Commento di Fabrizio Fantoni
“A una prima occhiata Kavafis sembra autore di poemi conviviali come ne scrissero Pascoli e Rilke: poemetti d’intonazione neoclassica, e sia pure con sentimento moderno. Ma le somiglianze si fermano all’esteriorità perché Kavafis è un vero alessandrino nello spirito e nella carne, del tutto alieno da quei ripensamenti umanistici che sono sempre alle radici di ogni classicismo autentico”.
In queste parole, tratte da un articolo di Eugenio Montale apparso sul Corriere della sera nel 1955 è possibile rintracciare le ragioni che spinsero il grande poeta italiano – premio Nobel nel 1975 – ad interessarsi, in modo sempre più crescente, dell’opera di Kavafis.
Costantino Kavafis è, per Montale, un autore in grado di coniugare il passato con il presente, un vero “alessandrino” capace di rinnovare la letteratura greca sottraendola a “quei ripensamenti umanistici che sono sempre alle radici di ogni classicismo autentico”.
In questa prospettiva la poesia di Kavafis si fa specchio del modo con cui Montale guarda alla Grecia contemporanea, considerandola non tanto come patria di un’antica e perduta cultura ma come una civiltà in continua evoluzione che ricopre un ruolo essenziale nello sviluppo culturale europeo.
Costantino Kavafis
In un famoso testo dedicato alla Grecia dal titolo “Sulla via sacra”, contenuto nella raccolta di racconti di viaggio “Fuori di casa” edita nel 1969, Montale afferma: ” è un errore venire qui con l’animo di chi entra in un museo. Bisognerebbe diradare la cortina affascinante, e talvolta paurosa, delle immagini che si vedono, delle forme che si toccano, per entrare nel vivo di questa Grecia d’oggi, per conoscere gli uomini, per apprendere com’essi vivano, che cosa possano ancora darci e che cosa possiamo apprendere da loro. Per conoscere, insomma, se c’è una Grecia viva accanto alla terra dei morti che si può studiare e amare stando chiusi in una biblioteca”.
Paradigmatica dello stretto rapporto che unisce I due autori è la poesia di Montale intitolata “leggendo Kavafis” contenuta nella raccolta “Quaderno di quattro anni” (Mondadori 1977).
In questo testo Eugenio Montale mette ironicamente a confronto la condizione esistenziale dell’imperatore romano Nerone -evocato da kavafis nella poesia “i passi”- con quella del poeta moderno.
Come Nerone anche il poeta montaliano giace nel letto ed avverte l’incombere di minuscoli passi intorno a lui. Ma questa innocua minaccia -che si rivelerà essere un topolino- non può provocare alcun turbamento al poeta che vive la sua vita serenamente, non attendendo “ulteriori orrori /oltre i conosciuti”.
Leggendo Kavafis
di Eugenio Montale
Mentre Nerone dorme placido nella sua
traboccante bellezza
i suoi piccoli lari che hanno udito
le voci delle Erinni lasciano il focolare
in grande confusione. Come e quando
si desterà? Così disse il poeta.
Io, sovrano di nulla, neppure di me stesso
senza il tepore di odorosi legni
e lambito del gelo di un aggeggio
a gasolio,
io pure ascolto suoni tictaccanti
di zoccoli e di piedi, ma microscopici.
Non mi sveglio, ero desto già da un pezzo
e non mi attendo ulteriori orrori
oltre i già conosciuti.
Neppure posso imporre a qualche famulo
di tagliarmi le vene. Nulla mi turba. Ho udito
lo zampettìo di un topolino. Trappole
non ne ho mai possedute.
I passi
di Costantino Kavafis
Sul letto d’ebano, adornato
di coralline aquile, greve dorme
Nerone: incosciente, tranquillo, felice;
prospero nella vigoria della carne
e nel bel rigoglio della giovinezza.
Ma nella teca alabastrina, che racchiude
l’antico l’arario degli Enobarbi,
come inquieti sono i suoi Lari!
Tremano le piccole domestiche divinità,
tentando di celare i loro minuscoli corpi.
Perché udirono un suono sinistro
funesto rumore che sale la scala,
passi ferrigni che scuotono i gradini.
E ora i piccoli Lari vengono meno
si nascondono nel fondo del larario,
l’uno contro l’altro si urtano e si spingono
e l’un piccolo dio sull’altro cade;
perché hanno capito quale suono sia,
hanno sentito i passi delle Erinni.
Traduzione G. Morelli
Grazie Fabrizio Fantoni. Due personalità, secondo me, diverse ma speculari. In Montale grande ” … io sovrano di nulla…”. Le Erinni, se ricordo Dee della vendetta ,
vengono ridimensionate ed immerse in una Grecia sicuramente più attuale e, soprattutto, VIVA. . Questo ho avvertito leggendo entrambe le poesie accompagnata dalla sua splendida presentazione. Grazie!
Grazie Doriana. Fabrizio Fantoni ti risponderà. Grazie del tuo commento, intanto.
Grazie Doriana per la tua lettura che condivido.
Fabrizio Fantoni