Le Gallerie Nazionali di Arte Antica presentano fino al 17 febbraio 2019, nella sede di Galleria Corsini a Roma, la mostra Guido Reni, i Barberini e i Corsini. Storia e fortuna di un capolavoro, a cura di Stefano Pierguidi.
L’esposizione ruota intorno a uno dei quadri più emblematici della storia della collezione delle Gallerie Nazionali: la Visione di sant’Andrea Corsinidi Guido Reni, commissionata dai Corsini per la canonizzazione del santo vissuto nel Trecento, avvenuta nel 1629 durante il pontificato di Urbano VIII Barberini.
Il capolavoro di Reni, oggi agli Uffizi, era ospitato nelle sale di Palazzo Barberini fino al 1936, quando passò ai Corsini di Firenze.
In mostra viene messo a confronto, per la prima volta, sia con la replica eseguita nel 1732 da Agostino Masucci, rimasta in via della Lungara e realizzata per la versione musiva voluta da Papa Clemente XII, al secolo Lorenzo Corsini, per l’altare della cappella di famiglia in San Giovanni in Laterano (1730), sia con il dipinto conservato alla Pinacoteca Nazionale di Bologna, opera di Reni stesso, che ritrae il Santo in altre movenze. Quest’ultima opera arriverà in mostra dopo un accurato restauro finanziato dalla Gallerie Nazionali Barberini Corsini.
L’opera proveniente dagli Uffizi è un capolavoro paradigmatico della devozione seicentesca, con rimandi a Raffaello e all’Antico, in una formula alternativa al Barocco più tuonante di Bernini e Pietro da Cortona. Reni, dopo un confronto con il naturalismo di Caravaggio, si muove poi verso una pittura via via più rarefatta, approdando negli ultimi anni della sua carriera a preziosi accordi cromatici, di lillà e aranci, quali quelli che si ammirano nella sua seconda interpretazione del Sant’Andrea Corsini, più tarda di dieci anni.
Lo sperimentalismo tecnico di Reni, pittore che lavorò tanto ad affrescò quanto ad olio, su tela, rame, pietra di paragone e persino su seta, sarà analizzato nella seconda sezione della mostra. Già dalla prima metà del Seicento e per tutto il Settecento le sue opere, come visto con il Masucci, vennero replicate in mosaico e in arazzo.
Da Palazzo Barberini arriva il Putto dormiente di Reni ad affresco staccato dal muro e ancora provvisto della sua cornice fatta eseguire appositamente dal cardinale Francesco Barberini nel 1629, che attesta dell’eccezionale fortuna collezionistica del maestro, e della particolare predilezione che per lui ebbero i Barberini.
In mostra si potranno ammirare anche la versione musiva, opera dello specialista Giovanni Battista Calandra, del Ritratto del cardinale Roberto Ubaldini eseguito da Reni e la Sibilla Persica in mosaico, oggi appartenente alla collezione di Palazzo Pitti a Firenze, attestata nel Settecento nel palazzo di via della Lungara. È un capolavoro di Mattia Moretti il quale lavorò anche su cartoni di Masucci, per i mosaici inviati in Portogallo.
Per l’occasione sarà pubblicato un catalogo illustrato, edito Officina Libraria, con testi del curatore.