Carol Ann Duffy, “cosa avete fatto al mondo?”

Carol Ann Duffy

Anne Hathaway

Item I gyve unto my wief my second best bed …’
(from Shakespeare’s will)

The bed we loved in was a spinning world
of forests, castles, torchlight, cliff-tops, seas
where he would dive for pearls. My lover’s words
were shooting stars which fell to earth as kisses
on these lips; my body now a softer rhyme
to his, now echo, assonance; his touch
a verb dancing in the centre of a noun.
Some nights, I dreamed he’d written me, the bed
a page beneath the writer’s hands. Romance
and drama played by touch, by scent, by taste.
In the other bed, the best, our guests dozed on,
dribbling their prose. My living laughing love –
I hold him in the casket of my widow’s head
as he held me upon that next best bed.

Anne Hathaway

E a mia moglie lascio il mio letto, non il migliore…’
(dal testamento di Shakespeare)

Il letto in cui ci amavamo era un mondo vorticoso
di foreste, castelli, fiaccole, scogliere, mari
in cui lui si tuffava in cerca di perle. Le parole del mio amore
erano una pioggia di stelle cadenti come baci
su queste labbra; il mio corpo faceva col suo ora una rima
più dolce, ora un’eco, un’assonanza; il suo tocco
era un verbo che danzava in mezzo a un nome.
Certe notti sognavo che mi aveva scritto, il letto
una pagina sotto le sue mani di scrittore. Romanzo
e dramma recitati da odore, gusto, tatto.
Nell’altro letto, il migliore, sonnecchiavano gli ospiti,
sbavando la loro prosa. Vive l’amore mio, ride –
lo tengo della mia testa di vedova nel forziere
come lui teneva me in quel letto, non il migliore.

Da The World’s Wife, Anvil Press Poetry, 1999

e La moglie del mondo, Carol Ann Duffy, a cura di Giorgia Sensi e Andrea Sirotti, Le Lettere, 2002

 

Warming Her Pearls

Next to my own skin, her pearls. My mistress
bids me wear them, warm them, until evening
when I’ll brush her hair. At six, I place them
round her cool, white throat. All day I think of her

resting in the Yellow Room, contemplating silk
or taffeta, which gown tonight? She fans herself
whilst I work willingly, my slow heat entering
each pearl. Slack on my neck, her rope.

She’s beautiful. I dream about her
in my attic bed; picture her dancing
with tall men, puzzled by my faint, persistent scent
beneath her French perfume, her milky stones.

I dust her shoulders with a rabbit’s foot,
watch the soft blush seep through her skin
like an indolent sigh. In her looking-glass
my red lips part as though I want to speak.

Full moon. Her carriage brings her home. I see
her every movement in my head… Undressing,
taking off her jewels, her slim hand reaching
for the case, slipping naked into bed, the way

she always does… And I lie here awake,
knowing the pearls are cooling even now
in the room where my mistress sleeps. All night
I feel her absence and I burn.

Scaldando le sue perle

Sulla mia pelle, le sue perle. La mia padrona
mi dice di portarle, di scaldarle, fino a sera
quando le spazzolo i capelli. Alle sei, gliele metto
al collo bianco, fresco. Tutto il giorno penso a lei,

che riposa nella Stanza Gialla, che riguarda la seta
o il taffetà, che abito stasera? Lei si fa vento
mentre io lavoro di gran lena, e il mio calore permea
ogni perla. Lento sul mio collo, il suo filo.

È bella. Io la sogno
nel mio letto in soffitta; la vedo ballare
con uomini alti, confusi dal mio odore lieve, persistente
sotto il suo profumo francese, le sue perle bianco latte.

Le spolvero le spalle con una zampa di coniglio,
osservo il tenero rossore spegnersi sulla sua pelle
come un sospiro indolente. Nel suo specchio
le mie labbra rosse si schiudono come stessi per parlare.

Luna piena. La carrozza la riporta a casa. Nella mia mente
vedo ogni suo movimento … Si sveste,
si toglie i gioielli, allunga la mano sottile
verso il portagioie, s’infila nel letto nuda, come

sempre … E io sono qui sveglia,
so che le perle ora si stanno raffreddando
nella stanza dove la mia padrona dorme. Per tutta la notte
sento la sua assenza e brucio.

Da Selling Manhattan in NSP, Picador, 2004

e da La donna sulla luna, a cura di Giorgia Sensi e Andrea Sirotti, Le Lettere, 2011

Premonitions

We first met when your last breath
cooled in my palm like an egg;
you dead, and a thrush outside
sang it was morning.
I backed out of the room, feeling
the flowers freshen and shine in my arms.

The night before, we met again, to unsay
unbearable farewells, to see
our eyes brighten with re-strung tears.
O I had my sudden wish –
though I barely knew you –
to stand at the door of your house,
feeling my heartbeat calm,
as they carried you in, home, home and healing.
Then slow weeks, removing the wheelchair, the drugs,
the oxygen mask and tank, the commode,
the appointment cards,
until it was summer again
and I saw you open the doors to the grace of your garden.

Strange and beautiful to see
the flowers close to their own premonitions,
the grass sweeten and cool and green
where a bee swooned backwards out of a rose.
There you were,
a glass of lemony wine in each hand,
walking towards me always, your magnolia tree
marrying itself to the May air.

How you talked! And how I listened,
spellbound, humbled, daughterly,
to your tall tales, your wise words,
the joy of your accent, unenglish, dancey, humorous;
watching your ash hair flare and redden,
the loving litany of who we had been
making me place my hands in your warm hands,
younger than mine are now.
Then time only the moon. And the balm of dusk.
And you my mother.

Premonizioni

La prima volta ci incontrammo quando il tuo ultimo respiro
si raffreddò nel mio palmo come un uovo;
tu morta, e un tordo là fuori
cantava il mattino.
Mi ritirai dalla stanza, e sentii
i fiori riprendersi e splendere nelle mie braccia.

La notte prima ci incontrammo ancora, per ritrattare
addii insostenibili, per vedere
i nostri occhi illuminarsi di nuovi fili di lacrime.
Oh, mi venne quel desiderio improvviso –
benché ti conoscessi appena –
stare alla porta di casa tua,
sentendo calmarsi i battiti del cuore,
mentre ti portavano dentro, in casa, in casa per guarire.
Poi settimane lente, non più sedia a rotelle, medicine,
maschera d’ossigeno e bombola, la comoda,
gli appuntamenti,
finché non fu di nuovo estate
e ti vidi aprire le porte alla grazia del tuo giardino.

Strano e bello vedere
i fiori chiudersi alle loro premonizioni,
l’erba farsi dolce e fresca e verde
dove un’ape estasiata usciva da una rosa.
Tu eri là,
due bicchieri di vino agrumoso in mano,
camminavi verso di me sempre, e il tuo albero di magnolia
si sposava all’aria di maggio.

Come parlavi! E io come ascoltavo,
incantata, umile, filiale,
le tue storie incredibili, le tue sagge parole,
la gioia del tuo accento, non inglese, danzante, spiritoso;
e osservavo i tuoi capelli cenere incendiarsi di rosso,
l’affettuosa litania di chi eravamo state
mi faceva mettere le mani nelle tue, calde,
più giovani delle mie ora.
Poi è tempo solo la luna. E il balsamo del crepuscolo.
E tu mia madre.

Da The Bees, Picador 2011
e da Le api, a cura di Giorgia Sensi e Andrea Sirotti, Le Lettere, 2014

Last Post

In all my dreams, before my helpless sight,
He plunges at me, guttering, choking, drowning.

If poetry could tell it backwards, true, begin
that moment shrapnel scythed you to the stinking mud…
but you get up, amazed, watch bled bad blood
run upwards from the slime into its wounds;
see lines and lines of British boys rewind
back to their trenches, kiss the photographs from home –
mothers, sweethearts, sisters, younger brothers
not entering the story now
to die and die and die.
Dulce – No – Decorum – No – Pro patria mori.
You walk away.

You walk away; drop your gun (fixed bayonet)
like all your mates do too –
Harry, Tommy, Wilfred, Edward, Bert –
and light a cigarette.
There’s coffee in the square,
warm French bread
and all those thousands dead
are shaking dried mud from their hair
and queueing up for home. Freshly alive,
a lad plays Tipperary to the crowd, released
from History; the glistening, healthy horses fit for heroes, kings.

You lean against a wall,
your several million lives still possible
and crammed with love, work, children, talent, English beer, good food.
You see the poet tuck away his pocket-book and smile.

If poetry could truly tell it backwards,
then it would.

Ultimo squillo di tromba

In tutti i miei sogni, davanti ai miei occhi smarriti,
balza verso di me, trema, soffoca, annega.

Se i poeti potessero narrarla a ritroso, davvero, partendo
dallo shrapnel che ti falcia nel fango puzzolente…
ma ti alzi, stupito, guardi il sangue sporco sparso
risalire dalla melma alle ferite;
vedi schiere e schiere di ragazzi inglesi tornare
alle trincee al ralenti, baciare le foto di casa –
madri, innamorate, sorelle, fratellini
non entrati nella storia ora
per morire e poi morire e poi morire.
Dulce – No! – Decorum – No! – Pro patria mori.
Te ne vai.

Te ne vai; molli il fucile (baionetta fissa)
come fanno i tuoi compagni –
Harry, Tommy, Wilfred, Edward, Bert –
e accendi una sigaretta.
Nella piazza c’è caffè,
caldo pane francese
e tutti quei morti, a migliaia
si scuotono il fango secco dai capelli
e fanno la coda diretti a casa. Vivo di nuovo,
un ragazzo suona Tipperary alla folla, libero
dalla Storia; i lustri, forti cavalli son perfetti per eroi e re.

Ti appoggi a un muro,
hai milioni di vite ancora possibili
e zeppe d’amore, lavoro, figli, talento, birra inglese, cibo buono.
Vedi il poeta, ripone il taccuino e sorride.

Se i poeti potessero davvero narrarla a ritroso,
lo farebbero.

Da The Bees, Picador 2011
e da Le api, a cura di Giorgia Sensi e Andrea Sirotti, Le Lettere, 2014

Bio-bibliografia di Carol Ann Duffy

Poeta, drammaturga e scrittrice freelance, Carol Ann Duffy è nata nel 1955 a Glasgow e ha studiato filosofia all’Università di Liverpool.
È stata Poeta Laureata del Regno Unito dal 2009 al 2019.
Le sue raccolte poetiche includono Standing Female Nude (1985), Selling Manhattan (1987), The Other Country (1990); Mean Time (1993), The World’s Wife (1999); Feminine Gospels (2002) Rapture (2005), The Bees (2011), Sincerity (2018). Le sue poesie per ragazzi sono raccolte in New & Collected Poems for Children (2009). Nel 2012, per celebrare il Diamond Jubilee, ha pubblicato Jubilee Lines, un’antologia di 60 poesie di 60 poeti, per celebrare ogni singolo anno del regno di Elisabetta II.
Ha curato numerose altre antologie, tra le quali I Woudn’t Thank You for a Valentine (1992), Hand in Hand (2001), Out of Fashion (2004), Answering Back (2007); To The Moon: An Anthology of Lunar Poems (2009).
Ha inoltre pubblicato numerose raccolte illustrate per bambini e adolescenti, quali Meeting Midnight e The Oldest Girl in the World.
Del suo lavoro di drammaturga si citano: Take My Husband (1982), Cavern of Dreams (1984), Little Women, Big Boys (1986) Loss (1986), a radio play, Everyman (2015). Senza dimenticare un libretto di Il Flauto Magico di Mozart per Opera North
Tra i numerosi premi da lei ricevuti si citano i più recenti: T S Eliot Prize per Rapture; T S Eliot Prize per The Bees, Costa Poetry Award per The Bees ; PEN /Pinter Prize.
Nel 1995 è stata insignita di OBE, nel 2001 di CBE.
Carol Ann Duffy vive a Manchester ed è Creative Director of the Writing School alla Manchester Metropolitan University.

Bio-bibliografia di Giorgia Sensi

Giorgia Sensi è traduttrice freelance dall’inglese di fiction, non-fiction e soprattutto poesia. Vive a Ferrara.
Ha tradotto raccolte di Carol Ann Duffy, Jackie Kay, Gillian Clarke, Margaret Atwood, Eavan Boland, Kate Clanchy, Patrick McGuinness, John Barnie, Philip Morre, e altri ancora, e curato diverse antologie.
Fa parte della redazione di «Interno Poesia», blog e casa editrice, per la promozione della poesia.
È collaboratrice del Blog Rai, Poesia di Luigia Sorrentino.
Le sue pubblicazioni più recenti, nel 2018:
La compagnia più bella, (The Bonniest Companie) Kathleen Jamie, Medusa Editore;
Scrutare gli orizzonti, (Sightlines) Kathleen Jamie, narrativa di viaggio, Luciana Tufani Editrice; una raccolta di poemetti di Natale di Carol Ann Duffy,Un Natale inglese, con Andrea Sirotti, Le Lettere.
Nel 2019:
Déjà-vu, poesie scelte di Patrick McGuinness, IP Editore,
Falco e ombra, (Hawk and Shadow) antologia di poesie e prose di Kathleen Jamie, IP Editore;
La testa di Shakila, poesie e prose di Kate Clanchy, Lietocolle-gialla oro;
8 poesie di Jenny Mitchell per la rivista Versodove, n. 21;
Istantanea di ippopotamo con banane e altre poesie, (Snapshot of Hippo with Bananas and other poems) Philip Morre, IP.
La casa sull’albero, poesie scelte di Kathleen Jamie, Ladolfi Editore, 2016, ha vinto il Premio Marazza 2017 per la traduzione poetica.
Giorgia Sensi ha inoltre ricevuto il ‘Premio Nazionale per la Traduzione’ 2019, conferito da Ministero dei Beni e delle Attività Culturali.

Bio-bibliografia di Andrea Sirotti

Andrea Sirotti è nato a Firenze, dove insegna lingua e letteratura inglese. Fa parte delle redazioni di «Semicerchio», rivista di poesia comparata, e di «Interno Poesia», blog e casa editrice per la promozione della poesia. Da circa vent’anni svolge l’attività di traduttore letterario, soprattutto di poesia e di narrativa postcoloniale in lingua inglese per varie case editrici tra cui Einaudi, Giunti, Le Lettere e Interno Poesia. Tra le poetesse tradotte e curate insieme a Giorgia Sensi figurano Carol Ann Duffy, Eavan Boland e Margaret Atwood. Ha inoltre curato, o co-curato, svariate antologie poetiche a tema. Tra gli altri poeti anglofoni tradotti e curati figurano Karen Gut, Arundhathi Subramaniam, Sally Read e Jane Hirshfield e i «classici» Emily Dickinson e Oscar Wilde. Dal 2000 al 2008, insieme a Vittorio Biagini, ha curato per il Comune di Firenze le iniziative sulla poesia giovanile “Nodo sottile”. È tra i fondatori di Linguafranca, agenzia letteraria transnazionale. Negli ultimi anni si è dedicato alle attività di scout letterario, di consulente editoriale e di organizzatore di festival e altri eventi letterari.

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