LA LINGUA FEBBRILE DI MARINA CVETAEVA
COMMENTO DI LUIGIA SORRENTINO
I Sette Poemi scritti da Marina Cvetaeva fra il 1924 e il 1926 tentano di tracciare una Storia, quella di Marina, durante la prima fase dell’emigrazione. I poemi scelti, Sette su Ventuno, disegnano il mondo interiore della poetessa con una lingua febbrile, eretta, tramata da premonizioni.
OGNI PAROLA DETTA COME SE FOSSE L’ULTIMA
Marina Cvetaeva ha descritto la poesia lirica come una linea tratteggiata, fatta di lacune bianche che mozzano il fiato, in cui manca l’aria e si mima la morte.
Ecco che qui, l’inconfondibile voce di Marina si espande nella linea tratteggiata che va nella direzione dell’assoluto, un assoluto costretto, fra estasi e indignazione, come respiro sincopato “coacervo di ferite“.
Marina Cvetaeva nasce a Mosca nel 1892. Moglie di un ufficiale «bianco », dopo la rivoluzione lascia la Russia e si stabilisce prima a Praga, poi a Parigi. Rientra in Unione Sovietica nel 1939. Muore suicida due anni dopo. Einaudi ha pubblicato la raccolta di poesie Sette poemi (2019), a cura di Paola Ferretti.