ESTER
Il fasto del re persiano Serse
la corte prodiga e dissoluta di Susa
-stupore, scandalo, meraviglia diffusa-
alimentavano nel regno
la leggenda della sua grandezza.
Il mio popolo
asservito dai Babilonesi
nell’impero achemènide
crogiuolo di razze
lingua, cultura, religione
osservava i precetti del suo Dio.
Orfana di genitori ebrei
io, Ester, adottata dallo zio Mardocheo
con affetto allevata
alla fede dei padri, ero educata:
lui assegnato alla reggia, tra le guardie di palazzo.
Di due di loro conobbe il complotto
per assassinare il sovrano:
sventato l’attentato
più alti onori ottenne da Serse.
Colpevole Aman della congiura:
l’uomo perdente, non pagò niente
ma implacabile nemico
abile serpente
nascosto nell’ombra, giurò
di vendicare il fallimento.
A mostrare la sua gloria
conviti per sei mesi Serse imbandì
principi, nobili e prefetti
da ogni capo dello sterminato impero
accorsero a ossequiare il condottiero;
sfoggio di ricchezza e lusso
negli arredi dei palazzi, tra le pieghe delle vesti
nei ceselli dei gioielli.
Vasti era la sua regina:
per onorare gli ospiti, adorna di corona
drappeggiata in abiti sfarzosi, alla mensa imbandita
il re ne ordinò la presenza
degno corollario al trono di Persia
ornamento senza pari
bellezza invidiata, da aggiungere
alla lista.
Ma Vasti rifiutò orgogliosa
di assistere al banchetto, come un trofeo:
la dignità ferita, oppose un no ingiurioso allo sposo potente.
Non era
un ninnolo da ostentare.
Il gesto clamoroso, la rifiuto inaudito
suscitò scalpore indignato;
se altre mogli l’avessero eletta
a modello?
L’ordine sovvertito, sconfessata
l’autorità di ogni marito!
Punita la ribelle con l’esilio, accanto a Serse
al posto della spodestata regina
verrà un’altra proclamata.
Tra le prescelte, Mardocheo inserì anche me
sognando che servissi al riscatto
del nostro popolo umiliato.
Per essere ammessa al cospetto del re
dodici mesi durò l’istruzione:
passai questo tempo, con preoccupazione
nelle stanze lussuose dell’harem.
Ero vestita della mia bellezza
quando fui presentata al sovrano.
Timore, ossequio, deferenza,
provai davanti a colui che aveva in mano
il destino di ogni essere umano;
ebbi la sorte di piacergli.
Nominata regina, varcai il portone della reggia
il disegno divino
apriva la strada, per smascherare il criminale
empio magheggio.
Aman divenuto potente,
preparava la vendetta contro mio zio;
fomentò l’ostilità verso i giudei
refrattari all’autorità regale, fedeli solo al loro Dio.
Serse governava con mitezza e giustizia
gli sconfinati domini: assicurare la pace
voluta da tutti i mortali, fino ai lontani confini
era la sua priorità.
Emanò un editto
gettando nello sconforto la mia gente:
ne decretava lo sterminio
ai governatori, ai satrapi, ai vassalli
da un capo all’altro dello smisurato regno.
“È questo ciò che desideri, Signore?” piangevo
stracciandomi le vesti, sul capo la cenere, l’orrore nel cuore.
Io stessa non ero al sicuro
Serse ignorava le mie origini.
Digiunai
tre giorni pregai, chiedendo a Dio con fede
un ascendente sul re:
in gioco, un intero popolo
colpevole di non piegarsi ai falsi idoli.
La loro salvezza, dipendeva da me,
dal ruolo che avrei assunto.
Serse esigeva obbedienza
sottomissione: benefici, consensi
elargiti sulla spinta di passioni
momentanee e ardenti.
Travolgerlo con la seduzione, far vibrare
i suoi sensi
ottenerne il favore:
la generosità del sovrano era nota
la esprimeva con liberalità e grandezza.
La mia unica arma era la bellezza
così l’avevo conquistato:
quindi osai il tutto per tutto, comparendo in sua presenza
senza invito.
Per l’audacia
rischiai la morte, ma dal sovrano affascinato, ottenni il dono
di chiedere qualunque cosa,
fosse pure la metà del regno.
Svelai il complotto iniquo:
metteva a repentaglio l’influenza stessa
del re; ingannato dal perfido visir
ne minava la supremazia.
Fui convincente.
Serse condannò Aman il potente, lo sostituì
il prudente Mardocheo.
L’editto indegno venne modificato,
Acclamata regina persiana
le radici non ho mai rinnegato
Serse mi amò più di tutte. Più di lui
ho amato il mio Dio.
Mediando con la bontà
ho ottenuto concessioni, giustizia: il potere
da solo non paga.
La fede nella luce divina, è guida di verità.
Il Signore tese orecchio clemente
alla voce vibrante di una donna
disperata, isolata
elargì la Grazia del Suo aiuto.
Io l’orfana, povera e umile Ester,
usai l’ascendente concesso dal re
per volgere in bene, il male:
ancora oggi si festeggia, col Purim
il pericolo scampato da Israele.
NOTA
Ester, giovane di rara bellezza, conquista Serse, il grande re persiano: ottiene da lui la possibilità di rivalsa per il suo popolo, salvandolo dallo sterminio. La festa del Purim, giorno di gioia, è il ricordo dello scampato pericolo.
Da: “D’ombra e sabbia” di Mariù Safier
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Mariù Safier, giornalista, ha lavorato al Giornale Radio Rai, al Cciss e al Gr Parlamento. Ha collaborato con numerose testate nazionali. Scrive per il settimanale “Confidenze” storie vere e romanzi.
È autrice di biografie sulle donne di Casa Savoia: la Regina Margherita, la Principessa Mafalda, morta a Buchenwald e Jolanda Calvi di Bèrgolo; ha raccolto le memorie di Enrico d’Assia, nipote degli ultimi re d’Italia, nel libro-documento “Villa Polissena”.
Tra i volumi di narrativa “324 Giorni d’amore” Premio San Valentino nel 1999. È appena uscito il suo romanzo “L’ultima rosa d’estate”.
Ha completato due inediti di Liala “Con Beryl perdutamente” e “Un ballerino in paradiso”.
Per il teatro, ha scritto “Nel Tempo e nella Memoria” Premio Donne e Teatro 2012; ha messo in scena la biografia della Beata Maria Cristina di Savoia, Regina delle Due Sicilie. Per la Radio Vaticana, ha realizzato “ Intervista impossibile a D.” e “Storia di Sara”.
Il volume “Il Fuso e la Rocca” raccoglie le sue poesie. “D’ombra e sabbia” racconta in versi la storia di 15 protagoniste della Bibbia.