Strana e accecante la tua frase recente:
si propaga nelle giornate come il rintocco di una campana
con il crescere della distanza si attenua il suo suono
più avanti si farà impercepibile
sarà una vibrazione in qualche area della memoria
dove anche noi saremo estinti.
*
Nuvole e acqua hanno fatto il loro lavoro.
Nessuna goccia cade dagli archi,
nell’aria rinfrescata si rincorrono le rondini,
da un capo all’altro si allarga
lo stesso cielo chiaro
di quando i bizantini si innamoravano.
*
Nelle biblioteche di provincia
la voce roca e cicalante
che da dietro uno scaffale
t’impiglia nel suo giro di spola
fra le chiacchiere quotidiane
fa mostra di tutta la polvere, l’opaco
che s’incrosta sulla lingualuce.
*
Nella capitale si celebrano presentazioni,
scambi di favori, di piaceri,
dove non si agita la spina della scrittura
ma una vanità più fredda.
Io preferisco il torpore di provincia
la quiete lontana dai commerci
in questa orbita lunghissima.
*
Ho percorso tante case,
una diversa dall’altra
e una uguale all’altra.
Non saprei dire che cos’è una casa:
è più grande di poche stanze
e più piccola di un’idea.
Ci è noto ogni particolare
le casse da cui soffia la musica
il colore della spugna per i piatti
da dove salgono i rumori del mattino.
Casa è dove abbiamo le ciabatte.
Damiano Sinfonico (Genova, 1987) è dottore di ricerca in Letteratura Italiana. Ha insegnato italiano all’Università di Granada e attualmente lavora in un liceo nella sua città natale. Ha pubblicato due libri di poesia: Storie (prefazione di Massimo Gezzi, L’arcolaio 2015) e Lingualuce (L’arcolaio 2017). Suoi testi sono apparsi in diverse pubblicazioni cartacee e online. È redattore di “Nuova Corrente” e collabora con il blog “La Balena Bianca”.