MIMMO PALADINO
«L’Arte è qualcosa che arriva in maniera casuale. E’ qualcosa che arriva da un’altra parte, ma i riferimenti non sono ideali, sono reali, fisici.»
MIMMO PALADINO
«L’opera d’arte sottolinea con delle date la propria epoca. Poi passano i secoli e la data la si può dimenticare, perché non potremmo guardare nella contemporaneità le opere di un artista come Caravaggio che le ha realizzate molti secoli prima.»
COMMENTO DI LUIGIA SORRENTINO
Per Mimmo Paladino, nato a Paduli nel 1948 ma vissuto a Napoli, l’arte è un combattimento: un corpo a corpo con la materia da forgiare, plasmare, modellare. Fin dagli anni ’80 l’artista mette in scena e in dialogo pittura e scultura, introducendo nella superficie del quadro forme e oggetti di recupero della memoria. Le sue sculture rimandano a una statuaria primordiale assorta in una calma straniante, una metafisica ancestrale, sciamanica, arcaica, ricca di riferimenti al mito, all’immaginario archetipico. Ecco dunque apparire frammenti di figure, mani, teste, elementi di una poetica che fonde spazi e epoche diverse, definendo un alfabeto di segni molto riconoscibili, che però non hanno un significato di senso univoco. Per Paladino l’artista dà vita a una materia informe che preesiste a lui. E’ un demiurgo, un essere dotato di capacità creatrice e generatrice, senza la quale “è impossibile che ogni cosa abbia nascimento”. Il demiurgo per eccellenza per Paladino è Don Chisciotte: “colui che vede cose che altri non vedono”.
IL MONDO DI MIMMO PALADINO
di Luigia Sorrentino
(durata 12’40”)
Paduli, 11 maggio 2019
L’INTERVISTA A MIMMO PALADINO TRASMESSA DA RAINEWS24
Mimmo Paladino nel 1981 risponde alla chiamata del famoso gallerista napoletano Lucio Amelio (1931-1994) e partecipa con Joseph Beyus, Andy Warhol, Robert Mapplelthorpe, Michelangelo Pistoletto, Jannis Kounellis, Enzo Cucchi e altri artisti di diversa nazionalità, alla mostra “Terrae Motus” a Villa Campolieto (Ercolano). La collezione, istituita subito dopo il terremoto dell’Irpinia del 23 novembre 1980 che colpì Campania e Basilicata, rappresenta in modo esaustivo l’arte contemporanea degli anni Ottanta, arte che Lucio Amelio definisce di per sé “un terremoto”. Le opere della collezione raccolte per la mostra sono oggi in esposizione alla Reggia di Caserta. Furono donate alla Reggia con testamento dallo stesso Lucio Amelio.
Nel 1990 Paladino sperimenta per la prima volta la scenografia, realizzando, per La sposa di Messina di J.C.F. Schiller a Gibellina, la Montagna di sale, memorabile installazione poi riproposta in piazza del Plebiscito a Napoli (1995-96) e successivamente in Piazza del Duomo a Milano (2011).
Nel 2000 firma la scenografia dell’ Edipo Re, diretto da Mario Martone, esperimento di collaborazione tra teatro e arti visive rinnovato con l’ Edipo a Colono (2004), due interventi che valgono a Paladino il premio Ubu. All’insegna dello sconfinamento in altre forme artistiche, oltre alla fotografia, anche l’incursione nel cinema, con la regia di Quijote (2006), lungometraggio che si configura come un ridefinito percorso di contaminazione tra i diversi linguaggi artistici e narrativi.
Più recente è Labyrinthus (2013), dedicato alla vita e alle opere di Carlo Gesualdo da Venosa: “creare un film”, dichiara l’artista, “è qualcosa di analogo alla scultura, ma è come plasmare la luce. Lavorare con la luce che si materializza, che diventa immagine, movimento, parola, suono”.
Nel 1980 il critico d’arte Achille Bonito Oliva per la prima volta inserisce Paladino, nella mostra “Aperto 80”, in un gruppo di artisti italiani della stessa generazione (Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi e Nicola De Maria), definendoli Transavanguardia. Paladino ha tenuto numerose mostre in tutta Europa, nell’America del Nord e del Sud e in Asia. Le sue opere son esposte in numerosi musei in tutto il mondo.
L’intervista è stata realizzata grazie al prezioso contributo di Gennaro Mosca che ha effettuato le riprese, e Simona Belliazzi che ha realizzato il montaggio.