Ti hanno condotto i tuoi passi in un luogo aperto,
sul bordo di una strada, hai respirato, oltre il vuoto
di una corsa, l’erba, il richiamo, l’antica scorza di un albero…
Hai lasciato che l’ombra entrasse a gocce
fino all’ultimo sangue, la strana gioia dei margini ti ha seguito
lungo una pendenza… hai atteso, la maturazione lenta del frutto
per immolare il cielo al silenzio, tu… che hai amato
la mancanza e la pienezza nella distruzione
fino al tendersi dell’arco nel suo limite preciso, il corpo flesso
nell’estremo controllo, il grande occhio che mira.
**
Hai camminato nei millenni, come hai camminato…
E ora, ti inoltri nella fine di questa giornata
e per una strana ragione pensi un po’ alla tua.
Passa un po’ di luce, la guardi, si oscura a poco a poco,
in virtù della sua materia riconosce la tua… le senti
le ombre, ti chiamano a raccolta, nelle pieghe più intime
dell’erba, nell’antica schiena di una donna, il vento
ti carezza con aria contemplativa, sei una foglia
semplice, mentre indugi, la ami… «Ciò che è dietro
è dietro, ciò che hai potuto fare, hai fatto» e ora,
in questo adesso, vorresti la parola più mutevole
come un atto che persiste, si rigenera, nonostante…
Così un’alba diviene giorno, a poco a poco sera,
in questo modo io sono, in questo modo tu sei anche,
e ripeti… mentre vai… un’alba diviene giorno, a poco a poco
sera… un’alba… in questo modo io sono,
in questo modo tu sei… un’alba diviene giorno…
in questo modo… a poco a poco…
**
Ora tu non sai di questa pietra entrata nel tumulto della sera,
non sai tu, della mancanza che adempie il nostro andarsene
e del dio silenzioso che piange
nascosto nel cemento di queste pareti, non sai
della cosa più preziosa che avevo e che ho perso, o forse
ho nascosto troppo bene, ma saprai di certo
di quel richiamo che talvolta si sente,
in una lontananza latebra, in una qualunque città,
ti volti, ne segui i brividi più segreti, mentre attendi, avrai saputo
la dolcezza di due corpi che si respirano nel sonno,
uno nell’altro chinato e questa sabbia, l’hai vista talvolta,
fra i grandi palazzi disabitati dell’uomo, nella bocca serrata
di ore chiuse fra loro, torna da urne antiche, oltrepassa
l’incanto delle infinite rotatorie del mondo,
sta tornando… scende nelle fibre più intime di un ricordo…
è qui…
«Come abitare una ferita?»
Nostra, di tutti… impenetrabile, come abitarla… la vita
intanto, non bada, come sempre urla, con il ventre spalancato
in dono, urla la vita stessa ben al di sopra al nulla.
L’edera e l’oblio
Esco dalla tua soglia, dal condominio del tuo corpo,
che tu possa nella memoria… in un torrente di ore
e l’intimo chiaroscuro di questa sera, ripercorrere
dall’ultimo seme, la tragedia prima, dove la tua statua
si frantuma e oltre non vanno i passi, stretti
nel cerchio di una voce… indossata, vestita a festa
per tutto ciò che hai perso e né mai avuto, si innalza,
lentamente va a passo d’uomo, più in là degli anni, l’edera
si estende, alza le radici sul volto di una storia, da te iniziata,
a te segreta, su un’assenza precedente, in un ritmo
tuo, personale… dimmi, dove si sta aprendo
il fiore che dal tuo sangue nacque, senza che tu sappia
di come va compiendosi, del lento ritorno
possibile ancora, hai un corpo da restituire, all’alba,
al di qua di una lenta maturazione non del tutto finita,
la divisione in atto delle cose: tutto ciò che hai amato
in piccole pietre che il dolore ha reso più tue.
Alessandro Anil, nato nel 1990, ha vissuto in India fino a sedici anni, a Santiniketan, frequentando la scuola del poeta R. Tagore.
Si è laureato in Filosofia e Letteratura in Canterbury e Cambridge. Vive in Italia dal 2013. È stato premiato o segnalato da Poesiafestival, Premio Rimini per la poesia giovane, Casa della Poesia di Como, Premio Mario Luzi. Sue poesie sono apparse nella rivista Atelier e in riviste italiane e inglesi del settore. Ha tradotto per l’Almanacco di poesia di Raffaelli editore Poeti bengalesi nel periodo post-Tagore. Oltre alla poesia svolge l’attività di drammaturgo e regista. Suoi testi sono stati rappresentato a Canterbury, Inghilterra, nell’evento New Dramatists in Progress. Dal 2018 è direttore artistico del laboratorio teatrale che si tiene ogni anno al centro di ricerca teatrale Theatre House. Ha scritto e diretto “To Celebrate the Human”, “Glory”, “Dance Once”, “Pray Twice”, “The Tea Room”, “Human”. Il suo primo libro di versi, Versante d’esilio, è uscito nel 2019 con Minerva editore.