La poesia di Jan Wagner è caratterizzata da una crepitante sequenza di immagini e di parole che si ricongiungono tutte fra loro, ma non immediatamente. C’è lo spazio di una sospensione e, quasi sempre, di una sorpresa. Il gioco delle analogie e dei salti di senso non è spericolato: lascia sempre una porta alla trasparenza dei possibili significati. Il tono meditativo, in una linea audeniana-larkiniana, si nutre spesso di materiale quotidiano e tende alla leggerezza (nel senso di Calvino) e all’ironia piú che alla sapiente sentenziosità. Tra gli spunti poetici ricorrono gli animali: cavalli, asini, koala… Risultano affascinanti per la loro enigmatica inerzia che nasconde però un’idea di tenacia, di persistenza nonostante condizioni sempre meno favorevoli ai non umani (e forse anche agli umani). Cosí come personaggi forti sono i vagabondi, i clochard e i centauri che si incontrano in alcune poesie, repellenti da un lato, affascinanti dall’altro, in un gioco di contrasti che a Wagner piace e su cui costruisce molta sua poesia.
so viele kugeln aus fell
in all den astgabeln, eine boheme
der trägheit, die sich in den wipfeln hält und hält
und hält mit ein paar klettereisen
als krallen, nie gerühmte erstbesteiger
über den flötenden terrassen
von regenwald, zerzauste stoiker,
verlauste buddhas, zäher als das gift,
das in den blättern wächst, mit ihren watte-
ohren gegen lockungen gefeit
in einem winkelchen von welt: kein water-
loo für sie, kein gang nach canossa.
betrachte, präge sie dir ein, bevor es
zu spät ist – dieses sanfte knauser-
gesicht, die miene eines radrennfahrers
kurz vorm etappensieg, dem grund entrückt,
und doch zum greifen nah ihr abgelebtes
grau –, bevor ein jeder wieder gähnt, sich streckt,
versinkt in einem traum aus eukalyptus.
KOALA
ma quanto sonno in un albero solo,
quante sfere pelose nel groviglio
dei rami, una bohème
dell’inerzia, che sulla cima si tiene e si tiene
e si tiene con un paio di grappette
come artigli, pionieri mai celebrati
della scalata sulle flautanti terrazze
della foresta pluviale, stoici arruffati,
pulciosi budda, più tenaci dei veleni
nel fogliame, con le loro ovattate
orecchie a respingere seduzioni
nel margine del mondo: niente water –
loo per loro, nessuna andata a canossa.
guardali, imprimeteli bene in testa,
prima che sia troppo tardi – quel viso
sereno di un taccagno o di un ciclista
prima della vittoria di tappa, il loro grigio
stanco, discosto dal suolo ma la tatto
prossimo -, prima che si stirino e con uno sbadiglio
sprofondino in un sogno d’eucalipto.
Traduzione di Federico Italiano
Jan Wagner è nato nel 1971 ad Amburgo. Vive a Berlino. Vincitore del prestigioso premio Büchner nel 2017, è uno dei piú affermati poeti tedeschi di oggi. In Germania ha pubblicato sette raccolte di poesia. Variazioni sul barile dell’acqua piovana è la sesta, del 2014. In Italia alcune altre sue poesie sono state tradotte in una plaquette pubblicata da LietoColle.