di Luigia Sorrentino
Ci sono poeti che una volta entrati nella nostra vita non ci lasciano più. E in questo reciproco cercarsi, noi, che li abbiamo scelti fin dall’inizio, quando eravamo veramente troppo giovani, quando non eravamo nemmeno in grado di capire fino in fondo i loro versi, torniamo a interrogarli, pronti a entrare e a uscire da quelle parole che ci parlano, o che generano in noi un improvviso silenzio, per rintracciare la risposta definitiva alla stessa fastidiosa e insistente domanda: “Che cos’è la poesia?“
E così, leggendo o rileggendo un poeta che abbiamo amato – che continuiamo ad amare – come Milo De Angelis, ci troviamo (a pag. 405 dell’antologia “Tutte le poesie” Mondadori, 2017) davanti a una nota scritta dallo stesso autore che ha per titolo proprio: “Che cos’è la poesia?” Una domanda che porta ad altre domande, per questo Milo De Angelis si chiede (nel testo che possiamo leggere qui sotto) “Dove si annida la poesia? E qual è suo il destino?” E a rispondere sarà sempre il tentativo maldestro di trovare una risposta definitiva, che invece continuerà a porsi nella stessa infinita domanda.
Altre probabili risposte le troveremo nelle pagine successive: “Non scrivi ciò che sai ma cominci a saperlo scrivendo.” E ancora: “Solo nel ritorno si attua l’attesa più urgente […]”
A chi leggerà queste illuminanti parole contenute nell’antologia, si aprirà un mondo, oppure, tutto il mondo si chiuderà per sempre: sì, perché spesso la parola condivisa crea un’abrasione sulla pelle, che scaturisce “da una zona oscura e segreta anche per noi. Segreta e a volte sconvolgente.”
Milo De Angelis
Ora c’è la disadorna
In noi giungerà l’universo,
quel silenzio frontale dove eravamo
già stati
Ora c’è la disadorna
e si compiono gli anni, a manciate,
con ingegno di forbici e
una boria che accosta
al gas la bocca
dura fino alla sua spina
dove crede
oppure i morti arrancano verso un campo
che ha la testa cava
e le miriadi
si gettano nel battesimo
per un soffio.
da Millimetri (1983)
Telegramma
La finestra è rimasta come prima. Il freddo
ripete quell’essenza idiota di roccia
proprio mentre tremano le lettere di ogni parola.
Con un mezzo sorriso indichi
una via d’uscita, una scala qualunque.
Nemmeno adesso hai simboli per chi muore.
Ti parlavo del mare, ma il mare è pochi metri quadrati,
un trapano, appena fuori. Era anche, per noi,
l’intuito di una figlia che respira
nei primi attimi di una cosa. Carta per dire
brodo e riso, mesi per dire cuscino. Gli azzurri mi chiamano
congelato in una stella fissa.
da Distante un padre (1989)
Per Viviana Nicodemo
Ho saputo, amica mia,
che sei stata in un limite. Anch’io
negli intervalli di una sola e grande morte
dormivo tra i casolari
dove si raccolgono d’inverno
con la parola disunita e il fitto
delle idee: entrava
un profumo di uva passa e la neve
dell’incontro ha percepito
la mia notte nella tua.
da Quell’andarsene nel buio dei cortili (2010)
Penso che so quando una poesia ti fascegliere la via …io ho conosciuto a Milo Da Angelis a Caracas anni fa insieme al poeta Santos López, una sera camminando per le vie oscure della poesia e per arrivare a tradurlo ho fatto ore di viaggio…scale…treni…continenti per finalmente arrivare alla lingua della traduzione…traducendo a Milo De Angelis sono riuscita a capire il peso della parola
Grazie Erika. La tua testimonianza è molto forte. Viaggi, scale, treni… Il tuo percorso ti ha portato nel tuo cuore.
NON HO NULLA DA DIRE. IL MASSIMO CHE POSSO DIRE.
Grazie Giovanni! ?