Festa e altre poesie, a cura di Elisa Baglioni, (Passigli Poesia, 2017) raccoglie una ricca selezione dell’opera poetica di uno dei maggiori poeti russi contemporanei, Sergej Gandlevskij. La sua poesia, fiorita negli ultimi anni dell’epoca sovietica e dunque a contatto con le esperienze del “samizdat” dell’undeground moscovita, costruisce un originale ponte con la grande poesia russa dell’Ottocento e del primo Novecento, e tanti sono i richiami espliciti a poeti, da Puskin e Lermontov a Mandel’stam e Chodasevic; mentre un certo tono beffardo e malinconico, e la spregiudicatezza con cui l’io-personaggio si getta nel mondo possono forse avvicinarlo a Sergej Esenin. Ma con Gandlevskij si afferma una personalità poetica nuova, forte e originale, da un lato molto incline alla vita e alla lingua di tutti i giorni, dall’altro profondamente meditativa e di rara eleganza formale nella sua ostinata ricerca lessicale e nella sua grande consapevolezza metrica. Come ha scritto egli stesso: Né la bellezza delle immagini né la profondità di pensiero potrebbe salvare una poesia, se il lettore non provasse semplicemente gioia a pronunciarne le strofe o perfino i versi.
Мою старую молодость, старость мою молодую
Для служебного пользованья обрисую.
Там чего только нет! — Ничего там особого нет.
Но и то, что в наличии, сходит на нет.
И глаза бы мои не глядели, как время моё
Через силу идёт в коллективное небытиё.
Обездолят вконец, раскулачат — и точка.
Что ли впрок попрощаемся, дурочка, Звёздочка, Ночка?
Уступая тебя сукомольцам и прочей шпане,
Напоследок скажу: вспоминай обо мне.
И про чёрный свой день понадёжней припрячь их —
Отражения нежностей наших телячьих
В голом зеркале шкафа, которое снег освещал.
Знать по памяти вдох твоего вожделенья и выдох
И иметь при себе, когда кликнут с вещами на выход,
При условьи, что память приравнена к личным вещам.
La mia vecchia giovinezza, la vecchiezza mia giovane
è qui descritta per uso d’ufficio.
Niente che manchi! E niente che sia speciale.
Pure quello di cui si dispone, a niente si riduce.
Non vedessero gli occhi miei come il mio tempo
a fatica avanza verso un collettivo non essere.
Saremo bell’è rovinati, espropriati: punto.
Non è meglio salutarci, sciocchina, stellina, carolina?
E nel lasciarti ai compagni del Komsomol o ad altri stronzi
ti dirò infine: ricordati di me.
Per la tua giornata nera metti bene al sicuro
le nostre smancerie riflesse
sullo specchio nudo dell’armadio che la neve ha illuminato
Se sapessi a memoria i sospiri della tua lussuria
se li avessi con me, quando mi chiameranno armi e bagagli,
a patto che la memoria sia equiparata agli affetti personali.
2003
чтобы липа к платформе вплотную
обязательно чтобы сирень
от которой неделю-другую
ежегодно мозги набекрень
и вселенная всенепременно
по дороге с попойки домой
раскрывается тайной мгновенной
над садовой иной головой
хорошо бы для полного счастья
запах масляной краски и пусть
прошумит городское ненастье
и т. д. и т. п. наизусть
грусть какая-то хочется чтобы
смеха ради средь белого дня
дура-молодость встала из гроба
и на свете застала меня
и со мною ещё поиграла
в ту игру что не стоила свеч
и китайская цацка бренчала
бесполезная в сущности вещь
che il tiglio rasenti la piattaforma
assolutamente che ci sia il lillà
il quale per un paio di settimane
ogni anno manda in tilt il cervello
e a colpo sicuro si svela l’universo
come un momento segreto
a una qualunque testa vuota
quando torna dai bagordi
meglio sarebbe per una felicità piena
l’odore dei colori a olio e perfino
che infuri il brutto tempo cittadino
eccetera a memoria e via dicendo
una tristezza – una voglia di vedere
in pieno giorno solo per vedere
la scema-giovinezza alzarsi dalla bara
sorprendermi sulla terra
e continuare a giocare con me
a quel gioco che non vale la candela
e il ninnolo cinese tintinnare
inutile in essenza
2003
Sergej Gandlevskij vive a Mosca, dove è nato nel 1952. Durante il primo anno della Facoltà di Letteratura russa conosce Aleksandr Soprovskij, Aleksej Cvetkov, Bachyt Kenžeev, con i quali fonda la rivista samizdat Moskovskoe vremja e il gruppo letterario omonimo. Dai primi anni Ottanta pubblica nelle riviste d’emigrazione e solo alla fine degli anni Ottanta viene pubblicato in patria.
Tra le sue raccolte poetiche: Rasskaz (Racconto, 1989), Prazdnik (Festa, 1995), il volume di poesie, saggi e recensioni Najti ochotnika(Trovare il cacciatore, 2002). Autore di prosa e saggistica, nel 1996 arriva l’importante riconoscimento Malyj Buker per il racconto lungo “Trepanacija Čerepa” (“La trapanazione del cranio”). Nel 1998 esce il libro Poetičeskaja kuchnja (Cucina poetica), raccolta di saggi e articoli sulla poesia. Nel 2002 pubblica il romanzo ([Lacuna]), che alla Fiera internazionale del libro di Mosca è definito “opera in prosa dell’anno”. Numerosi i suoi riconoscimenti letterari, tra cui il prestigioso Premio Poet nel 2010. Le sue poesie sono tradotte nelle maggiori lingue europee, in cinese e giapponese.