Nota di Fabio Izzo
John Milton nacque a Londra nel 1608. In vita frequentò l’Università di Cambridge e, una volta abbandonati i suoi studi, si dedicò con passione alla lettura dei più famosi scrittori latini e inglesi, iniziando a scrivere poesie egli stesso. Quando re Carlo I fu ucciso, Milton divenne “Segretario latino per il Consiglio di Stato di Cromwell”. Purtroppo però, poco dopo, nel 1652, a causa dei suoi occhi deboli, provati da anni di letture a lume di candela, divenne cieco. Paradossalmente anche se vecchio, cieco, avendo visto il fallimento di tutte le sue speranze, cominciò qui il suo periodo più creativo, dove scrisse i suoi capolavori, tra cui il poema epico Paradise Lost, pubblicato in una prima edizione di 10 volumi nel 1667, i cui diritti furono venduti per dieci sterline, e in una seconda edizione di 12 volumi nel 1674. Milton era un appassionato visitatore del nostro paese e profondo conoscitore, così nel 1655 scrisse “Sul tardo massacro in Piemonte“, un sonetto ispirato alle Pasque Piemontesi, cioè al massacro dei valdesi in Piemonte da parte delle truppe di Carlo Emanuele II, duca di Savoia, nell’aprile del 1655. Le Pasque piemontesi sono le persecuzioni di cui furono vittima i valdesi delle cosiddette valli Valdesi, in special modo nell’anno 1655, ad opera dell’esercito del Ducato di Savoia. Le campagne militari, fermate poi da un movimento di opinione internazionale, a cui contribuì Milton stesso con il suo poema, portarono alla morte, secondo fonti valdesi, di 1712 persone, dando inizio alle guerre sabaudo- valdese.
Riguardo il passato in Piemonte
Vendica, o Signore, i tuoi santi massacrati, le cui ossa
Giacciono sparse sulle fredde montagne alpine.
Nemmeno coloro che mantennero la verità anticamente pura,
Quando tutti i nostri padri adoravano ceppi e pietre,
Devi dimenticare: nel tuo libro registra i loro gemiti
Che furono le tue pecore, e nel loro antico gregge
Assassinato dal Piemonte sanguinario, che ha fatto rotolare
Madre e figlio giù dalle rocce. I loro lamenti
Le valli raddoppiarono alle colline, e loro
Al cielo. Il loro sangue martoriato e le loro ceneri si seminano
Sopra tutti i campi italiani, dove governa ancora
Il triplo tiranno; quelli da cui possano crescere
Cento greggi, che, avendo imparato nel tuo modo,
Presto possono volare oltre il dolore Babilonese.
On the Late Massacre in Piedmont
Avenge, O Lord, thy slaughtered saints, whose bones
Lie scattered on the Alpine mountains cold,
Even them who kept thy truth so pure of old,
When all our fathers worshiped stocks and stones;
Forget not: in thy book record their groans
Who were thy sheep and in their ancient fold
Slain by the bloody Piedmontese that rolled
Mother with infant down the rocks. Their moans
The vales redoubled to the hills, and they
To Heaven. Their martyred blood and ashes sow
O’er all th‘ Italian fields where still doth sway
The triple tyrant; that from these may grow
A hundredfold, who having learnt thy way
Early may fly the Babylonian woe.
Milton volge quindi in suo sguardo impietoso ad un massacro di protestanti in Piemonte, una delle più sanguinose e dimenticate tragedie della storia religiosa. Milton invoca potentemente fin da subito una maledizione antica, con riferimenti, vista la presenza del numero tre all’anticristo. Il tema affrontato è quello religioso, anche se qui nella visione di Milton la religione viene invitata a promulgare la giustizia. L’ispirazione, di origine biblica, è legata all’Antico Testamento e al Nuovo Testamento. All’interno del componimento vengono paragonati il tema della vendetta dell’Antico Testamento al tema della rigenerazione del Nuovo Testamento. Il più esplicito riferimento al tema della Vendetta lo si trova all’inizio “Vendica, o Signore”, questo potrebbe essere un riferimento a Luca 18: 7, un versetto della Bibbia che parla, per l’appunto, della vendetta. La punizione divina viene invocata per il “triplice tiranno” e per tutti coloro che hanno partecipato (“maledetto piemontese”) all’uccisione avvenuta sui monti. Ma perché dovremmo leggere oggi un poema dedicato ad un massacro se non si è interessati alla storia della Chiesa? Per il semplice motivo che questa opera di Milton è un raro esempio di poesia capace di reagire prontamente ad un evento emotivo, senza però scadere in un’emotività di primo acchito, superficiale e di effetto. E poi perché non è di solo rabbia che vive e pulsa questo poema che, sfumando, gradualmente, raffreddandosi con maestria nelle parole, ci insegna a passare dai fiumi di sangue alle richieste della logica, attraverso l’uso poetico della parola, cosa che, tutti noi, dovremmo davvero imparare.Il sonetto di Milton è composto in pentametro giambico, con dieci sillabe per linea, e consiste delle consuete 14 linee. Curiosamente, i componimenti poetici di Milton, non seguono la forma sonora inglese (quella Shakespeariana), ma la forma originale italiana (Petrarchismo), così come altri poeti inglesi prima di lui (ad esempio Wyatt) e dopo di lui (ad esempio Elizabeth Browning). Questo sonetto segue lo schema di rima ABBA, ABBA, CDCDCD. Nella terza quartina questo cambia e il poema rivela chi c’è dietro il massacro: il “triplo tiranno”, un riferimento al papa con la sua tripla corona.
Milton è un poeta molto citato nei media americani, serie tv e film, anche se è di difficile lettura per via della sua voce che ricorda i profeti dell’Antico Testamento portando nelle sue opera una rabbia che procede imperterrita come l’ira di Dio. Inoltre, di raro, si è occupato di piccole questioni personali, si è quasi sempre concentrato su questioni spirituali e politiche. Con le sue opere, quasi da solo, ha portato l’epopea moderna nella lingua inglese