Laure Gauthier, ” kaspar de pierre “

Laure Gauthier

di Laure Gauthier

” kaspar de pierre” è un racconto poetico che dà voce a Kaspar Hauser, il bambino arrivato misteriosamente nel 1828 alle porte di Norimberga dopo 17 anni di prigionia. Per prima cosa, era necessario far saltare il mito del “rapito dal cuore puro” così come lo chiama Françoise Dolto che lo descrive, alla stessa stregua di Verlaine e del suo “pregate per noi povero Gaspard”, come un bambino innocente, quasi fosse un Cristo.

In “kaspar de pierre”, non ho ricomposto l’essenza di Kaspar Hauser, ma solo un po’ la superficie del suo essere. La pietra. Il mio progetto non consiste nel ricostruire un’archeologia delle passioni sulle tracce dei lavori di Véronique Bergen. No, questo racconto fa capo al mero compito di ricercare negli archivi, là dove non ci sono atti, per inventare spazi e tempi “tra i fatti” registrati dalla cronaca, là dove non c’è suono né voce. Un fuori campo che fa tremare il campo della storia.

Kaspar Hauser come Woyzeck, il soldato che si trasforma in assassino, rappresenta l’immagine della nostra società moderna che si preannuncia in alcuni tratti. In Kaspar troviamo la sete di prima pagina, la compiacenza verso il maltrattamento e l’iconizzazione dell’individuo.

Colui che è stato soprannominato « il bambino d’Europa », in seguito al vivo interesse dimostrato da tutta Europa per il suo caso, è un bambino “armadio”. La sua lingua porta nel mio racconto gli scoppi delle granate lanciategli ogni volta in cui gli si chiede senza sosta da dove viene o successivamente quando si apprezzano le sue frasi da seviziato al pari di parole “pure” e poetiche: kaspar è una lingua, minacciata, in movimento.

Il testo è costruito sul ritmo del “tempo del suo pensiero” per riprendere un’espressione di Patrice Loraux, crea alveoli, spazi intatti in cui respirare, che si ripetono e si disfano a seconda della minaccia. Alte maree e basse maree. kaspar non è. Ma abita case di linguaggio effimero : casa 1, casa 2, casa 3. Abbandono 1, abbandono 2, anche diagnosi e una strada. Situazioni che gli danno forma e ridistribuiscono la lingua, la sintassi in modo differente.

Il pronome personale è un segno bianco nel testo, un silenzio, che permette di ascoltare il vento « tra le parole », di cogliere ancora il movimento della lingua facendo un laccio per evitare il versamento. A volte kaspar usa un “j” o un “jl” un pronome tra “je”, di prima persona singolare, e “il”, di terza persona singolare. Eppure questa lingua reinventata non cerca di imitare l’handicap. Si tratta piuttosto di una marcia cinestesica, che oscilla tra momenti in cui la parola asseconda il trauma ed altri in cui la soggettività di kaspar è tenuta a distanza, che provoca uno scossone nel testo. La voce di kaspar è una specie di taglio aperto da cui questo “je” cancellato parla in “modalità viaggio”, quasi fosse accanto a sé, e si vede lui stesso come uno dei primi casi di attualità dell’Europa borghese:

Più l’odore del sudore del condannato, più le grida della folla che si mischiano a quelle dello sciagurato, più la spalla o i piedi del vicino in trance per schiacciare i vostri e farvi mancare la bocca del torturato, ma
prime pagine che hanno solo l’odore dell’inchiostro, ehi facci il mi ingresso in borghesia?

È questa presenza dell’origine, nella misura in cui si assenta e si tira indietro continuamente, in quanto centro bianco, che buca il testo. kaspar si rende conto da sé che non ha ispirato gli artisti plastici. A differenza di San Sebastiano la cui rappresentazione della sofferenza è erotizzata. Ma i bambini seviziati fanno colare l’inchiostro, non fanno usare le pinze.

(Traduzione di Gabriella Serrone)

kaspar de pierre ” est un récit poétique qui donne voix à Kaspar Hauser, l’enfant trouvé, mystérieusement arrivé en 1828 aux portes de Nuremberg après 17 ans de captivité. Tout d’abord, il fallait dynamiter le mythe du « séquestré au cœur pur » comme l’appelle Françoise Dolto qui le décrit, à l’instar de Verlaine et de son « priez pour nous pauvre Gaspard », comme un enfant innocent, quasi christique.

Dans kaspar de pierre, je n’ai pas reconstitué la mie de Kaspar Hauser, juste un peu la croute de l’être. La pierre. Mon projet n’est pas celui d’une archéologie des passions sur les traces de Véronique Bergen. Non, j’ai situé ce récit dans la tâche aveugle des archives, là où rien n’est acté, en inventant des espaces-temps « entre les faits » archivés par la chronique, là où c’est sourd et muet. Un hors-champ qui frôle le champ de l’histoire.

Kaspar Hauser comme le soldat devenu meurtrier Woyzeck sont des images de notre société moderne tardive dont il préfigure certains traits, pour Kaspar: la soif de gros-titres, la complaisance envers la maltraitance et iconisation de l’individu.

Celui qu’on a surnommé « l’enfant de l’Europe » car toute l’Europe s’est passionnée pour son cas, est un enfant « placard ». Sa langue porte dans mon récit les éclats des grenades qu’on lui a lancées quand on lui demande sans cesse d’où il vient ou plus tard quand on chérit ses phrases de sévicié comme autant de paroles « pures » et poétiques : il est une langue, menacée, en mouvement. Le texte se construit au rythme du « tempo de sa pensée » pour reprendre une expression de Patrice Loraux, crée des alvéoles, des espaces intacts où respirer, qui se répètent et se défont en fonction de la menace. Marées hautes et marées basses. kaspar n’est pas. Mais il habite des maisons de langage éphémère : maison 1, maison 2, maison 3. Abandon 1, abandon 2, des diagnostics aussi et une rue. Ces situations le construisent et redistribuent la langue, la syntaxe autrement.

Le pronom personnel est une marque blanche dans le texte, un silence, qui permet d’entendre le vent « entre les mots », de ressaisir le mouvement de la langue en faisant garrot à l’épanchement. Parfois kaspar formule un « j » ou un « jl » un pronom entre « je » et « il ». Pourtant cette langue réinventée ne cherche pas à imiter le handicap. Il s’agit plutôt d’une marche kinesthésique, avec un mouvement de balancier entre des moments où la parole adhère au trauma et d’autres où la subjectivité de kaspar est tenue à distance, coup de rame dans le texte. La voix de kaspar fonctionne comme une sorte d’entaille ouverte d’où ce « je » effacé parle en « mode travelling », comme à côté de soi, se conçoit lui-même comme un des premiers faits-divers de l’Europe bourgeoise. C’est cette présence de l’origine en tant qu’elle s’absente et se dérobe en permanence, en ce qu’elle est le centre blanc, qui troue le texte. kaspar constate lui-même qu’il n’a pas inspiré les plasticiens. A la différence de saint Sébastien dont la représentation de la souffrance est érotisée. Mais les enfants séviciés font couler l’encre, pas les pinceaux.

Marcia I

Ie afferr immagini al volo, come soffocano le farfalle, e tengo la mia tristezza accanto

persino delle pietre ignorav  il nome

h vist tutto, per la prima volta.
Solo foglie c’erano, d’un tratto
e tutti questi venti che frusciarono allora tra i miei silenzi
io che ho visto solo muri e porta
senza sapere che gli uni trattengono e l’altra apre
senza provarlo

L’umidità mi ha riconosciuto facilmente,
l’agonia del risveglio, il ricordo impossibile del primo abisso,
il primo grido

del mattino,
l’assenza di carezze,
onde di mancanza
testa vaporizzata di assenze
da cui avre imparat che la sofferenza si butta incontro,
che il dolore ha una direzione
Non c’è animale delle mie dimensioni che attraversi l’orizzonte e non ne
ricav nulla, mai.
E la carezza dei nastri che ombreggiava la giornata?
tratti di traverso, hanno strisciato la polvere del nascondiglio
Ancora bagnato di mormorii, senza che fosse stato necessario alzarsi,
Mentre le domande erano solo buchi bianchi
Che non hanno smesso di riempire

Il mio silenzio
aveva ricoperto tutti i fruscii delle foglie, tutti i passi
nessun abbraccio
le pietre, persino loro, si sono girate verso di me e non avranno mai più la forza di accogliere un bambino,
è insostenibile pensavano.

E ignor inevitabilmente tutto del mausoleo di versi che mi hanno eretto un’altra volta, e
Si inginocchieranno con eloquenza e malinconia davanti alle macchie nelle frasi che formulerò,
Murato = senza esperienza = cuore puro = verbo primo = poesia !
H costruit con i tutori i miei primi ricordi, ne h fatt un album, assemblato sul mio corpo per affermare una crcronologia

Senza rumore s’innalza la casa dei silenzi
Tutto mi lascia ora,
Lontano dalle pietre che mi guardano
E vacill dinnanzi alla vita
E tutti questi occhi nella città che mi aspetta
E la schiuma dei suoi perché

Traduzione di Gabriella Serrone

 

Mearche 1

Jl attrapp des images au vol, comme ils étouffent les papillons,

et tiens ma tristesse en bandoulière,

même des pierres ignorais le nom

ai tout vu là, pour la première fois.

Que de feuilles il y avait, soudain

et tous ces vents qui bruissèrent alors dans mes silences

moi qui n’ai vu que murs et porte

sans savoir que les uns retiennent et l’autre ouvre

sans l’éprouver

L’humidité m’a reconnu facilement,

l’agonie du réveil, l’impossible souvenir du gouffre premier,
le premier cri

du matin,

l’absence de caresses,

vagues de manque,

tête brumisée d’absences

d’où aurais appris que la souffrance se jette vers,

que la douleur a une direction

Aucun animal de ma taille ne passe l’horizon et n’en déduis rien, jamais.

Et la caresse de mes rubans qui hachurait la journée ?

traits de biais, ont strié la poussière de la cache

Encore mouillé de murmures, sans qu’il n’ait fallu se lever,

Alors que les questions n’étaient que des trous blancs

Qu’ils n’ont cessé de remplir

Mon silence

avait recouvert tous les bruissements de feuilles, tous les pas,
aucune étreinte

les pierres, même elles, se sont retournées à moi, et n’auront plus
jamais la force d’accueillir un enfant,

c’est intenable, pensaient-elles.

Et ignore forcément tout du mausolée de vers qu’on m’a dressé
toujours à nouveau, et

L’on s’agenouillera éloquent et mélancolique devant les taches
dans mes phrases à venir,

Muré=sans expérience= cœur pur= verbe premier= poésie !

ai construit avec mes tuteurs mes premiers souvenirs, ai fait
album, fabriqué à mon corps défendant une chrchronologie

CASA 2

Lei mi dice,

Mi piace sentire il velo dei suoni.

le stoviglie sbattute nella vasca, i rumori dell’umido, quelli delle macchie che si sciolgono sotto l’acqua

riconoscere i disegni di porcellana sotto la consistenza delle gocce.

M dic ,

che ha costruito una diga nella notte,

i suoi genitori, la domestica, la brocca e poi l’acqua

si è addormentata nel profondo dei loro suoni

E conosc ormai la parola fortuna, prima trappola,

altra sofferenza di un fiocco della vita che non h mai saput afferrare, aggrappato alla terrrrrr,

mai le braccia al cielo, ma

va bene un solo giro di giostra!

 

Parlarle del silenzio delle pietre?

H scritt : “Sono sempre stato contento e soddisfatto … finché l’uomo non è arrivato e mi ha insegnato ad imitare, ma non sapevo cosa avessi scritto”.
Ed in questa frase i poeti ci credono più di tutti gli altri.

Che meraviglia l’enunciato che trasuda di ingenuità del bambino picchiato che piange il rassicurante schiocco di frusta, come era dolce l’armadio che ostacolava i terribili suoni della vita

Infans = natura? Avete visto tori confinare il bue nello stagno, affogarlo solo un po’, impedirgli di uscire. Sì, ho visto le carcasse di lepri mangiate a metà dal padre, ma conigli richiusi nella tana fino all’età adulta?

O,            , ascoltate la poesia del bambino armadio

Che ha paura quando la neve si fa a palle e tocca il quadro
di una natura che non ritiene morta e parla al sasso?

E che i libri impazziscono per questo

Ed il pieno di oggetti che apprezzano le mie frasi monche.
Come si torce mirabilmente la sintassi senza luce
bocca nella polvere, senza parole, claudicante in pubblico, le belle deformazioni del linguaggio e gli amanti della poesia applaudono nella fiera delle parole variegate

E la città borghese ha strappato una ad una le linee del mio viso come pasta da modellare

per farsi veggente,

Schiacciare la zucca del mio naso, mangiare il grappolo dei miei capelli e poi, ecco, spariti i pomodori che li squadravano, un viso

rovinato prima di sbocciare che cercava di inventarsi una quinta stagione, una stagione tra l’inverno e la primavera, che avrebbe impedito la successione delle altre,

Cosa vogliono raccogliere da me?

Tutta la città vuole farmi credere all’estuario,

si prendono gioco del bambino che non ha né sorgente né delta,

Mi hanno imposto tutori che disegnano per me contorni, mi
mostrano le frecce per terra

che ie devo seguire

Bisognava amare la carne, prima comunione

Traduzione di Gabriela Serrone

MAISON 2

Elle me dit,

J’aime entendre le voile des sons.

la vaisselle entrechoquée dans la vasque, les bruits de l’humide, ceux des taches qui se défont sous l’eau

reconnaître les motifs de porcelaine à la texture des gouttes.

J me dis,

qu’elle a fait digue dans la nuit,

ses parents, la bonne, le broc, et puis l’eau

elle s’est endormie au creux de leurs sons

Et j connais désormais le mot chance, première trappe,

nouvelle souffrance d’un pompon de la vie que n’ai jamais su attraper, cramponné à la terrrrr,

jamais les bras au ciel, mais

c’est bien un seul tour de manège !

Lui parler du silence des pierres ?

ai écrit « J’ai toujours été content et satisfait … jusqu’à ce que l’homme vienne et m’apprenne à imiter, mais je ne savais pas ce que j’avais écrit ». Et cette phrase, les poètes la croient plus que toutes les autres.

Quelle merveille que l’énoncé dégoulinant d’ingénuité de l’enfant battu qui pleure le rassurant claquement du fouet, comme le placard était doux qui empêchait les horribles sons de la vie

Infans = nature ? Avez-vous vu des taureaux confiner le bœuf dans une mare, le noyer juste un peu, l’empêcher de sortir. Oui, j’ai vu les cadavres de lièvres à demi mangés par le père, certes, mais des lapins enfermés dans le terrier jusqu’à l’âge adulte ?

O,             , vous écoutez la poésie de l’enfant placard

Qui a peur quand la neige vit en boules et touche vers le tableau d’une nature qu’il ne croit pas morte et parle au caillou ?

Et que les livres adorent cela

Et les remplis d’objets qui aiment mes phrases tronquées.
Comme elle se tord magnifiquement la syntaxe sans lumière,
bouche dans la poussière, sans mots, on claudique en public, les belles abnormités de langage et les amateurs de poésie applaudissent dans la foire des mots bigarrés,

Écraser la courge de mon nez, manger la grappe de mes cheveux et
puis, voilà, effacées les tomates qui les dévisageaient, un visage
abimé avant floraison qui tentait d’inventer une cinquième saison, une saison entre l’hiver et le printemps, qui empêcherait la succession des autres,
Que veulent-ils récolter à moi ?

Et la ville bourgeoise a arraché une à une les lignes de mon visage pâte à modeler

pour se faire voyante,

Écraser la courge de mon nez, manger la grappe de mes cheveux et puis, voilà, effacées les tomates qui les dévisageaient, un visage

abimé avant floraison qui tentait d’inventer une cinquième saison, une saison entre l’hiver et le printemps, qui empêcherait la succession des autres,

Que veulent-ils récolter à moi ?

La ville entière veut me faire croire à l’estuaire,

ils se moquent de l’enfant sans source et sans delta,

On m’a collé des tuteurs qui me dessinent des contours, me montrent les flèches au sol

que jl doit suivre

Il fallait aimer la viande, première communion
Laure Gauthier, kaspar de pierre, la lettre volée, 2017
Laure Gauthier vive a Parigi. Insegna letteratura tedesca e cinematografia all’Università di Reims.
Nei suoi testi poetici, la fragilità e la trasparenza dell’essere entrano in contrasto con le ossessioni della società – la violenza, il soffocamento del linguaggio poetico, il sacrificio dell’intimo soprattutto nei cliché fotografici e nelle notizie di cronaca, l’ossessione dell’origine e l’esotismo. Tra le intenzioni di Laure Gauthier c’è quella di non porre limiti al linguaggio, di strapparlo dalla sua geografia: nella sua opera prima marie weiss rot / marie blanc rouge (Delatour-France, 2013), scritta in tedesco prima di essere ritradotta in francese grazie alla collaborazione tra Laurent Cassagnau e l’autrice stessa, il soffocamento che minaccia la voce di maria dà origine ad un “linguaggio valanga”, tra le lingue, senza territorio.
La violenza contro la lingua minaccia l’integrità del testo poetico ed influenza la sua forma : inserimento di didascalie ed elementi drammatici in marie blanc rouge o notizie di cronaca riadattate per invadere il racconto in La cité dolente (Châtelet-Voltaire, 2015). L’autrice conferisce uno spazio particolare all’enunciazione, allo status di voce poetica: tre voci contro una in marie weiss rot, le voci di François Villon e dei suoi « altri » in « je neige » (tra le parole di villon) (di prossima pubblicazione), o ancora una voce circolare che “salta” oltre il margine e si dispiega al di là delle pagine in Le terme des lamentations (inedito).
I suoi testi sono pubblicati anche in riviste, soprattutto in Vacarme, Babel heureuse, PLS, manuskripte, Phoenix o ancora Remue.net.
Il lavoro poetico sulla voce prosegue attraverso una collaborazione con compositori/compositrici volta a ricercare nuove architetture poetiche, sceniche e musicali: « Nun hab’ ich nichts mehr » (creato su richiesta del Teatro Regio di Parma il 13.10.2016) è una pièce per soprano di coloratura, ensemble e elettronica composta da Fabien Lévy ; mentre « Back into Nothingness » è un monodramma essenzialmente parlato per attrice-soprano, coro ed elettronico, composto da Nuria Gimenez-Comas (produzione Grame cncm et Spirito, coproduzione tra Ircam, Festival Archipel-Genève e Théatre National Populaire (TNP) di Lione) che sarà messo in scena presso il TNP il 16 ed il 17 marzo 2018. Laure Gauthier lavora attualmente con il compositore Arturo Fuentes all’ideazione di una nuova architettura poetica tra immagini sonore, testuali e filmiche per « Les tournesols noirs », pièce per ensemble, soprano, elettronica e video.

Bibliografia sommaria:

Poesia :
Raccolte :
marie weiss rot / marie blanc rouge, Delatour, 2013
La cité dolente, Châtelet-Voltaire, 2015.
kaspar de pierre, La lettre volée, 2017.

Pubblicazioni in riviste:
Nun hab’ ich nichts mehr, in Babel Heureuse n°1, aprile 2017, pp. 188-203 (https://www.gwencatalaediteur.fr/babel-heureuse-1-laure-gauthier-1 )
Je neige (entre les mots de villon). Pubblicazione di un estratto in : PLS, n°7, maggio 2017, pp. 83-88.
Ich schneie (zwischen den Wörtern villons), pubblicazione di un estratto tradotto in tedesco da Andreas Unterweger : manuskripte, n°215, marzo 2017, pp. 110-115.
kaspar de pierre. Pubblicazione di un estratto « maison 1 » : remue.net, agosto 2017 (http://remue.net/spip.php?article9031 )
Les monologues de marie, testo e due estratti dal film di Jean-Marc Chouvel (2016, realizzato con il sostegno del CNC, Commissione DICRéAM 2013) da marie weiss rot / marie blanc rouge (Delatour, 2013), in : remue.net, settembre 2017 (http://remue.net/spip.php?article9063 )

« lecture de kaspar de pierre », Le Cahier du Refuge, n°265, ottobre 2017, pp. 9-17. entre les mots de villon. Pubblicazione di un estratto, in : Phoenix, n°26, estate 2017, pp. 120-121.
« kaspar de pierre ». Estratto, in : Poezibao, Anthologie permanente : http://poezibao.typepad.com/poezibao/2017/10/anthologie-permanente-laure-gauthier-kaspar-de-pierre.html
« kaspar de pierre. Marche 1 », in : Terres de Femmes, La rivista di poesia e di critica di Angèle Paoli, http://terresdefemmes.blogs.com/mon_weblog/2017/10/laure-gauthier-marche-1-kaspar-de-pierre.html

Consultare:
https://www.laure-gauthier.com
http://cipmarseille.fr/auteur_fiche.php?id=2451
http://www.m-e-l.fr/laure-gauthier,ec,1094

 

LAURE GAUTHIER
Laure Gauthier vit à Paris. Elle enseigne la littérature de langue allemande et les études filmiques à l’Université de Reims.
Dans ses textes poétiques, la fragilité et la transparence de l’être entrent en tension avec les obsessions de la société – la violence, l’étouffement du langage poétique, le sacrifice de l’intime notamment dans les clichés photographiques et les faits divers, l’obsession de l’origine et l’exotisme. Laure Gauthier entend faire sortir le langage de ses gonds, l’arracher à sa géographie : dans sa première œuvre marie weiss rot / marie blanc rouge (Delatour-France, 2013), écrite en allemand avant d’être retraduite en français par Laurent Cassagnau en collaboration avec elle-même, l’étouffement qui menace la voix de marie fait surgir un « langage avalanche », entre les langues, sans territoire.
La violence faite à la langue menace l’intégrité du texte poétique et influence sa forme : insertion de didascalies et éléments dramatiques dans marie blanc rouge ou faits divers retravaillés qui envahissent le récit dans La cité dolente (Châtelet-Voltaire, 2015). Elle accorde une place particulière à l’énonciation, au statut de la voix poétique : trois voix contre une dans marie weiss rot, les voix de François Villon et de ses « autres » dans « je neige (entre les mots de villon) » (à paraître), ou encore une voix circulaire qui « saute » par-delà la marge et se déroule par-delà les pages dans Le terme des lamentations (inédit).
Ses textes sont également publiés en revues notamment dans Vacarme, Babel heureuse, PLS, manuskripte, Phoenix ou encore Remue.net.
Ce travail poétique sur la voix se poursuit par une collaboration avec des compositeurs/trices dans la recherche de nouvelles architectures poétiques, scéniques et musicales : « Nun hab’ ich nichts mehr » (commande du Teatro Regio di Parma, créé le 13.10.2016) est une pièce pour soprano coloratura, ensemble et électronique composée par Fabien Lévy ; tandis que « Back into Nothingness » est un monodrame essentiellement parlé pour actrice-soprane, chœur et électronique, composé par Nuria Gimenez-Comas (production Grame cncm et Spirito, coprod. Ircam, Festival Archipel-Genève et TNP) qui sera créé au TNP les 16 et 17 mars 2018. Elle travaille en ce moment avec le compositeur arturo Fuentes à inventer une nouvelle architecture poétique entre images sonores, textuelles et filmiques pour « Les tournesols noirs », pièce pour ensemble, soprane, électronique et vidéo.

Biographie sommaire :

Poésie :
Recueils :
marie weiss rot / marie blanc rouge, Delatour, 2013
La cité dolente, Châtelet-Voltaire, 2015.
kaspar de pierre, La lettre volée, 2017.

Publications en revue :
Nun hab’ ich nichts mehr, dans Babel Heureuse n°1, avril 2017, p. 188-203 (https://www.gwencatalaediteur.fr/babel-heureuse-1-laure-gauthier-1 )
Je neige (entre les mots de villon). Parution d’un extrait in : PLS, n°7, mai 2017, p. 83-88.
Ich schneie (zwischen den Wörtern villons), parution d’un extrait traduit en allemand par Andreas Unterweger : manuskripte, n°215, mars 2017, p. 110-115.
kaspar de pierre. Parution d’un extrait « maison 1 » : remue.net, août 2017 (http://remue.net/spip.php?article9031 )
Les monologues de marie, texte et deux extraits du film de Jean-Marc Chouvel (2016, réalisé avec le soutien du CNC, Commission DICRéAM 2013) d’après marie weiss rot / marie blanc rouge (Delatour, 2013), in : remue.net, septembre 2017 (http://remue.net/spip.php?article9063 )

« lecture de kaspar de pierre », Le Cahier du Refuge, n°265, octobre 2017, p. 9-17.

entre les mots de villon. Parution d’un extrait, in : Phoenix, n°26, été 2017, p. 120-121.
« kaspar de pierre ». Extrait, in : Poezibao, Anthologie permanente : http://poezibao.typepad.com/poezibao/2017/10/anthologie-permanente-laure-gauthier-kaspar-de-pierre.html
« kaspar de pierre. Marche 1 », in : Terres de Femmes, La revue de poésie et de critique d’Angèle Paoli, http://terresdefemmes.blogs.com/mon_weblog/2017/10/laure-gauthier-marche-1-kaspar-de-pierre.html

Voir :
https://www.laure-gauthier.com
http://www.cipmarseille.com/auteur_fiche.php?id=2451
http://www.m-e-l.fr/laure-gauthier,ec,1094

 

 

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