Si può anche stare su una palafitta
con in mano una ghianda.
E’ l’infinito, sai.
E cosa c’è di più impersonale
che piegare sul lavandino gli occhi
e cavarne due uova di vetro –
tu non guardarmi mai mentre insapono
sconfitta le viti da conficcare
ai piedi, il cuore stretto in una ghianda.
E l’infinito?
Niente.
E’ aperta la stagione della caccia.
*
Ora che il greto è vuoto non è grembo
per violini d’acqua e piccole rane
infami. Lo credi un viale di ghiaie
curvo, senza l’affanno per il mare –
il grafo della fame.
E grandine e calura e abreazione:
sarà il verso della ghiandaia, pensi,
mentre misuri il polso all’infezione,
che proviene dalle ossa del gelso,
qui, dietro lo scafo.
*
Fai silenzio, lasciami arrampicare
lungo le tue cortecce lisce d’olmo
adolescente, che importa se aprile
è passato, se hanno spostato i campi
di coriandolo e lavanda dall’altra
parte del mondo, che importa.
Non sai che i boschi sono chiese senza
un tetto, create dai mantra di insetti
notturni.
Al buio s’infilano tra i pensieri
di muschio cresciuti sulle pietre
che cadono dai sogni
dei cercatori di funghi
e di parole.
Giorgia Meriggi è nata a Milano nel 1966.
Laureata in filosofia, con una tesi dal titolo “Corpo, ragione, passioni nei romanzi libertini di D.A.F. de Sade”, vive a Milano. Con Stampa Alternativa ha pubblicato nel 2012 Comizi d’amore, insieme a Paolo Pedote. Riparare il viola (Marco Saya Edizioni, 2017) è la sua prima raccolta monografica.
Bellissima poesia dura.
E l’infinito?
Niente.
E’ aperta la stagione della caccia.
Quasi un haiku per la nostra realtà di questi giorni.