di Tommaso Di Dio
Dedicate alla memoria della poetessa, studiosa e traduttrice Joëlle Gardes, da poco scomparsa, si presentano qui tre poesie, nella lingua francese e italiana.
Dopo aver generosamente tradotto il mio libro Tua e di tutti per Recours au Poème, Joëlle era da tempo impegnata insieme a Jean-Charles Vegliante nella traduzione dell’opera del comune amico Mario Benedetti. Fin da subito, capii che la traduzione per lei non aveva un semplice significato letterario, ma era – e non poteva che essere – una concretissima e affettuosa pratica di conoscenza: un modo di abbracciare ciò che la sorte ha posto lontano.
Per questo, noi suoi amici vogliamo salutarla con quello stesso gesto che le era caro: traducendo insieme una sua poesia inedita e traducendo reciprocamente le nostre due, dedicate a lei. In questo scambio di lingue, in questo lavoro o travaille, ognuno fa proprio, per un momento, quella comunione con la pura lingua dell’intraducibile che ogni poeta non può non tenere a mente; e Joëlle in questo – e non solo in questo – era ed è stata la più fine poeta.
*
Una poesia inedita di Joëlle Gardes:
da La lumière la même (in corso di stampa, ed. Petra)
Je suis dans ma maison, le carrelage blanc luit doucement,
parfois une feuille tombe du bégonia bambou
J’aime les plantes et le nom des plantes
J’écris avec de l’encre violette
Je pense à l’école, à l’encrier
aux brassées de genêt pour la remplaçante de Mademoiselle Vincent
l’institutrice qui vient de mourir
Le camélia sur la terrasse a tant de boutons
que j’ai peur que ce soit son dernier cadeau
Le travail comme une forteresse.
*
Sono nella mia casa, le piastrelle bianche brillano appena,
ogni tanto cade una foglia dalla begonia corallina
Amo le piante e il nome delle piante
Scrivo con inchiostro viola
Penso alla scuola, al calamaio
ai fasci di ginestra per la sostituta della Signorina Vincent
la maestra mancata da poco
La camelia sulla terrazza ha così tanti boccioli
che temo sia questo il suo ultimo regalo
Il lavoro come una roccaforte
(trad. T. Di Dio & J.-Ch. Vegliante)
Tommaso Di Dio:
a Joëlle
E poi ci sono i voli di settembre.
Da un vuoto impossibile
gli animali vanno
nell’azzurro sporco delle nuvole
fra le code delle macchine e dei venti.
È bello morire così, mi dici; circondata
dai figli, con le palpebre
che si aprono che si chiudono. Sola in casa
sto con il mare a picco sulle pietre e con il tempo.
Che consuma. Erode. È già più breve
e dolce
questo dolce breve giorno dell’anno. Mi vedi?
Da un vuoto impossibile. Fra le rovine
e le macchine. Risucchiata
spinta come carta straccia come l’azzurro
tra i venti.
Siamo separati dalla vita. Siamo
una domanda.
Tommaso Di Dio
Settembre 2017
Et puis il y a les vols de septembre.
Depuis un vide impossible
les animaux vont
dans le bleu sale des nuages
parmi les queues de voitures et des vents.
C’est beau de mourir ainsi, me dis-tu ; entourée
de ses enfants, ouvrant
et refermant les paupières. Seule chez moi
je suis avec la mer à pic sur les pierres et avec le temps.
Qui consume. Érode. Est déjà plus bref
et doux
ce doux bref jour de l’année. Tu me vois ?
Depuis un vide impossible. Parmi les ruines
et les voitures. Aspirée
poussée comme vieux papier comme le bleu
parmi les vents.
Nous sommes séparés par la vie. Nous sommes
une demande.
(trad. J.-Charles Vegliante
Sept. 2017)
Jean-Charles Vegliante:
pour Joëlle
S’éloignant dans l’écran gâté, les pixels
défaillants pour sa pressante envie de vivre,
elle s’avance où le printemps la fait sienne –
où quelque force mauvaise l’avait elle
faite sienne déjà (pour une défaite
que nous cherchons à comprendre, à réapprendre)
“usque ad mortem” à la passion ancienne.
Un signe disparaissant avec un geste
de la main – ce n’est rien sans sa voix: un livre
sombre intouché parmi les strates de l’eau
nocturne: qui lira? Qui le fera bruire?
Faiblit l’écho –
C’est poésie –
Ne plus y être –
Jean-Charles Vegliante
septembre 2017
Si allontana sullo schermo guasto, i pixel
si sfiancano per l’urgente suo desiderio di vivere,
avanza dove la primavera la conquista,
dove una qualche forza malvagia l’aveva
già fatta sua (per una sconfitta
che noi cerchiamo di comprendere, di apprendere ancora)
“usque ad mortem” come un’antica passione.
Un segno che scompare con un gesto
della mano – non è niente se non c’è la sua voce: un libro
scuro incontaminato fra gli strati d’acqua
notturna: chi leggerà? Chi lo farà risuonare?
S’indebolisce l’eco –
è la poesia –
non più essere qui –
(trad. Tommaso Di Dio
settembre 2017)
Splendido omaggio, commovente e preciso – o “netto” come preferiva scrivere Mario Benedetti, giustamente ricordato.
Grazie ai due amici poeti, e a Luigia Sorrentino, anche se “cerchiamo di comprendere” invano…
M.