Nota di Fabio Izzo
Dice che era un bell’uomo e veniva,
Veniva dal mare…
Parlava un’altra lingua peró,
Sapeva amare.
Lucio Dalla- Gesù Bambino
Potrebbe essere proprio l’incipit di questa nota canzone il ritratto perfetto di Predrag Matvejević , l’autore di Breviario Mediterraneo, recentemente scomparso perché qui c’è la sua essenza, il mare, le lingue del mare, l’amore, l’amore per il mare, l’amore per le lingue, l’amore per le lingue del mare. Leggendo il suo testo più famoso, Breviario Mediterraneo, si inizia una sequenza di caldi affetti senza fine.
Un cantore del mare, un intellettuale d’acqua salata, capace di navigare in ogni frangente della vita, anche in quelli più avversi. Ha visto il suo mondo, la Jugoslavia, disintegrarsi, ma mai in maniera passiva, ha sempre fatto la sua parte, indicando i torti, accusando i colpevoli, pagando con l’esilio le sue scelte. Non a caso è stato lui a coniare il termine democratura, crasi di democrazia e dittatura, indicante l’incompiutezza della transizione democratica negli stati dell’Europa centrale ed orientale finito il periodo socialista. “E’ un ibrido di democrazia e dittatura, si proclama la democrazia mentre si praticano forme di dittatura nascosta”
L’anno scorso in molti si erano adoperati per diffondere una sentita e doverosa sottoscrizione per rafforzare la sua candidatura al Premio Nobel per la Letteratura, proprio nell’anno del vincitore tanto discusso, Bob Dylan, era stato candidato anche lui, ma qualche mese fa l’accademia di Svezia preferì premiare gli echi del 68 e l’Anti America di Trump mostrandosi fuori tempo, ignorando ancora una volta, quel che sta succede nel Mare Nostrum. Il Nobel a Matvejevic sarebbe stato un segnale forte, un segnale di pace e di fratellanza, sicuramente più forte di alcuni degli ultimi premi Nobel per la pace politici perché in Matvejevic c’era e c’è, questo è il grande dono degli scrittori, cioè il continuare a esserci, di restare, con le parole e i pensieri, diventare aghi di bussole a volte troppe impazzite, dove il Nord sopraccitato, appare senza direzione.
Matvejevic fu anche l’ inventore della geo-poetica, è anche vero peròche facciamo in fretta a coniare termini per semplificare le cose, ma risulta e risulterà innegabile che l’autore di Pane Nostro, personifica il Mediterraneo che conosceva e amava come pochi altri. Era sempre accogliente, generoso, ospitale e amichevole, le sue parole erano sempre contro le ingiustizie, mai a favore di divisioni.
“Il Mediterraneo nasce, cambia e talvolta muore con i suoi venti, umili o prepotenti”.
La retorica è l’arte del parlare bene, ma non si può che parlare bene di un maestro come Pedrag. Chi l’ha conosciuto l’ha apprezzato, chi l’ha letto l’ha sicuramente sentito come un fratello. Le sue opere sono lì, come fari ardenti nelle acque del Mediterraneo, retti ad indicarci una rotta da seguire non solo nello spazio, ma anche nel tempo perché i valori umani da lui indicati a tutti popoli del Sud Europa, e non solo, splendono come una stella polare di perpetua memoria.
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Predrag Matvejević nacque a Mostar nel 1932. La madre era croata, il padre russo di Odessa. Insegnò letteratura all’Università di Zagabria, nel 1991 emigrò a Parigi per insegnare alla Sorbona, e poi alla Sapienza di Roma dal 1994 al 2007. Fu consulente della Commissione europea per il Mediterraneo, ricevette la Legion d’onore in Francia e la cittadinanza onoraria in Italia ed è stato più volte candidato al Nobel per la letteratura. Il suo ultimo libro, Pane nostro, è stato pubblicato nel 2010, sempre dall’editore Garzanti.
“Scegliamo innanzi tutto un punto di partenza: riva o scena, porto o evento, navigazione o racconto. Poi diventa meno importante da dove siamo partiti e più fin dove siamo giunti: quel che si è visto e come. Talvolta tutti i mari sembrano uno solo, specie quando la traversata è lunga; talvolta ognuno di essi è un altro mare. Il Mediterraneo è a un tempo simile e in altro diverso a sé stesso”
(Traduttore Silvio Ferrari)