Andrea Gibellini, “Le regole del viaggio”

ESTRATTI

NON CI SONO PESCI E FOGLIE

Non ci sono pesci e foglie in acque argentate.
Non c’è nessuno. Nemmeno uno scuotere
di rami, arbusti, di cose legnose e appuntite.
Questo stagno che s’immola di fronte a noi
ha colori rossicci, sangue diluito alla
sorgente che non conosciamo. Non c’è
requie (e regno) c’è invece paura per il
gracchiare acuto profondo del temporale
che sentiamo sfibrare sopra il bosco.
Qui avrei potuto concepire tenerezza e riposo.

 

NEL BOSCO

Le ombre dei morti che amo e che ho amato
– ma chissà se ho saputo davvero amare e
chiedo per favore di non pregare per me –
sono finite con altra ferraglia nella pattumiera

metallica che sta qui di fronte. Ci butto dentro
ogni cosa, dalla plastica ai vetri, come un cattivo
cittadino. Faccio finta di ripulire una stanza troppo
piena: diventano inutili cose che altri

ritengono utili e vive per ogni sopravvivenza.
Per riavermi disperdo e finisco nel bosco
ogni dolore tramutandolo in apparente bene
che possa rasserenarmi. Le foglie morbide

sollevate dallo scorrere piano dei passi
toccavo sprofondando dentro la natura
– finalmente una gita, le montagne erano laggiù, appuntite,
i prati verdissimi, silenziosi, ogni minaccia esclusa.

Ora di questo ricordo faccio materia di scarto
lo riuso come fosse un’elegia non vera sull’infelicità.
Trasporto in grandi sacchi le ricorrenze,
i malumori segreti di padri e figli

e sento lo stormire d’abeti
come un concerto d’assi finito dentro ingranaggi taglienti.

WEIMAR

Qui le nuvole sull’autostrada in direzione Turingia,
coprono campi laghi luoghi
i lunghi flessibili alberi di possibili finestre nere.

Il parco è spettro di epoche remote e
improbabili: l’ex DDR vive di lunghe
passeggiate dentro minareti di piccoli boschi.

Nomi intravedo che non voglio vedere.
Recinti.

“Tornare a casa prima della fine”
qualcuno in silenzio avrà detto.

La natura è matura per essere
tagliata in quadrati perfetti.

E oggi prego affinché
l’imperfezione mi sia per sempre amica.

SCOPERTE

Volevo conoscere
l’uomo di Lindow, ma non c’era.

Ero andato via, rimosso dal tempo,
segato in due.

Con il kayak solcavo le rapide
del Klondike per giungere

alla mia terra d’oro.
Poi attraversai la Stele,

e c’era un vento di piroghe
verso la notte, di Sacerdoti

dai Magici Poteri;
la selce, l’azzurro, il fuoco,

le spade e gli elmi,
le palafitte e il Medioevo –

così qualcosa sopravvive al nulla,
mi dicevo,

ma era sempre autunno.

DEVOZIONI

Io credo che il poeta
debba lavorare in silenzio
e che non sia mai stato redento

Hai visto Marradi.

Ma la cosa che più ti ha colpito
e messo in guardia
e senza un perché preciso
è stata la lastra appesa al muro
dove c’era la Tipografia Ravagli.

C’erano i monti
i fitti boschi e il regno
dei sentieri e dell’immortalità,
e gli animali spaventati,
e gli animi dispersi.

E tra le brillanti foglie
della luna il poeta è una lepre
che corre al buio?

E c’erano anime senza laringe
che dicevano un perché
e così fievolmente disperate.

Da Le regole del viaggio, Effigie, 2016

Andrea Gibellini è nato nel 1965 a Sassuolo. Ha pubblicato: Le ossa di Bering (Nce, 1993), La felicità improvvisa (Jaca Book, 2001, Premio Montale). Sue poesie e scritti sulla poesia sono usciti su «Nuovi Argomenti», «Antologia Vieusseux»,  «La Rivista dei Libri», «Poesia», «Oxford Poetry», «Agenda», «Poetry Review». Ha curato un volume della rivista «Panta» dedicato alla poesia (Bompiani, 1999) e l’almanacco Stagione di poesia (Marsilio 2002). Per le Edizioni L’Obliquo è il saggio Ricercando Auden (2003).  Sue poesie sono nell’ “Almanacco dello specchio” (Mondadori 2008). Nel 2011 per Incontri Editrice ha pubblicato il libro di saggi sulla poesia  L’elastico emotivo. Per le Edizioni Psychodream è il quaderno in prosa Diario di Vaucluse (2014).

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