T’ho barattato, amore, con le parole
di Bianca Sorrentino
A gennaio Pier Paolo Pasolini ci ha ricordato che l’amare conta solo al presente; a febbraio prosegue “Credo soltanto nelle parole”, il ciclo di incontri sulla poesia italiana novecentesca curato da Bianca Sorrentino, in collaborazione con la Libreria Zaum (Via Cardassi , 85/87) a Bari: al centro dell’evento del 15 febbraio alle 18.30 saranno i versi diafani e altissimi di Cristina Campo, che con la grazia della leggerezza ci racconta di assenze e passi d’addio e ci insegna la danza del saper lasciar andare. Per il 15 marzo è prevista un’inversione di rotta con la voce dirompente di Amelia Rosselli, che dà un nome alle nostre lacerazioni e ai fantasmi che ci attanagliano.
Sulla scorta di un celebre aforisma di Ennio Flaiano, da Zaum crediamo nelle parole e andiamo a incontrarle – sì, perché quello coi testi è un incontro, un’occasione, un’opportunità imprescindibile perché ci permette di immergerci nell’universo dell’autore e nella sua visione del mondo. Solo con l’anima davvero predisposta all’ascolto avremo la possibilità di comprendere se quei versi ci riguardano, se hanno ancora qualcosa da dirci o se si riferiscono a un sentire lontanissimo che non ci appartiene. La letteratura, in generale, e la poesia, in particolare, non hanno significato se non spalancano orizzonti, suggerendo altre direzioni e rimandando a un altrove, e se non esprimono noi stessi e le contraddizioni di cui siamo preda.
Durante il primo incontro abbiamo giocato con la poesia: a ognuno è stata affidata una parola e insieme ci siamo divertiti a ricostruire una lirica pasoliniana, prestando attenzione al modo curioso in cui i vocaboli spesso subivano un capovolgimento di senso se presi singolarmente o accostati ad altri. Noi siamo le parole che adoperiamo: dovremmo lasciare che sia gentile il nostro linguaggio, anziché impiegare con gratuita superficialità espressioni che troppo spesso sanno ferire. Proprio per tentare di lenire i nostri tormenti, l’attività che proporremo per quest’incontro è ispirata al verso campiano “T’ho barattato, amore, con parole”: baratteremo letteralmente la nostra vita con la poesia di Cristina Campo.
Dopo aver assorbito nel respiro le passioni che ci hanno travolto, i fuochi da cui ci siamo fatti bruciare, gli abbandoni che ci hanno resi più spigolosi, gli sguardi e le carezze che hanno saputo curarci, scopriremo l’universo poetico di colei che scrisse poco e avrebbe voluto scrivere ancor meno: una voce adamantina, la sua, che sfugge a qualsiasi tentativo di definizione. Il percorso che proporremo all’interno dei suoi versi toccherà alcuni temi cardine della poetica campiana: l’attenzione e l’attesa (riconducibili alla stessa radice che suggerisce l’idea del ‘tendere a’) che spesso si traducono in ricerca o nel suo opposto («Tu, Assente che bisogna amare… / termine che ci sfuggi e che c’insegui / come ombra d’uccello sul sentiero: / io non ti voglio più cercare»), il fascino dell’Oriente (con le suggestioni fiabesche, bibliche e quelle delle Mille e una notte), l’aspirazione alla perfezione e alla bellezza (che si configurano inizialmente come l’eleganza del passo d’addio e poi come l’innalzamento verso il divino), la parola che diventa preghiera («La bocca sola / pura / prega ancora / voi: di pregare ancora / perché la Tigre, / la Tigre Assenza, / o amati, / non divori la bocca / e la preghiera…»), l’autodafé del passato («Ora rivoglio bianche tutte le mie lettere, / inaudito il mio nome, la mia grazia richiusa; / ch’io mi distenda sul quadrante dei giorni, / riconduca la vita a mezzanotte»). «Due mondi – e io vengo dall’altro»: Cristina Campo ci permette di annusare il profumo dei fiori dei giardini di Persefone, regalandoci uno sguardo autentico su un universo alternativo e sui suoi possibili orizzonti di senso; persino quando il nome delle cose sfugge e si impone un silenzio immortale, l’eredità più preziosa consiste nella scoperta dirompente che a volte l’amore si può barattare con le parole. Anche così ci si salva.