di Luigia Sorrentino
Lunedi 11 settembre a causa di una crisi cardiaca, si è spenta a Marsiglia Joëlle Gardes, scrittrice, poetessa e traduttrice francese.
Joëlle Gardes, nata a Marsiglia nel 1945, viveva a Cassis. Joëlle è stata un’amica carissima con la quale ho avuto un rapporto costante, fino al giorno del suo ricovero in ospedale, ed è per questo che oggi voglio ricordarla in maniera “affettiva” riprendendo l’ultimo lavoro che avevamo fatto insieme tra luglio e agosto 2017, e cioè la traduzione di alcune poesie di Louise Colet. Continuerò ad amare Joëlle Gardes, per questo la ricorderò spesso, riproponendo le sue poesie, le sue traduzioni, i suoi saggi, perché credo sia il tributo più grande che si possa offrire a una donna e a una scrittrice straordinaria che ha dedicato tutta la sua vita alla letteratura, con una particolare attenzione a quella delle donne.
« Il soffio della sventura », Penserosa
La sventura ha gettato l’arido soffio,
Prosciugata è la fonte dei dolci sentimenti,
Incompresa l’anima mia appassita
perdendo la speranza perde il pensiero toccante.
Gli occhi non hanno più lacrime, né canto la voce,
Il cuore disincantato non ha più sogni;
Per tutto ciò che amavo con passione,
Non resta più amore, né inclinazione.
Un arido dolore rode e brucia la mia anima,
Non c’è niente che voglio, e niente ch’io domando,
Il mio futuro è morto, e ho nel cuore il vuoto.
All’occhio che mi vede, offro un corpo senza idee;
Senza divinità resta qualche antico tempio,
Dopo la festa la coppa è senza vino.
« Le souffle du malheur », Penserosa
Le malheur m’a jeté son souffle desséchant :
De mes doux sentiments la source s’est tarie,
Et mon âme incomprise, avant l’heure flétrie,
En perdant tout espoir perd tout penser touchant.
Mes yeux n’ont plus de pleurs, ma voix n’a plus de chant ;
Mon coeur désenchanté n’a plus de rêverie ;
Pour tout ce que j’aimais avec idolâtrie,
Il ne me reste plus d’amour ni de penchant.
Une aride douleur ronge et brûle mon âme,
Il n’est rien que j’envie et rien que je réclame,
Mon avenir est mort, le vide est dans mon coeur.
J’offre un corps sans pensée à l’oeil qui me contemple ;
Tel sans divinité reste quelque vieux temple,
Telle après le banquet la coupe est sans liqueur.
« Stanchezza », Fiori del Sud
Sono lunghi giorni d’indicibile disagio
Dove si vorrebbe dormire il pesante sonno dei morti ;
Sono ore di angoscia, in cui l’esistenza pesa
Sull’ anima e sul corpo :
Allora si cerca invano un pensiero dolce,
Un’immagine sorridente, un ricordo fecondo ;
Per un istante lotta l’anima, poi cade e crolla
Sotto una noia profonda.
Allora, tutto ciò che incanta e ci piace
Ai nostri occhi aperti ha solo uno splendore falso
E la felicità sognata, se viene, non può nemmeno
Vincere il nostro torpore.
« Lassitude », Fleurs du Midi
Il est de ces longs jours d’indicible malaise
Où l’on voudrait dormir du lourd sommeil des morts ;
De ces heures d’angoisse, où l’existence pèse
Sur l’âme et sur le corps :
Alors, on cherche en vain une douce pensée,
Une image riante, un souvenir fécond ;
l’âme lutte un instant, puis retombe affaissée
Sous son ennui profond.
Alors, tout ce qui charme et tout ce que l’on aime
Pour nos yeux dessillés n’a qu’un éclat trompeur ;
Et le bonheur rêvé, s’il vient, ne peut pas même
Vaincre notre torpeur.
« I fiori di mandorlo », Fleurs du Midi
Esistono nel Sud dei fiori d’un rosa pallido
con i quali il sole d’inverno corona il mandorlo.
Sembrano fiocchi di neve verginale
Arrossati dai raggi d’un sole di primavera.
Ma per appassire i fiori che formano questo bel velo,
Se la rugiada è fredda, basta una notte sola ;
Or dalla sua fronte l’albero vede ogni stella cadere
E quando arriva la primavera non ha nemmeno un frutto.
Così moriranno i canti dalla mia lira abbandonati
Al mondo indifferente che li dimenticherà ;
Felice, se a volte una triste anima respira
Il profumo passeggero dei fiori del mandorlo.
« Les fleurs d’amandier », Fleurs du Midi
Il est dans le Midi des fleurs d’un rose pâle
Dont le soleil l’hiver couronne l’amandier ;
On dirait des flocons de neige virginale
Rougis par les rayons d’un soleil printanier.
Mais pour flétrir les fleurs qui forment ce beau voile,
Si la rosée est froide, il suffit d’une nuit ;
L’arbre alors de son front voit tomber chaque étoile,
Et quand vient le printemps il n’a pas un seul fruit.
Ainsi mourront les chants qu’abandonne ma lyre
Au monde indifférent qui va les oublier ;
Heureuse, si parfois une âme triste aspire
Le parfum passager de ces fleurs d’amandier.
Trad. di Joëlle Gardes e Luigia Sorrentino
Sur Louise Colet, on peut lire Joëlle Gardes, Louise Colet. Du sang, de la bile, de l’encre et du malheur, L’Amandier, 2015.
Joëlle Gardes è stata un ex studente della Scuola Normale Superiore. Docente associato di grammatica e Dottore di Ricerca in linguistica. Ha insegnato grammatica e poesia presso l’Università di Provenza di Aix-en-Provence, prima di essere docente presso Paris IV-Sorbona. Dal 1990 al 2010, ha diretto la Fondazione Saint-John Perse e per Gallimard ha pubblicato la corrispondenza del poeta con Jean Paulhan e Roger Caillois. E stata membro del comitato di redazione della rivista di poesia e poetica Place de la Sorbonne. Ha partecipato al gruppo di traduzione Circé dell ‘Università di Parigi 3, e alla traduzione dei Canti di Leopardi.
Con il nome Joëlle Gardes Tamine, ha pubblicato numerosi articoli e oltre venti libri sul linguaggio, in particolare il linguaggio della poesia. È l’autrice di romanzi (La mort dans nos poumons; Le Charognard; Olympe de Gouges, une vie comme un roman; Louise Colet, du sang, de la bile de l’encre et du malheur…) e di raccolte di poesia (Dans le silence des mots; L’eau tremblante des saisons; Histoires de femmes…)
A dicembre 2017 con le Edizioni Kimé uscirà un nuovo libro a cura di Joëlle Gardes su Louise Colet, una sorta di memento mori.
Quando muore una persona di così alto spessore e vivacità culturale, il mondo ne resta impoverito. Grazie, Luigia, per avermela fatta conoscere: un volto stupendo, un curriculum di straordinaria ampiezza creativa e di ricercatrice e saggista. La poesia di Colet rivela un poeta profondamente malinconico (e, forse, francamente depresso). Elegante la vostra traduzione.