Nota di Valeria Di Felice
La camera dei ragazzi è un’opera fluttuante tra tempi esterni e tempi interni. La storia collettiva – quella dei grandi eventi che hanno accompagnato i destini di interi popoli – e la storia individuale incrociano i propri sguardi in un dialogo intenso nel quale il poeta olandese Willem van Toorn ripercorre le tappe della sua vita ed espande attraverso la poesia quell’orizzonte che è la «striscia di pensieri che scorre tra terra / e aria insondabile».
Ad una prima lettura, veniamo catturati dalle vicende di W, terzo figlio di una famiglia di provincia che per motivi economici si trasferisce ad Amsterdam. Qui nasce negli anni Trenta, frequenta la scuola, sperimenta le prime amicizie, i primi amori, i primi ideali. Ed ecco che la camera dei ragazzi, «una segreta grotta al buio quando il lavoro si ferma», dietro la sartoria del padre, è il luogo dove W con i suoi fratelli parla di cose proibite, si confronta su temi politici e religiosi, inizia ad avere le prime intuizioni sul mondo, un mondo che conosce la seconda guerra mondiale e le sue inesorabili conseguenze. Inconsapevole del fatto che «in nessun posto potrà mai sentirsi a casa come in quella d’infanzia, malgrado crisi, guerre, straniamento», W cresce, diventa un insegnante, trova l’amore, cerca la sua identità nella città “rinata”, nei viaggi, nei segni di una storia che evolve continuamente.
Ad una seconda lettura, ci accorgiamo che dietro a ogni poesia rivive più che un ricordo, rivive l’essenza di uno sguardo che osserva attentamente se stesso e l’uomo, rivive la purezza disincantata – e per questo coraggiosa – di un ragazzo che ritrova la sua Origine.
ESTRATTI
We woonden er weer in een hoog huis. Het was al laat
toen de telefoon ging. Ik hoorde in de kleine blikken stem
het snerpen van remmen, de klap, de hagel van glas
op asfalt, zag in je wit gezicht dat hij het was
die daar op een provincieweg de dood vond, de schilder vader
te laat te moe op weg naar zijn zuidelijk huis. We reden
erheen. Je moeder naast hem die het amper overleefde.
Plotseling nam ik er deel aan rituelen die ik maar van verre
Kende uit mijn donkere kindertijd: de katholieken
naar wie wij vol medelijden en afkeer keken
als ze vroeg naar hun mis togen door lege straten –
maar nu een kleine pater die troostwoorden vond.
Boerse gezichten, werkhanden, een verwant dialect,
dat was de nieuwe familie die ik vond, door tranen
van afscheid gezien en langzaam leren kennen
in dat onbegrijpelijk proces van levens
die hun verledens samenvlechten in wat nu
als som der delen een groter nieuw leven werd.
*
Abitavamo di nuovo in una casa alta. Era già tardi
quando il telefono squillò. Dalla vocina come latta, udii
lo stridio di freni, lo schianto, i vetri frantumati
sull’asfalto, vidi sul tuo volto pallido che era lui colui che aveva
trovato la morte su una strada provinciale, tuo padre pittore
in ritardo, troppo stanco, diretto a casa nel Sud. Ci andammo.
Tua madre, sopravvissuta a stento, accanto a lui.
Subito presi parte ai rituali che conoscevo solo alla
lontana dai tempi della mia oscura infanzia: i cattolici
che guardavamo pieni di commiserazione e avversione
quando subito dopo la messa si trascinavano per strade deserte –
ma ora un piccolo parroco che aveva trovato parole di conforto.
Facce campagnole, mani ruvide, un dialetto affine,
questa era la nuova famiglia da me trovata, vista tra
lacrime di commiato e lentamente imparata a conoscere
in quell’incomprensibile processo di vite
che intrecciano i loro passati a ciò che adesso era diventata,
a conti fatti, una nuova vita ancora più grande.
En later in een nog nieuwere taal zuidwaarts
naar verdere familie in Puglia. Je schreef me ‘gescheurd
draait het wegdek naar koelere oorden, hoger
in dorpen waar onder de waslijn vrouwen in het zwart
op rietbedekte stoelen look vlechten op lichtende tegels
en wij die ze groeten voor ze bukken en fluisteren –
wij door tunnels langs zwiepende oleanders en
daken van steen, muren bezwijken, aloë’s zien we,
cacteeën in de vlakte waar de leeuwin haar klauw
in de aarde slaat’. Kijk bij mijn nagel op de kaart,
Puglia, waar je mij een hele familie schonk, terroni
zo verliefd op hun land, onze olie, onze wijn, onze caciocavallo.
In weer een ander groot bed luisterden we naar het radeloos janken
van de honden in het dal onder de sirocco. Twee vingerdiktes verder is Afrika.
*
E più tardi in una più nuova lingua meridionale
da parenti alla lontana in Puglia. Mi scrivesti ‘crepato
si volge l’asfalto verso più freschi luoghi in alto
in paesi dove sotto il filo da bucato donne in nero
su sedie di paglia intrecciano steli su lucide piastrelle
e noi che loro salutano prima di chinarsi e sussurrare –
noi per gallerie lungo oleandri ricurvi e
tetti di pietra, muri crollati, vediamo agavi,
cactacee sulla piana dove la leonessa affonda il suo artiglio
nella terra’. Guardo vicino alla mia unghia sulla cartina,
Puglia, dove tu m’offristi un’intera famiglia, terroni
così amanti della loro terra, del nostro olio, vino, caciocavallo.
Di nuovo in un altro grande letto ascoltammo il guaire disperato
dei cani nella valle battuta dallo scirocco. Due dita oltre c’è l’Africa.
Maar ons oudste landschap samen is een ander. De horizon
een doorgaande gedachtestreep tussen de aarde
en de bodemloze lucht. Leeuwen louter heraldisch.
Een kindertijd van reigers, mussen, mollen. In deinend molm
langs rechte polderwegen boterbloem, dovenetel.
Kikkers en rover snoek in sloten, want water – water
allerwegen, hemelspiegel, boodschapper van hoger grond
waar het rivier werd. Stroomopwaarts daaraan
boomgaarden, moestuinen, jouw zandgrond. Vroom gezang
van oude stemmen. Streektaal moedertaal. Oorsprong.
*
Ma il nostro più vecchio paesaggio è un altro. L’orizzonte,
una striscia di pensieri che scorre tra terra
e aria insondabile. Leoni meramente araldici.
Un’infanzia di aironi, passeri, talpe. Ranuncoli in muffe
gonfie lungo strade rettilinee nel polder, falsa ortica.
Rane e pesci predatori nei fossati, nell’acqua – acqua
di ogni dove, specchio celeste, messaggera d’alture
dove il fiume nacque. In controcorrente
frutteti, orti, la tua terra sabbiosa. Devoto canto
di voci antiche. Parlata regionale madrelingua. Origine.
Ontstaat misschien zo in een kind woordlust
voor een leven lang – door zo diep te ervaren
dat er meer landschappen bestaan en talen
dan de vroegste, dat geen plek volmaakte rust
kan bieden, zodat het kind een passant
moet worden in steeds nieuwe gebieden,
luisterend naar woorden, taalmuziek, tongval
van vreemde tantes en vertellers, de verhalen
van voor de tijd begon, voordat de vaders
en moeders met name genoemd waren.
*
Forse in un bimbo sorge così il piacere della parola
che dura tutta una vita – esperendo profondamente
l’esistenza di molti paesaggi e lingue
altri da quelli iniziali, che nessun luogo può offrire
la tranquillità perfetta, cosicché il bimbo diventa
un passante in territori sempre nuovi,
ascoltando parole, musicalità della lingua, cadenze
di strane zie e narratori, le storie
di prima dell’inizio del tempo, prima che padri
e madri venissero chiamati per nome.
En diep verweven daarmee als haarvaten
de paden in de reisgids naar een verder leven,
wegen in je hoofd over toen nog bestaande
grenzen heen. Stempels in je paspoort als bewijs
voor de thuisblijvers. De eerste besneeuwde bergen
gezien uit een coupéraam, de opwaaiende gordijnen
voor tijdelijke vensters, warme intieme bedden
waar niet al. Misschien kwamen daar werkelijk
al onze vermoedens, verwachtingen, dromen,
hunkeringen, uitzichten op een lang later
tastend aanvankelijk maar steeds hechter samen.
*
E con ciò profondamente connessi come vasi capillari
i sentieri in guide di viaggio menano ad una vita futura,
strade nella tua mente oltre confini un tempo
ancora esistenti. Timbri sul passaporto a comprova
per i rimasti a casa. La prima montagna innevata
vista dallo scompartimento, tende svolazzanti
per finestre provvisorie, caldi letti intimi
non esaustivi. Forse convogliavano lì davvero
tutti i nostri presentimenti, sogni, desideri,
le nostre prospettive, aspettative, in un lungo tardo
inizialmente sondante ma rinnovato congiungimento.
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Nota biografica
Willem van Toorn è nato nel 1935 ad Amsterdam, dove da bambino ha vissuto gli anni dell’occupazione tedesca, un’esperienza che ritornerà nelle sue opere, per esempio nel ciclo poetico Het stuwmeer (2009), pubblicato in italiano nel 2013 dalla Di Felice Edizioni sotto il titolo Il lago artificiale e nel ciclo poetico De jongenskamer (2018), ovvero La camera dei ragazzi. Van Toorn ha studiato Letteratura Nederlandese ed è stato insegnante presso scuole elementari e medie. Dal 1989 al 1992 è stato docente presso il Dipartimento di Studi Culturali dell’Università di Amsterdam. Ha pubblicato un gran numero di romanzi, racconti e raccolte di poesia. Il suo romanzo Een leeg landschap (1988) è stato nominato per il premio letterario AKO e il romanzo Het verhaal van een middag (1994) per il premio letterario Libris. Nel 2010 ha ricevuto il prestigioso premio Groeneveld del Ministero dell’Agricoltura per il suo contributo unico e critico al dibattito sullo spazio verde. Nel 2011 esce Het grote landschapsboek, in cui Van Toorn riporta con entusiasmo la storia del paesaggio e il modo in cui ci confrontiamo ad esso. Per la sua poesia ha ricevuto i premi Jan Campert, Herman Gorter e A. Roland Holst. Ha realizzato traduzioni poetiche delle opere di W.S. Graham, Franco Loi, Cesare Pavese e Paolo Ruffilli. Ha tradotto inoltre dal tedesco le prose di Klaus Mann, Franz Kafka e Stefan Zweig, e dall’inglese quelle di Aldous Huxley, Christopher Isherwood, John Updike ed E.L. Doctorow. Il suo romanzo De rivier e il libro per ragazzi Rooie sono stati tradotti in tedesco. Nel 1994 e 2001 escono in Italia rispettivamente: per Fondazione Piazzolla la raccolta di poesia Gioco di simulazione e per Edizioni del Leone la raccolta Paesaggi. Van Toorn risiede con la moglie, la poetessa Ineke Holzhaus, in un paese del Berry, in Francia.