Niente è più terribile che vivere
La vita intera e al suo margine
Sentire a un tratto – brusca luce –
Il proprio essere mediocre
Quasi che non avessi avuto vita
Né inghiottito il sale del mondo
E non amato né stretto amicizie
Ma solamente perso giorni
Quasi che avessi avuto un’esistenza
A mezzo cuore, a mezza faccia
Non conosciuto guai né gioie
Con tutto il corpo, fino in fondo
Ed ecco: credi agli occhi!
Si erge come sale un muro
Non eri quello, non te stesso
Ed è, la colpa, come sale
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O ghiaccio, ghiaccio universale, carcere
Sopra di noi l’intero gelo a stelle
Quasi che l’Antico Inverno
Fosse vestito di pupille chiare
E in noi scrutasse – dal fondo della Neva
Leggesse noi – noi pelle viva
Come lettere – da capo a piedi.
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Sergej Georgievič Stratanovskij è un poeta russo (nato a Leningrado, oggi San Pietroburgo, il 6 maggio 1944). Figlio di Georgij Stratanovskij (1901-1986), illustre traduttore dal greco e dal latino, studia letteratura francese e russa presso l’Università di Leningrado, nella quale conosce diversi giovani scrittori frequentanti ambienti culturali semiclandestini. A partire dal 1968, dopo gli eventi della Primavera di Praga si cimenta nella composizione di versi che circolano esclusivamente sulle riviste samizdat leningradesi e poi in Francia. Va sottolineato il suo ruolo attivo nel samizdat all’inizio degli anni Ottanta, con la redazione delle riviste “Dialog” e “Obvodnyj kanal” insieme al collega Kirill Butyrin. In Unione Sovietica vengono pubblicati alcuni suoi componimenti poetici solo nel 1985, nel volume antologico “Krug”, che raccoglie diversi autori della letteratura non ufficiale. Dopo una breve crisi, che lo allontana dalla scrittura proprio durante il processo di democratizzazione del Paese, nel 1993 pubblica il primo volume, “Versi” (1993), che raccoglie le poesie scritte tra il 1968 e i primi anni novanta. Nella Russia post-sovietica è subito insignito di riconoscimenti letterari, tra cui il premio Car’skoe selo (Carskosel’skaja premija) nel 1995, il premio del fondo Brosdskij, che gli permette di soggiornare in Italia nell’autunno del 2000 e di comporre i «Versi scritti in Italia» (2001). Negli anni Duemila pubblica T’ma dnevnaja («Buio diurno») nel 2000, Rjadom s Čečnëj (2002; «Accanto alla Cecenia»), Na reke neprozračnoj (2005; «Sul fiume torbido») e altre raccolte. Gli vengono conferiti il premio Pasternak, nel 2005, il premio Gogol’ e il premio Belyj nel 2010, mentre nel 2011 riceve il premio Carducci. È stato tradotto nelle principali lingue europee, in Italia, nelle versioni di A. Niero, escono “Buio diurno” (Einaudi, 2009) e “Graffiti” (Passigli editori, 2014). Negli ultimi anni continua a comporre poesia “Nestrojnoe mnogogolosie” (2016 “Polifonia disarmonica”), dedicandosi anche alla critica letteraria, alla saggistica, alla narrativa “Zapiski dekabrista” (2014; Memorie di un decabrista) e alla librettistica. Tiene corsi di Letteratura russa contemporanea alla Scuola Superiore di Economia di San Pietroburgo.
Traduzione di Alessandro Niero.
La scelta dei testi di Sergej Stratanovskij è di Federica Giordano