1.
O forse la felicità
è solo degli altri, d’un altro tempo,
d’un’altra vita e a noi non è possibile
che recitarla come viene viene,
a soggetto, ostinandoci a inseguire
la parte di noi stessi
in un vecchio, bizzarro canovaccio
senza capo né coda…
2.
Infinitamente mi piacerebbe
suonare il pianoforte, e qualche volta
con poca modestia considero
che se in tempo di guerra
non avessi, causa i bombardamenti,
interrotto per sempre le lezioni
tanto volute da mia madre
a compenso o rivalsa, ora lo so,
d’un suo remoto sacrificio
a quest’ora, chissà… Ma poi mi dico
che è di un’altra delle sue passioni
che mi sono, come ho potuto,
fatto carico – e penso che a rifletterci
in ogni caso è proprio questo
da quando lei è morta
il modo in cui amo le cose
che amo di più, restandone alla larga,
avendone un po’ di paura,
credendoci ma sempre di sfuggita,
come credo all’esistenza di Dio.
Giovanni Raboni, da: Barlumi di storia, Mondadori, Milano, 2002
Giovanni Raboni (Milano, 1932; Fontanellato, 2004), è tra i più autorevoli poeti italiani del secondo Novecento. Legato nel profondo alla città di Milano, ma capace di esperire un orizzonte culturale di vasto respiro (geografico e linguistico), è stato autore di saggi di critica letteraria ed ha tradotto alcuni dei maggiori capolavori della letteratura francese (e non solo). Barlumi di storia (Mondadori, 2002) è la sua ultima raccolta poetica.
La scelta delle poesie di Giovanni Raboni è a cura di Emanuele Franceschetti