fogliame Rousseau-simile del suo desiderio di comunicare
qualcosa nelle intermittenze del respiro, anche se solo nell’interesse
d’altri e per il loro desiderio di capirti e disertarti
per altri centri di comunicazione, così che la comprensione
possa avere inizio, e così facendo essere disfatta.

 

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Premio di poesia “Città di Trento – Oltre le mura”

Accanto al Filmfestival, al Festival dell’economia, al Bookfestival di Caldonazzo, un comitato nato per l’occasione promuove il Premio di poesia “Città di Trento – Oltre le mura”. L’iniziativa prende nome dal progetto culturale che il Comune ha avviato lo scorso anno per candidare Trento a capitale italiana della cultura. Nello stesso titolo ci si riferisce a un passo di Cristina Campo: “Incandescenti, attraversiamo i muri”. Perché Trento, città di confine, sa cosa siano le mura, così come ormai sa quanto sia importante andare oltre: connettere, accorciare le distanze, scegliere il confronto come metodo, la cooperazione come pratica quotidiana. Continua a leggere

L’ottavo giorno della settimana

Scheda nulla il tuo volto che sfuma,
un dolore da soma
fuso con la schiena, fatto carne
nella carne, figlio che cambia la scapola
cambia il passo, la zoppìa
che precede il freddo,
un antico segno, un proverbio per il maltempo;
così il tuo mancare all’orecchio
al collo
alla bocca
chiama l’autunno della foglia;
svestendomi ne ritrovo una
la raccolgo,
anche per oggi ti ripongo
non mi oppongo a questa sintesi,
alla sbilancia di istanti distanti.

Daniela Andreis Continua a leggere

Adonis, “Siggil”

In questo libro-poema il dio della natura sembra essersi incarnato nel poeta, nel mistico, nel profetico Adonis, dal volto luminoso e dall’universo incandescente.
Qui assistiamo alla metamorfosi del testo tramite lo sdoppiamento del significante, che ha un significato atteso e uno sotteso. Continua a leggere

Laure Gauthier, ” kaspar de pierre “

Laure Gauthier

di Laure Gauthier

” kaspar de pierre” è un racconto poetico che dà voce a Kaspar Hauser, il bambino arrivato misteriosamente nel 1828 alle porte di Norimberga dopo 17 anni di prigionia. Per prima cosa, era necessario far saltare il mito del “rapito dal cuore puro” così come lo chiama Françoise Dolto che lo descrive, alla stessa stregua di Verlaine e del suo “pregate per noi povero Gaspard”, come un bambino innocente, quasi fosse un Cristo.

In “kaspar de pierre”, non ho ricomposto l’essenza di Kaspar Hauser, ma solo un po’ la superficie del suo essere. La pietra. Il mio progetto non consiste nel ricostruire un’archeologia delle passioni sulle tracce dei lavori di Véronique Bergen. No, questo racconto fa capo al mero compito di ricercare negli archivi, là dove non ci sono atti, per inventare spazi e tempi “tra i fatti” registrati dalla cronaca, là dove non c’è suono né voce. Un fuori campo che fa tremare il campo della storia. Continua a leggere

In memoria di te, Mark Strand

Mark Strand, photo di Chris Felver/Getty

From the shadow of domes in the city of domes,
A snowflake, a blizzard of one, weightless, entered your room
And made its way to the arm of the chair where you, looking up
From your book, saw it the moment it landed. That’s all
There was to it. No more than a solemn waking
To brevity, to the lifting and falling away of attention, swiftly,
A time between times, a flowerless funeral.
No more than that
Except for the feeling that this piece of the storm,
Which turned into nothing before your eyes, would come back,
That someone years hence, sitting as you are now, might say:
It’s time. The air is ready. The sky has an opening.

Dall’ombra delle cupole nella città delle cupole,
un fiocco di neve, tormenta al singolare, impalpabile,
è entrato nella tua stanza e si è fatto strada
fino al bracciolo della poltrona dove tu, alzando lo sguardo
dal libro l’hai scorto nell’attimo in cui si posava. Tutto
qui. Null’altro che un solenne destarsi
alla brevità, al sollevarsi e al cadere dell’attenzione, rapido,
un tempo tra tempi, funerale senza fiori. Null’altro
tranne la sensazione che questo frammento di tempesta,
fattosi niente sotto i tuoi occhi, possa tornare,
che qualcuno negli anni a venire, seduta come adesso sei tu, possa dire:
“È ora. L’aria è pronta. C’è uno spiraglio nel cielo”.

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La sfida estrema di un grande poeta

RISVOLTO

Apparso negli Stati Uniti nel 1996, questo libro raccoglie la sfida estrema di un grande poeta: testi stesi direttamente in inglese, altri autotradotti dal russo. Un trasloco del poetabile, la verifica di un intero arsenale verbale e musicale alla prova di un’altra grammatica, di un diverso «codice di coscienza». Continua a leggere

Baldo Meo, “Conservazione della specie”

Dalla Prefazione di Maurizio Cucchi

Baldo Meo è un poeta colto e sensibile, che ha già avuto esiti interessanti, forse non ancora valutati come avrebbero meritato. Questo si deve anche alla sua nobile discrezione, alla sua volontà di esserci senza autopromuoversi per apparire. Questa discrezione dell’uomo è anche nei suoi testi, nel suo stile di scrittura, così lontano dalla ricerca di effetti speciali e così saggiamente ancorato a un’idea di poesia che possa essere forza onesta del pensiero nel cuore di una parola pacata e il più possibile corrispondente alla verità personale e poetica dell’autore. Continua a leggere

Anna Maria Farabbi, “La casa degli scemi”

Anna Maria Farabbi

Nota dell’autrice

 

Ho scritto questo canto da recuperante.

Non come facevano gli uomini dopo la seconda guerra mondiale, sui monti dove si era tragicamente combattuto, per rivendere poi i pezzi trovati disinnescando le bombe, consapevoli di poter saltare in aria. Mi interessa il recupero come pratica esistenziale, sociale, ecologica, spirituale, politica. La mia origine culturale e il mio canto vivono due eredità: quella dei contadini di montagna e dei nomadi. In entrambe, agisce in permanenza la necessità del recupero.

Recuperare è atto anticonsumistico di responsabilità: propone assoluta attenzione alla materia, alla creatura, alla cura, alla relazione, alla memoria, seminandola nel futuro. È un verbo coniugato al femminile. Continua a leggere

Percy Bysshe Shelley “The Revolt of Islam”, con Don De Lillo


venerdì 15 dicembre 2017
ore 14.00—17.30
Convegno: La rivolta dell’Islam di Shelley—testi, sottotesti, contesti
ore 18.00
Intervento e lettura di Don DeLillo
Sala Conferenze
Via Angelo Masina, 5
Roma

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Tre voci per Elena Salibra

Il 14 dicembre alle 17.30 va in scena al Teatro Lux di Pisa “Convivio invernale. Tre voci per Elena Salibra”, spettacolo di recitazione, musica e arti visive dedicato alla poesia di Elena Salibra a tre anni dalla sua scomparsa. Continua a leggere

Le notti del mito

Nascono Le notti del mito, una proposta della Samuele Editore che ha come obiettivo, dal 12 al 17 dicembre, iL raccogliere e organizzare eventi artistico-letterari in tutta Italia a tema “il mito”. Un mito inteso come confronto, paragone con l’antico e come presa di coscienza delle nuove rivisitazioni, delle nuove creazioni, delle nuove scritture e riscritture. Per sei giorni Editori, Autori, Promotori Culturali, Artisti e Insegnanti di diversi istituti scolastici parleranno, leggeranno, si confronteranno con dibattiti e conferenze, proporranno mostre su un tema tra i più affascinanti e contemporanei possibili. Perché in fondo il mito già aveva spiegato tutto della natura umana, della storia, anche quello che nonostante i secoli trascorsi non abbiamo ancora capito, che ancora poniamo come interrogativo. Continua a leggere

Nicola Vitale, “Chilometri da casa”

Dal risvolto di copertina

Nicola Vitale è poeta e pittore e in questo nuovo libro – un vero e proprio poema – convoca, tra le innumerevoli immagini che ci offre, anche l’irrinunciabile presenza degli artefici di una dimensione estetica, nel suo coesistere di verità e bellezza, in un tempo che ci trascina altrove, verso illusorie soluzioni. Compaiono le figure di Hopper e Leopardi, ma soprattutto ci avvince la ricerca, nel pensiero attivo del poeta, di un’esistenza che sia più umanamente o naturalmente affabile, dove ogni gesto o sentimento possa in sé contenere «una cosa qualunque che rimane» e che dunque conforti la nostra spesso vanificata attesa di senso. Vitale si apre a un flusso del dire che è flusso della sua meditazione sull’esserci, dentro una realtà che, esaurita la spinta verso il nuovo, ristagna nella banalità dei suoi meccanismi sociali, di affermazioni e potere. E compone un’opera che è anche di sorprendente originalità per la sua forma. Continua a leggere

Biennale di Venezia, Biennale College – Danza, due nuovi bandi internazionali per coreografi e danzatori

 

https://m.youtube.com/watch?v=weok3c0RATA

La Biennale di Venezia, presieduta da Paolo Baratta, annuncia la nuova edizione di Biennale College – Danza con il lancio di due bandi internazionali dedicati a giovani danzatori e a nuovi coreografi secondo il progetto della Direttrice Marie Chouinard. Da giovedì 7 dicembre 2017 i bandi sono sul sito www.labiennale.org<http://www.labiennale.org/> e rimarranno aperti fino al 17 gennaio 2018.

Il progetto danzatori

Verranno selezionati 15 danzatori tra i 18 e i 23 anni che per 3 mesi – dal 4 aprile al’1 luglio – saranno impegnati a Venezia in un percorso che integra training e interpretazione.

• Il training si divide in:

1) “tecnica”: che a sua volta si divide in “tecnica contemporanea” e “ricerca del movimento”, entrambe affidate alle danzatrici della Compagnia Marie Chouinard
2) “somatic approach”, ovvero pratiche focalizzate sulla consapevolezza del corpo, sull’energia, il processo e le sensazioni interiori nella danza, i cui tutor saranno: Judith Koltai (Authentic Movement), Gaby Agis (Skinner Realeasing Technique), Ami Shulman (Feldenkrais), Tom Koch (Alexander Technique), Linda Rabin (Continuum) Continua a leggere

Mariano Bàino, “Prova d’inchiostro e altri sonetti”

Mariano Bàino

 

senza titolo


per la mia mente è davvero incredibile
che tutto venga dopo quel falotico
mondo del mercato. ma non starò

qui nel momento a smidollare gli alibi
di chi voleva raddrizzare i torti
– alibi nostri, certo, che nell’urto

dell’accaduto – quasi la pezzuola
sulla piaga di uno morto male –
hanno scolato subito. ma pare
che nel silenzio ancora il ringhio sale

della cagna-poesia. al capitale
– qualcuno ha detto – può restare in gola
l’osso senza carne della parola
(avesse l’osso forma di pistola). Continua a leggere

Bianca Sorrentino, “Sempre verso Itaca”

Bianca Sorrentino

Giovedì 7 dicembre alle ore 21 a Roma, presso la Libreria Caffè letterario Mangiaparole (Via Manlio Capitolino, 7/9), presentazione del nuovo libro di Bianca Sorrentino, “Sempre verso Itaca. Itinerari tra mito e riletture contemporanee” (Stilo Editrice).

Dialoga con l’autrice Simone Di Biasio, giornalista e poeta.

IL LIBRO. Questo vivace dialogo tra pagine del mito classico e riletture contemporanee indaga il rapporto tra il tormento lacerante e la conoscenza, esplorandolo attraverso le sue molteplici accezioni: il viaggio, con Ulisse come archetipo di colui che «a lungo errò» e «molti dolori patì»; la memoria, con Enea che a caro prezzo paga la promessa di rifondare la casa perduta; la verità, con Edipo, che solo quando si acceca riesce a vedere; la poesia, con Orfeo, che discende nel nulla e canta la vita; il lutto, con Elettra come testimone della ferocia e incubatrice d’odio; la ricerca di senso, con Filottete che attraverso l’esperienza dell’alienazione comprende il significato delle sue ferite, e la ricerca di una via, con Dedalo che nella prigionia impara a desiderare la libertà. Al lettore resta un’immaginifica suggestione di leggerezza, che soffia via la polvere dagli occhi e con un tocco di gentilezza chiarisce lo sguardo.
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Beppe Fenoglio

Beppe Fenoglio


di Fabio Izzo

“Pioveva su tutte le Langhe, lassù a San Benedetto mio padre si pigliava la sua prima acqua sotto terra.
Era mancato nella notte di giovedì l’altro e lo seppellimmo domenica, tra le due messe. Fortuna che il mio padrone m’aveva anticipato tre marenghi, altrimenti in tutta la casa nostra non c’era di che pagare i preti e la cassa e il pranzo ai parenti. La pietra gliel’avremmo messa più avanti, quando avessimo potuto tirare un po’ su la testa.”

Incipt de La Malora

Beppe Fenoglio è stato un vero uomo di Langa (in piemontese). L’incipit de “ La Malora”, a mio modesto parere è uno degli inizi maggiormente riusciti della nostra letteratura. Questo estratto infatti rende al meglio l’idea dell’intensità del rapporto tra lo scrittore e la sua terra, ufficialmente inclusa, insieme al Roero Monferrato, nella lista dei beni del Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Fenoglio ne ha raccontato la storia e le vicissitudine nelle pagine dei suoi romanzi “I ventitré giorni della città di Alba”, “La malora”, “Una questione privata”, “Il partigiano Johnny” e “La paga del sabato”. Continua a leggere

Vania De Luca e Luigia Sorrentino, colloquio sulla poesia

Luigia Sorrentino

Intervista a Luigia Sorrentino
di Vania De Luca
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Roma, 2 marzo 2017

Cominciamo con una citazione. Ti dirò dopo l’intervista di chi sono queste parole e in quale contesto sono state pronunciate. Vorrei infatti che nella risposta tu ti soffermassi solo sul loro significato.

“La poesia è piena di metafore. Comprendere le metafore aiuta a rendere il pensiero agile, intuitivo, flessibile, acuto. Chi ha immaginazione non si irrigidisce, ha il senso dell’umorismo, gode sempre della dolcezza della misericordia e della libertà interiore.”
Condividi questa affermazione?

Condivido pienamente l’affermazione. La poesia è soprattutto metafora, perché trasferisce continuamente il significato di una parola in un altro. Sempre il poeta, anche il più sperimentale, nella poesia utilizza la similitudine. Per il poeta questo esercizio è automatico, fa parte proprio del suo modo di agire, di essere, di pensare, di vedere le cose. Per lui tutto ha un significato, di là dall’apparenza delle cose, c’è almeno un’altra verità. Anche il “lapsus”, l’errore involontario, è accolto dal poeta, perché può rivelare qualcosa che in quel momento a lui è ignota. Spesso la parola precipitata sulla pagina rimanda a un’altra, nella sonorità, nella composizione delle lettere, richiama qualcosa che spezza il significato primario, ne inventa un altro e diventa oggetto di osservazione per il poeta che si chiede: “Perché ho scritto proprio questa parola?” Nel “lapsus” il poeta attende la verità e la verità, si rivelerà a lui.
Non è un caso che un poeta come Paul Celan, rumeno ebreo, esiliato a Parigi, abbia scritto la sua poesia nella lingua dei suoi aguzzini nazisti, cioè il tedesco, come testo a fronte della sua stessa vita: la patria perduta, la madre morta nella deportazione, il popolo ebraico sterminato. Questo meccanismo, insito del fare poetico, aiuta a comprendere perché il pensiero del poeta anche per denunciare un’esperienza tragica, può essere agile e intuitivo. E’ un pensiero che si lascia anche agire, che trasforma e si lascia trasformare e, pertanto, è flessibile e acuto.
Il poeta sa che un intero universo può stare in una sola parola, nello spazio stretto e nervoso, ma anche “sovversivo” del pensiero. Prendiamo a esempio la poesia “Soldati” di Ungaretti: “Si sta come/ d’autunno/sugli alberi/le foglie.” In questa poesia il poeta ci porta in un altro contesto storico rispetto a quello in cui ci aveva portati Celan: siamo nella Prima Guerra Mondiale – la poesia è infatti scritta nel bosco di Courton nel 1918 – e, oltre a riferirci il particolare momento storico vissuto dal soldato durante la guerra, rivela una condizione universale e umana. Nella poesia di Ungaretti l’uomo si trova su un territorio di confine, la trincea, in un fossato scavato per ripararsi dall’aggressione del nemico, e in quel posto in cui il corpo è confinato, l’uomo si sente in pericolo, in una situazione d’incertezza, nella più totale provvisorietà , nel proprio limite. Al margine della condizione umana, la vita del soldato oscilla fra la vita e la morte. Il poeta paragona l’uomo a una foglia d’autunno perché la condizione della vita è sempre precaria, è “come” una foglia sostenuta dal ramo dell’albero dal quale potrebbe staccarsi da un momento all’altro. L’uomo trema come una foglia agitata dal vento, teme l’autunno, una stagione di passaggio che preannunzia l’inverno, il tempo in cui la natura madre si addormenta. Quest’uomo in guerra che Ungaretti pone sul fronte, è solo con se stesso, è un esiliato fra gli esiliati, ma su quel confine è rappresentata l’intera umanità, e, al tempo stesso, il poeta per rafforzare la tragicità della condizione umana, rende dal punto di vista formale, brevissimo il componimento poetico e affida il soldato al grembo della madre – il fossato. Lo affida, cioè, a una natura terrena della quale l’uomo-foglia è metaforicamente incarnazione, e contemporaneamente lo pone in una condizione ultraterrena: consegna l’uomo al “grembo” della madre e alla misericordia di Dio. La parola grembo, infatti, in ebraico è Rachim, e ha la stessa radice della parola misericordia, Rachem, due parole connesse e complementari l’una all’altra. Quindi, in questo componimento la misericordia della madre sembra essere sostenuta dall’atto del misericordioso. La misericordia di Dio è, infatti, paragonabile alla tenerezza della madre che accoglie fra le braccia il figlio, tenendolo sul suo grembo. Ecco quindi che nella brevità e nella sintesi dei versi, Ungaretti, con una modalità “sovversiva”, parla della condizione umana e offre, a chi legge, la libertà e la possibilità di comprendere la sostanza del suo pensiero e di andare anche “oltre”, in un contesto “agile”, rapido, scattante. La poesia quindi, sempre, opera un trasferimento: “da” – “a” , e lo spostamento riguarda un significato profondo che talvolta rivela proprio in un lampo, una verità essenziale che viene consegnata al lettore.

Vania De Luca

Cos’è per te la poesia?

La poesia per me è un disperato tentativo di riparazione. Qualcuno è stato tradito, umiliato, scosso, è stato ferito gravemente e si è allontanato da noi. Quell’immagine nitida è dietro di noi, ma si è fermata nei nostri occhi. Ed è in quel preciso istante che la poesia arriva in un grumo di parole raccolte sulla pagina per porre rimedio a ciò che accaduto. E’ un tentativo ultimo, perché l’azione della poesia compie un gesto definitivo, dopo non ci saranno altre possibilità. Il poeta, quindi, cerca di riparare la realtà e, allo stesso tempo, cerca un riparo dalla realtà. In questo senso la poesia può avere una funzione salvifica. In chi la legge talvolta, può provocare un senso di spaesamento, d’inadeguatezza, perché non sempre è disponibile a confrontarsi con la nostalgia – il dolore del ritorno – che nella poesia si riflette.
Sempre la poesia cerca una relazione con l’eterno, con la lontananza da ciò che si è irrimediabilmente perduto e si è separato da noi. Continua a leggere

Tiziano Broggiato

Tiziano Broggiato, credits ph. Dino Ignani

Novilunio

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Il ronzio di fondo, uniforme,

di condizionatori o caldaie

che in albergo di notte depista

e confonde le lacerazioni del corridoio

( commiati, risa e porte tirate )

è una morbida coperta

che mi rimbocco fin sugli orecchi.

Ora, la paziente memoria in attesa

In un angolo della stanza, può

avvicinarsi e confidarmi il suo

punto di vista.

Avrò così conferma della striscia di sole

vista ondeggiare tra le fibre di questa

seconda domenica di febbraio,

dell’incantesimo sortito dall’omelia

dell’officiante nordico…

 

… del suono della sua voce

In lenta fuga.

 

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L’amore domestico

Gaia Danese

Gaia Danese (Roma, 1971) ha pubblicato la raccolta di poesie Le estremità fragili / Las extremidades frágiles (Cordova, Ed. Cosmopoética, 2007, traduzione di Juan Carlos Reche, prefazione di Maurizio Cucchi). Ha pubblicato poesie nelle riviste Espacio/Espaço Escrito e Lo Specchio. Nel 2003 ha messo in scena l’opera di teatro-danza Tanghedia d’Amore. Laureata in Scienze Politiche presso l’Università “La Sapienza” di Roma e Phd in Relazioni Internazionali dell’ Institut d’Études Politiques di Parigi (Science Po), dal 2000 è diplomatica di carriera. Ha lavorato presso l’Ambasciata d’Italia a Lisbona e, come Console, in Uruguay. Attualmente è Consigliere per la stampa e la cultura presso l’Ambasciata d’Italia a Madrid. L’amore domestico / El amor doméstico è la sua ultima raccolta, pubblicata da LietoColle & Pordenonelegge nel 2016. Continua a leggere

Fabio Franzin, “Erba e aria”

Fabio Franzin

«Da alcuni decenni il nome di Fabio Franzin è ben noto ai lettori di poesia; che lo associano principalmente al tema del lavoro, della fabbrica, e a tutto il groviglio di vite e contraddizioni di quel mondo. (…) Eppure nella già vasta opera di Franzin non è affatto assente almeno un’altra armonica, che dagli interni/inferni industriali conduce verso l’auscultazione del mondo naturale, e con esso della memoria che il paesaggio evoca. (…) A questa seconda intonazione poetica appartengono i testi di erba e aria; per i quali dunque non si può certo parlare di assoluta sorpresa, ma piuttosto di paziente continuità con le proprie radici poetiche. E tuttavia (…) il lettore non può non avvertire stavolta un moto di stupore: non per i temi o l’ambientazione, dunque, né per la scelta dialettale già ampiamente sperimentata, sì invece per la leggerezza, per l’impalpabile felicità dello sguardo e dell’espressione, che si confronta con gli elementi basici del paesaggio naturale attraversato dalla storia umana: l’erba, l’acqua, l’aria, le ali, i fiori, e il dedalo di sentieri, viottoli e stradine che in quell’ambiente si inoltrano. Continua a leggere

Il nuovo Almanacco di Walter Raffaelli

In anteprima, vi mostriamo alcune pagine e alcuni protagonisti del nuovo e preziosissimo “Almanacco” dei poeti e della poesia contemporanea  (Raffaelli Editore, 2017) ancora in stampa. Sarà pronto nella prima settimana di dicembre. Come potete notare dall’indice, vi sono diversi autori, italiani e stranieri che il blog Poesia, di Luigia Sorrentino, ha ampiamente trattato. Anche in questo numero dell’Almanacco a cura di Walter Raffaelli, sono diversi i poeti dell’America Latina, fra i quali vi sono Paesi che dedicano, da sempre, il loro massimo tributo alla poesia.

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L’ultimo Caravaggio, eredi e nuovi maestri

Napoli, Genova e Milano a confronto | 1610-1640

Dal 30 novembre 2017 all’8 aprile 2018 le Gallerie d’Italia – Piazza Scala, sede museale di Intesa Sanpaolo a Milano, presentano la mostra L’ultimo Caravaggio. Eredi e nuovi maestri. Napoli, Genova e Milano a confronto (1610-1640), a cura di Alessandro Morandotti con il coordinamento generale di Gianfranco Brunelli.

La mostra costituisce un eccezionale approfondimento delle vicende artistiche sviluppatesi nelle città di Napoli, Genova e Milano a seguito della scomparsa del Merisi, in un periodo storico-artistico diviso tra la rivoluzione devota al naturale di Caravaggio e la nuova età colorata e festosa del Barocco. Il Martirio di sant’Orsola (1610) di Caravaggio, ultimo capolavoro del maestro che morirà poche settimane dopo, sarà quindi il punto di partenza per un confronto con gli artisti del tempo, divisi tra chi ne raccolse l’eredità e chi invece intraprese nuove strade. Continua a leggere

Istituita a Roma 3 la “Cattedra per la pace, per la sicurezza delle future generazioni”

 

 

Conferenza internazionale per la presentazione di “Abdulaziz Saud Al-Babtain Chair for Peace

International conference for the presentation of the “Abdulaziz Saud Al-Babtain Chair for Peace”

Lo scorso 22 novembre alle 10,30 , si è tenuta a Roma, presso l’Università Roma 3, la cerimonia di inaugurazione della “Cattedra per la Pace per la sicurezza delle future generazioni”.

Il processo di globalizzazione comporta tante opportunità come i rischi e le sfide, particolarmente esigenti per le giovani generazioni.
In questo contesto, le università, le istituzioni governative, le ONG e la società civile in tutto il mondo devono intensificare scambi, dialoghi, relazioni e sviluppare sforzi per una cultura della pace come fattore chiave per raggiungere non solo una maggiore e migliore comprensione tra i popoli, ma anche prospettive più realistiche in termini di obiettivi educativi per la formazione di nuove generazioni di leader, di fronte alle sfide che un mondo comune di pace porta con sé. Continua a leggere

Simona De Salvo, “La camiceria brillante dei miei anni”

Simona De Salvo

A Matteo

 

Lo sai? Gli uomini che vanno a messa

mi ricordano i soldati di plastica

che si mettevano in fila sul davanzale se c’era

bel tempo. A noi però

i cartelli indicano giorni di pioggia

e non abbiamo nemmeno rubato un’auto

con tergicristalli contro la noia.

Cosa stiamo aspettando. amico mio?

Ora, non ti dirò che presto troveremo capelli chiari

allo specchio né ti mostrerò come, in fondo

stia scrivendo di te per la prima volta;

preferirei raccontarti della bellezza

che vive nascosta tra le immondizie, di quella

bellezza

per cui io ti dissi: è vita, e d’altro non mi interessa.

Ma ti ascolterei ancora mille anni respirare nella notte

– gli occhi sbarrati, le due e trenta precise –

finché, forse, mi dirai

girandoti nel buio: nessuno verrà mai a salvarmi.

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John Kinsella

John Kinsella Ph. Andrew De La Rue

 

il filamento di blu, l’invisibile corrimano

Scala a chiocciola verso un filamento di blu:
su Santa Lucia di F. Furini
(Galleria Spada, Roma)

 

Discesa di compensazione

nell’abituare gli occhi

a scrutare dal buio —

occhio strappato ed esposto —

quel che resta sembra

già abbastanza difficile per un paio,

ti penetra da parte a parte,

un feroce tumulto,

l’avido sguardo della singolarità —

occhio strappato ed esposto —

non guardare dove il guardare

non è voluto — messaggio

invertito — per entrare

con l’inganno nella chiarità, i becchi

delle aquile al di sopra di Hong

Kong Harbour, e a casa prima

che lasciassero i cieli

sulla vallata di Jam Tree

Gully — in absentia —

cos’è successo, un filamento

di blu sulla nuca, capelli blu

che accendono uno spalle-scoperte

riflettendo di rimando non

una convenzione pittorica,

le scale di pietra

che la raggiungono,

avanzando a tentoni

nella poca luce

che facciamo — nel filamento

di blu che seguiamo,

l’invisibile corrimano. Continua a leggere

Costanza Lindi, “Accordatura della stasi”

Costanza Lindi

Senza sporgenze la tavola,
seduta muta
strofino il palmo della mano
soffio tra le convessità.

Il legno freddo della matrice
composto sotto di me, appoggiata appena
sul palmo.
Ne acceco i nodi
per imporre linee incise
verso la stampa impressa e compressa,
statica.

La punta taglia il groviglio.
Qualsiasi cosa per sciogliere
e sorvolare.

L’incisore depenna il groppo
mentre soffia via le barbe
per scavalcare ed iniziare,
dunque. Continua a leggere

Davide Rondoni, le cinquanta poesie che accendono la vita

“Questo libro non è una antologia. Non è nemmeno un vero e proprio libro di poesie. La poesia, del resto, non è mai stata una faccenda di libri. L’hanno fatta passare per una cosa di libri solo di recente, e hanno sbagliato. Lei infatti non ci sta. Con grave scorno di editori, professori e letterati.”

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