“Cartoline al tuo silenzio”

ESTRATTI

Qualcuno ha telefonato in piena notte,

mi cercava, ma non ho fatto in tempo

e nella cornetta, tra un tu tu e l’altro,

mi è sembrato ci fosse un fruscio

o un volteggiare frenetico

come ali di insetti contro un vetro.

 

Subito ho pensato alla casa sul porto,

allo sciame di api che assediano il terrazzo

e a te che non chiami da troppo tempo.

Allora ho ripreso in mano il telefono

per domandarti se poco fa,

mentre dormivo…

 

In tutti questi anni, che potrei riassumere

in decine di sogni con noi due abbracciati

e squassanti risvegli solitari, ti ho sentita

così vicina e viva in ogni momento

che molte volte lo dimentico:

non sei più raggiungibile

e non puoi telefonare da nessuna cabina,

 

o almeno è quello che molti credono.

 

(da Prove del diluvio, 2017)

***

 

Per alcuni anni, prima di addormentarmi,

ho sperato sarebbe venuto a prendermi

come davanti al portone della scuola

quando gli consegnavo la cartella

e m’aggrappavo al suo braccio.

 

che abbiamo guardato e molto non guardato

Sarebbe stato là, sul marciapiede,

m’illudevo, distante da tutti e fumando,

ma niente, nemmeno la brace della sigaretta

a luccicare nel buio dove lo immaginavo.

 

Poi in un’alba livida e piena di vento,

quando ormai non ci contavo più,

si è aperta e richiusa la porta dove dormivo

e l’ho visto: era lì, ai piedi del letto,

che mi aspettava fumando.

 

(da Hotel degli introvabili, 2014)

 

***

 

Non sono previste fermate intermedie

in questo lungo viaggio a ritroso

su cui sono salito al volo

 

come un fuggiasco dalle prove del diluvio

o un clandestino senza documenti e biglietto.

Ogni tanto fumo e mi affaccio al finestrino

 

dove il paesaggio fugge via spaventato.

Forse un avamposto dell’altro mondo

e penso che ho fatto il mio tempo,

 

dato tutto il peggio e il meglio.

Tiro il freno d’emergenza,

saluto tutti e scendo.

 

(da Prove del diluvio, 2017)

 

***

 

Mi preparo a un viaggio

chissà per dove

sapendo

 

che non ritornerò più quello che sono,

ma qualcosa di diverso nell’aspetto e nel linguaggio.

Sarò energia pura, polvere o vapore acqueo

 

e parlerò con il fruscio della brezza

tra le tende di un terrazzo

all’ultimo piano

 

del Residence Cielo.

 

(da Residence Cielo, 2018)

SU STEFANO SIMONCELLI
di Giovanni Nacca

Nel panorama letterario italiano degli ultimi decenni si è finalmente proceduto ad una generale, quanto doverosa, riconsiderazione delle esperienze poetiche del recente passato, finendo col ridisegnare una nuova mappa della poesia e dei suoi protagonisti. In tale processo di risistemazione, alcuni poeti, un tempo definiti “minori”, sono oggi – anche grazie a un rinnovato lavoro critico – ampiamente riconosciuti, per il valore delle loro opere e per la loro originalità. Tra questi, alcuni poeti di area romagnola, pur senza operare un taglio netto con la tradizione, nonostante la turbolenza politico-ideologica degli anni ’70, seppero dar vita a un cenacolo letterario dagli esiti artistici notevoli e attingere a quella continuità in profondo e alla vastità del tempo che caratterizzano la vera letteratura.

Un posto di rilievo è occupato da Ferruccio Benzoni, Stefano Simoncelli e Walter Valeri che, giovani sognatori, ma già arsi dal demone della poesia, diedero vita nel 1973, a Cesenatico, alla rivista di letteratura e politica «Sul Porto», che ben presto meritò attenzioni e collaborazioni di personaggi prestigiosi come Pier Paolo Pasolini, Vittorio Sereni, Giovanni Raboni, Attilio Bertolucci, Franco Fortini, Giorgio Orelli e molti altri.

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Stefano Simoncelli, (Cesenatico, 1950). Dopo aver fatto parte della rivista «Sul Porto», collaborando col suo ideatore, il poeta Ferruccio Benzoni (1947 – 1997), pubblica diverse raccolte tra cui Via dei Platani (1981), Giocavo all’ala (2004), Terza copia del gelo (2012), Hotel degli introvabili (2014), Prove del diluvio (2017) e Residence Cielo (2018).

La scrittura di Simoncelli è un costante perlustrare le fredde e inospitali terre della scomparsa, dell’assenza infinita di chi ci ha lasciato per sempre. Nell’impossibilità di cicatrizzare le ferite, lo sguardo interiore del poeta si risolve in un intreccio felice e assoluto tra vita e parola poetica. Un intreccio in cui, nonostante il disagio esistenziale, si snoda un dialogo commosso con gli assenti, capace di rischiarare l’irrefrenabile desiderio della vita.

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