Sergio Solmi, la misura del verso

Sergio Solmi

La vita sbaglia i tempi, i modi, perde
gli appuntamenti e ride
pazza sotto la benda. Il vento asciutto
di marzo spegne i richiami, la sua
logica regge solo il filo d’erba,
la nube in cielo, il futile incresparsi
dell’onda, ma l’informe anima ignora.
Pure, a fil d’orizzonte, oggi è perfetta
la lieve sfera del mattino, bolla
felice d’aria, il tempo è in alto asceso,
più non stride l’antica
macchina di dolore, oggi che un pigro
aeroplano ronza a fior del prato,
riposa nel bicchiere sulla pietra
un vino troppo dorato e svanito,
e a me giunto stavolta inaspettato,
spirito vagabondo, quando il sauro
è balzato, salpata
la bella nave dai palvesi alzati
per entro la brumosa lontananza,
come in un soffio, tu mi sei vicino.

(1945)

Sospirata parola, che alla fine
mi sei giunta, m’hai colto
in un momento di disattenzione,
e ti vuoi improvvisa, non cercata,
sfuggente al gesto raro, alla misura
esorbitante. D’una riga t’orli
di mare, gonfi in nube, ti dibatti
come colomba, sorgi in cima al semplice
respiro della voce, all’indolente
mano che ti scandisce ed urgi – trepida
cosa tra cose – a collocarti in questa
calda, screziata, precisa esistenza.

(1950)

Sergio Solmi, nato a Rieti nel 1899, è morto a Milano nel 1981. È stato poeta, saggista, traduttore, con particolare attenzione alla letteratura francese e a Giacomo Leopardi. Nel 1922 fonda (insieme a Giacomo Debenedetti e Mario Gromo) la rivista letteraria «Primo Tempo». Laureato in Giurisprudenza e attivo come consulente giuridico, ha saputo coniugare vocazione civile (partecipa attivamente alla resistenza, pagando tale scelta con la detenzione) e vocazione letteraria. Due volte vincitore del premio Viareggio, la sua produzione poetica è raccolta in un volume (Poesie 1924-1972) curato da Lanfranco Caretti per Mondadori, nel 1978.

La scelta delle poesie di Sergio Solmi è di Emanuele Franceschetti

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