GHIANNIS RITSOS, QUARTA DIMENSIONE
commento di Bianca Sorrentino
Il fascino struggente della rovina, il passato che si sgretola e solo nel ricordo conserva il suo splendore, due donne che imbiancano, ma la cui nobiltà non avvizzisce. La Signora in Nero ed Elena, arcane figure del mito, rivivono in una Grecia muta e arrugginita; come fantasmi di una libertà lontana, le creature di Ritsos non rinunciano alle parole e travolgono con il loro dire l’interlocutore silenzioso, riscattando così quel gravoso tacere che la dittatura impone al poeta.
Estratto da LA SONATA AL CHIARO DI LUNA
Lasciami venire con te. Che luna stasera!
La luna è buona – non si vedrà
che si sono imbiancati i miei capelli. La luna
me li farà di nuovo biondi. Non te ne accorgerai.
Lasciami venire con te.
Con la luna ingrandiscono le ombre nella casa,
mani invisibili tirano le tende,
un dito pallido scrive sulla polvere del piano
parole dimenticate – non le voglio sentire. Taci.
Lasciami venire con te
poco piú avanti, fino al recinto del mattonificio,
fin dove la strada svolta e appare
la città d’aria e di cemento, calcinata dal chiaro di luna,
cosí indifferente e immateriale,
cosí positiva, quasi metafisica,
che puoi finalmente credere che esisti e non esisti
che non sei mai esistito, non è esistito il tempo con la sua rovina.
Lasciami venire con te.
Ci sederemo un poco sul muretto, sull’altura,
e rinfrescandoci al vento di primavera
forse immagineremo pure di volare,
perché spesso, e perfino ora, sento il fruscío della mia veste
che pare il battito di due ali forti,
e quando ti chiudi in questo rumore del volo
senti irrigidirsi il collo, i fianchi, la tua carne,
e cosí stretto nei muscoli del vento azzurro,
nei nervi robusti dell’altezza,
non ha importanza che tu parta o torni
né conta che i miei capelli siano bianchi,
(non è questo che mi dà pena – mi dà pena
che non mi s’imbianchi anche il cuore).
Lasciami venire con te.
Lo so, ciascuno cammina da solo verso l’amore,
solo verso la gloria e la morte.
Lo so. L’ho provato. Non giova a niente.
Lasciami venire con te.
Ghiannis Ritsos nella traduzione di Nicola Crocetti (Crocetti Editore, 2013)
Estratto da ELENA
Ora non mi vengono piú da sole le parole; – le cerco, come se traducessi
da una lingua a me ignota – e tuttavia traduco. Tra le parole,
o dentro le parole stesse, restano fori profondi; guardo attraverso questi fori
come se guardassi attraverso i nocchi caduti dalle assi di una porta
sbarrata, inchiodata da secoli. Non vedo niente.
[…]
Oh, questo esilio dentro i nostri stessi abiti che invecchiano,
dentro la nostra stessa pelle che avvizzisce; mentre le nostre dita
non riescono piú a stringere, a reggere intorno al nostro corpo
neppure la coperta, che si solleva da sola, si disfa, scompare, lasciandoci
scoperti di fronte al vuoto. Allora la chitarra appesa al muro,
dimenticata da anni, le corde arrugginite, comincia a tremare
come trema il mento di una vecchia per il freddo o la paura, e devi
mettere la mano sulle corde per arrestarne
il tremito contagioso. Ma non trovi la mano, non hai piú mano,
e dentro di te senti che è il tuo mento che trema.
[…]
io, lassú, sulle mura, sopra le teste dei mortali, aerea, carnale,
senza appartenere a nessuno, senza avere bisogno di nessuno,
come se fossi (nella mia indipendenza) tutto quanto l’amore – libera
dal timore della morte e del tempo, con un fiore bianco tra i capelli,
con un fiore tra i seni, e un altro tra le labbra per nascondere
il sorriso della libertà.
[…]
… E quella scena, sulle mura di Troia – che fossi davvero ascesa al cielo
lasciandomi cadere dalla bocca…? – A volte mi avviene ancora di provare,
distesa qui sul letto, ad aprire le braccia, ad alzarmi
in punta di piedi − a poggiare i piedi in aria – il terzo fiore –
Ghiannis Ritsos nella traduzione di Nicola Crocetti (Crocetti Editore, 2013)
_____
Ghiannis Ritsos nacque a Monemvasià nel 1909. Durante la guerra civile e la dittatura dei Colonnelli (1967-1974) fu ripetutamente incarcerato e deportato nei “campi di rieducazione nazionale”, ma restò sempre fedele ai suoi ideali di libertà e di giustizia sociale. L’impegno politico ebbe un’importanza centrale anche nella sua poesia, ma in Ritsos risuonano tutte le note, dolenti e gioiose, della grecità. Ottenne numerosi riconoscimenti internazionali di grande prestigio, e fu candidato per anni al Premio Nobel per la Letteratura. Le sue poesie e molti suoi lavori teatrali sono stati tradotti in tutte le lingue europee.
Dotato di un’incredibile facilità di versificazione, Ritsos è autore di oltre cento raccolte, tra le quali Epitaffio (1936); Quando arriva lo straniero (1958); Le vecchie e il mare (1959); Sotto l’ombra del monte (1962); Dodici poesie per Kavafis (1963); Pietre Ripetizioni Sbarre (1972); Quarta dimensione (1972); Diario d’esilio (1975); Erotica (1980-81). Ha inoltre tradotto Tolstoj, Hikmet, Majakovskij, un’antologia di poeti rumeni e una di poeti cecoslovacchi. È morto nel 1990. È stato tradotto nelle principali lingue del mondo. Numerose le traduzioni in italiano, la maggior parte delle quali dovute a Nicola Crocetti.