Sensualità e violenza nella poesia di Vicki Feaver

Vicki Feaver, Credit ph. Caroline Forbes

The Handless Maiden *

When all the water had run from her mouth,
and I’d rubbed her arms and legs,
and chest and belly and back,
with clumps of dried moss;
and I’d put her to sleep in a nest of grass,
and spread her dripping clothes on a bush,
and held her again – her heat passing
into my breast and shoulder,
the breath I couldn’t believe in
like a tickling feather on my neck,
I let myself cry. I cried for my hands
my father cut off; for the lumpy, itching scars
of my stumps; for the silver hands –
my husband gave me – that spun and wove
but had no feeling; and for my handless arms
that let my baby drop – unwinding
from the tight swaddling cloth
as I drank from the brimming river.
And I cried for my hands that sprouted
in the red-orange mud – the hands
that write this, grasping
her curled fists

La fanciulla senza mani *

Quando l’acqua smise di uscirle dalla bocca,
e le ebbi strofinato gambe e braccia,
e torace e pancia e schiena,
con ciuffi di muschio secco;
e messa a dormire in un nido d’erba,
e stesi i panni fradici su un cespuglio,
e tenuta di nuovo stretta – il suo calore mi penetrava
nel petto e nella spalla,
il respiro cui non potevo credere
come una piuma a solleticarmi il collo,
mi lasciai andare al pianto. Piansi per le mani
che mio padre mi aveva tagliato; per i moncherini
tormentati dal formicolio di rugose
cicatrici; per le mani d’argento –
me le aveva date mio marito – che filavano e tessevano
ma non sentivano; e per le braccia senza mani
che avevano lasciato cadere la mia bambina – scivolata
dalla stretta fasciatura
mentre bevevo dal fiume rigonfio.
E piansi per le mani che germogliarono
dal fango rossiccio – le mani
che scrivono questo, e stringono
il riccio del suo pugno.

* In Grimm’s version of this story the woman’s hands grow back because she’s good for seven years. But in a Russian version they grow as she plunges her arms into a river to save her drowning baby.

* Nella versione dei Grimm le mani della donna ricrescono perché è stata buona per sette anni. Ma in una versione russa ricrescono mentre tuffa le braccia in un fiume per salvare la sua bambina che sta annegando.

Crab Apple Jelly

Every year you said it wasn’t worth the trouble –
you’d better things to do with your time –
and it made you furious when the jars
were sold at the church fete
for less than the cost of the sugar.

And every year you drove into the lanes
around Calverton to search
for the wild trees whose apples
looked as red and as sweet as cherries,
and tasted sourer than gooseberries.

You cooked them in the wide copper pan
Grandma brought with her from Wigan,
smashing them against the sides
with a long wooden spoon to split
the skins, straining the pulp

through an old muslin nappy.
It hung for days, tied with string
to the kitchen steps, dripping
into a bowl on the floor –
brown-stained, horrible,

a head in a bag, a pouch
of sourness, of all that went wrong
in that house of women. The last drops
you wrung out with your hands;
then, closing doors and windows

to shut out the clamouring wasps,
you boiled up the juice with sugar,
dribbling the syrup onto a cold plate
until it set to a glaze,
filling the heated jars.

When the jars were cool
you held one up to the light
to see if the jelly had cleared.
Oh Mummy, it was as clear and shining
as stained glass and the colour of fire.

Gelatina di mele selvatiche

Ogni anno dicevi che non ne valeva la pena –
avevi di meglio da fare tu del tuo tempo –
ed eri furiosa quando alla fiera parrocchiale
i vasi costavano
meno del prezzo dello zucchero.

E ogni anno ti addentravi nei sentieri
intorno a Calverton per cercare
gli alberi selvatici dalle mele
rosse e all’apparenza dolci come ciliegie,
ma più aspre dell’uva spina.

Le cuocevi nel pentolone di rame
che la nonna si era portata da Wigan,
le schiacciavi contro i lati
con un lungo cucchiaio di legno per spaccare
le bucce, e filtravi la polpa

in una vecchia pezza di mussola.
Penzolava per giorni, appesa con lo spago
agli scalini della cucina, e sgocciolava
dentro una catinella sul pavimento –
chiazzata di marrone, orribile,

una testa in una borsa, una sacca
di acidità, di tutto ciò che andava storto
in quella casa di donne. Le ultime gocce
le strizzavi con le mani;
poi, con porte e finestre chiuse

per tener fuori le vespe chiassose,
facevi bollire il succo con lo zucchero,
versavi lo sciroppo su un piatto freddo
finché non si condensava in gelatina,
e riempivi i vasi riscaldati.

Quando i vasi erano freddi
ne tenevi uno controluce
per vedere se la gelatina era chiara.
Oh Mamma, era chiara e lucida
come vetro colorato e del colore del fuoco.


Judith

Wondering how a good woman can murder
I enter the tent of Holofernes,
holding in one hand his long oiled hair
and in the other, raised above
his sleeping, wine-flushed face,
his falchion with its unsheathed
curved blade. And I feel a rush
of tenderness, a longing
to put down my weapon, to lie
sheltered and safe in a warrior’s
fumy sweat, under the emerald stars
of his purple and gold canopy,
to melt like a sweet on his tongue
to nothing. And I remember the glare
of the barley field; my husband
pushing away the sponge I pressed
to his burning head; the stubble
puncturing my feet as I ran,
flinging myself on a body
that was already cooling
and stiffening; and the nights
when I lay on the roof – my emptiness
like the emptiness of a temple
with the doors kicked in; and the mornings
when I rolled in the ash of the fire
just to be touched and dirtied
by something. And I bring my blade
down on his neck – and it’s easy
like slicing through fish.
And I bring it down again,
cleaving the bone.

Giuditta

Mentre mi chiedo, come può una donna virtuosa uccidere,
entro nella tenda di Oloferne,
in una mano ho i suoi lunghi capelli cosparsi di unguento
e nell’altra, alzata sopra
la sua faccia addormentata, arrossata dal vino,
la sua scimitarra dalla lama ricurva
sguainata. E sento una vampa
di tenerezza, un desiderio
di deporre l’arma, di sdraiarmi
protetta e sicura nel sudore acre
del guerriero, sotto le stelle di smeraldo
del suo baldacchino porpora e oro,
di annullarmi come un confetto sciolto
sulla sua lingua. E ricordo il bagliore
del campo d’orzo; mio marito
che respinge la spugna che gli premo
sul capo che brucia; la stoppia
che mi punge i piedi mentre corro
e mi getto su un corpo
già quasi freddo
e irrigidito; e le notti
passate sul tetto – il mio vuoto
come il vuoto di un tempio
con le porte sfondate; e le mattine
in cui mi rotolo nella cenere
soltanto per essere toccata e sporcata
da qualcosa. E gli affondo la lama
nel collo – ed è facile
come affettare del pesce.
E la affondo di nuovo,
spaccando l’osso.

Queste poesie di Vicki Feaver tradotte da Giorgia Sensi sono state pubblicate su N° 209 di Poesia, Nicola Crocetti Editore, 2006

Vicki Feaver è nata a Nottingham e ha studiato a Durham University e University College, London. È autrice di varie raccolte poetiche tra le quali: Close Relatives (1981); The Handless Maiden (1994), vincitore del Heinemann Award e finalista del Forward Poetry Prize for Best Poetry Collection of the Year; The Book of Blood (2006), finalista del Costa Poetry Award 2006. La poesia ‘Judith’ ha vinto il Forward Poetry Prize for Best Single Poem. Nel 1993 Vicki Feaver ha ricevuto la Hawthornden Fellowship e nel 1999 un Cholmondeley Award.
La sua ultima raccolta I Want! I Want! è uscita per Jonathan Cape nel 2019.

Giorgia Sensi è traduttrice free lance. Ha tradotto fiction, non-fiction e soprattutto poesia. Tra i poeti da lei tradotti si segnalano in particolare: Carol Ann Duffy, Kate Clanchy, Jackie Kay, Vicki Feaver, Eavan Boland, Liz Lochhead, Margaret Atwood, Patrick McGuinness, John Barnie, Gillian Clarke, Kathleen Jamie, Philip Morre. La raccolta da lei curata e tradotta, La casa sull’albero, Kathleen Jamie, Ladolfi Editore, 2016, ha vinto il Premio Marazza 2017 per la traduzione poetica.

Sue pubblicazioni nel 2018:

La compagnia più bella, Kathleen Jamie, Medusa Editore; Scrutare gli orizzonti, Kathleen Jamie, narrativa di viaggio, Luciana Tufani Editrice; una raccolta di poemetti di Natale di Carol Ann Duffy,Un Natale inglese, con Andrea Sirotti, Le Lettere.

Sue pubblicazioni nel 2019:

Déjà-vu, poesie scelte di Patrick McGuinness, IP Editore, Falco e ombra, antologia di poesie e prose di Kathleen Jamie, IP Editore; La testa di Shakila, poesie e prose di Kate Clanchy, Lietocolle-gialla oro; 8 poesie di Jenny Mitchell per la rivista Versodove, n. 21; Istantanea di ippopotamo con banane e altre poesie, Philip Morre, IP.
Giorgia Sensi ha vinto il ‘Premio nazionale di traduzione’ 2019 conferito dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali.

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