Fabio Pusterla

Fabio Pusterla

di Eleonora Rimolo

Lo sguardo di Pusterla è audace e si posa su oggetti e persone di una realtà multiforme alla quale bisogna sfuggire ma che allo stesso tempo bisogna vivere: al “doganiere” il poeta “dichiara” tutto quanto è necessario (“una scatola d’ovomaltina, frutta secca, piselli sottovuoto; […] due bottiglie di vino”), ma non svela la sua verità, il suo estremo segreto, che in fondo è proprio il gesto insano e immacolato di far poesia. Un gesto che tenta di tradurre sensazioni evanescenti ma determinanti: i “treni in partenza, ancora” hanno un effetto devastante nella memoria di Pusterla, che oppone quel gelido ricordo al nascere della primavera, “bellissima” certo, ma “che non sa nulla di nulla” e che quindi ostinatamente fiorisce nonostante l’animo languisca ancora nell’invernale “pozzanghera”. L’incanto del quotidiano tuttavia si ripete, e rimane da chiedersi per che cosa valga la pena andare avanti: “lo sguardo […], un occhio vigile, un amore” è la risposta che ci fornisce il poeta e attraverso la quale egli cerca di ordinare il susseguirsi indomabile dei giorni al fine di raggiungere la luminosa serenità di una “breve gioia”, in cui stanno “il disarmato, il fragile, l’effimero: non altro”.

 

Da “Concessione all’inverno” (1985)

 

Al doganiere

 

Al doganiere dichiaro

una scatola d’ovomaltina,

frutta secca, piselli sottovuoto;

a mio modo solenne, poi,

due bottiglie di vino.

Taccio invece di te, della tua foto

nascosta tra i documenti.

Annuisce contento:

mi crede sano.

 

*

 

Da “Pietra sangue” (1999)

 

Treni, primavere, sibili

 

Treni in partenza, ancora: sono giorni

così senza ragione o pietà. Solo convogli

spariti troppo in fretta, uccelli morti

stesi sulle rotaie.

Per salutarne uno più amico degli altri

Abbiamo gettato dal ponte uno stelo nell’acqua,

detto ciao alla pozzanghera gelata.

Pochi mesi fa. E adesso, se viene

Crudele una primavera bellissima

Che non sa nulla di nulla,

che inturgida le lamburde, gonfia le traversine,

e se l’annuncia un alto volo di poiane,

tu fai lo stesso un sogno sibilante.

 

*

 

Da “La folla sommersa” (2004)

 

Lo splendido grido del gufo

A Giorgio

 

La cosa lì di fronte

non ha voce

né volto. Cresce o tace o sta ferma.

E’ una cosa in agguato.

Possiamo sperare nella luce

debole di un pensiero?

O non farlo e sprofondare anzitempo

nel silenzio indistinto? Solo lo sguardo

abbiamo, un occhio vigile, un amore,

quel tanto che serve a dire andiamo avanti,

amici. Ancora avanti, adagio.

Mettere ordine allora vorrà dire

scostare ciò che non serve, aprirsi un varco

nel bosco. Cosa brilla là in fondo, una piccola stella?

O qualcuno ci precede da tempo, e fa tremare

la fiamma di una candela che resiste, un’ombra lunga

che rapisce i cespugli? Seguiranno

altri, forse lontani. Anche per loro

preserviamo un riflesso di cammino. Qualche traccia.

 

Il disarmato, il fragile, l’effimero: non altro.

 

E poi? Ma non ha senso la domanda.

Un passo, un altro passo: come un fiore.

 

Chi cammina così non ha più tempo

nemmeno per la rabbia o la paura. Guarda e ascolta

lo splendido grido del gufo, il fumo azzurro

che sale dal muschio notturno,

dalla corteccia ruvida dei tronchi.

Dice il nome degli alberi e dell’acqua.

Segue l’acqua, i petali.

 

Verso la luce? No, verso quel dove

a cui la luce invita, questo grido

luminoso, breve gioia.

 

Non la perla, ma lo schiudersi dell’ostrica

sia ciò che ci conduce.

 

_____

Fabio Pusterla laureato in lettere moderne con Maria Corti all’Università di Pavia, insegna al Liceo Cantonale di Lugano 1 e all’Università della Svizzera italiana a Lugano; ha tenuto per alcuni anni dei corsi presso l’Università di Ginevra. È stato tra i fondatori della rivista letteraria “Idra”, edita a Milano da Marcos y Marcos. È attivo come poeta, traduttore (soprattutto dal francese, con qualche incursione nella letteratura portoghese) e saggista. Collabora a giornali e riviste in Svizzera e in Italia. Ha diretto l’edizione critica delle opere di Vittorio Imbriani e pubblicato saggi, traduzioni, volumi di versi. Nel 2007 gli è stato conferito il secondo più importante premio letterario svizzero, il Premio Gottfried Keller. Nel 2009 la “collana bianca” dell’editore Einaudi ha pubblicato un’antologia di poesie del periodo 1985-2008, sotto il titolo Le terre emerse, con il quale nel 2009 ha vinto la sezione poesia del Premio Giuseppe Dessì e dalla quale sono stati estratti i testi qui proposti.

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