È uscito il nuovo Annuario govoniano che raccoglie spunti critici,
analisi e approfondimenti dedicati al poeta del crepuscolo ferrarese.
Dopo anni di silenzio sull’opera in versi di Corrado Govoni, da Ferrara arriva una scintilla, come forse la chiamerebbe lui stesso, una nuova traccia. Matteo Bianchi ha curato un vero e proprio Annuario govoniano di critica e luoghi letterari, edito da La Vita Felice nella collana Otto/Novecento. Il giornalista trentaduenne che si è specializzato a Ca’ Foscari sul lascito lirico del poeta a lui conterraneo e che aveva già dato prova di conoscerlo a fondo commentando il ritrovamento di alcuni suoi inediti sulle pagine di “Poesia” di Crocetti, di recente ha raccolto gli approfondimenti di svariati intellettuali; per farlo si è avvalso della guida di Francesco Targhetta e di Alberto Bertoni, che hanno curato rispettivamente l’introduzione e la postfazione al corposo volume, confermando la loro preparazione in materia.
«(…) dovunque la si voglia prendere, dalle sue prime raccolte a quelle più tarde, la poesia di Govoni offre sempre infilate di visioni iridescenti, gallerie di oggetti multiformi che si cambiano di posto in continuazione, in un tripudio di trasfigurazioni a sorpresa e in un carnevale prismatico dove si alternano – ha argomentato Targhetta – come già scriveva “cose d’una ingenuità strabiliante e bellezze meravigliose». In ogni caso, occasioni di stupefazione». In tempi non sospetti Bianchi si è formato con Anna Folli al Dipartimento di Studi umanistici dell’Università di Ferrara, la stessa docente che nel 1983 organizzò uno degli ultimi convegni sulla sfaccettata produzione del poeta ferrarese, sotto l’egida di Sanguineti, Mengaldo e Caretti; al contempo il giovane ha esplorato i paesaggi letterari con i quali esordì la docente Monica Farnetti in Fuori le mura (1991), ma cercandone il correlativo emotivo e superandoli.
«Questo Annuario govoniano – ha affermato Bertoni – supplisce in modo altamente qualitativo e realmente polifonico a tali manchevolezze speriamo provvisorie, consentendoci di riaprire la questione Govoni. Ma soprattutto la varietà delle voci e delle generazioni, dei punti di vista interpretativi e delle analisi formali qui tanto bene articolata ci induce a rileggere e a rimeditare una poesia ancora attualissima: una poesia che, nel lungo intervallo cronologico tra l’Armonia in grigio et in silenzio (1903) e Govonigiotto (1943), si raccomanda ancora alla nostra attenzione e alla nostra passione per il merito – se non altro – di aver trasferito il simbolismo del grande Pascoli dentro il cuore della nostra contemporaneità più viva e di averci offerto insieme il volto di un’avanguardia scintillante e metamorfica, fantasista e davvero visionaria». Alla collettanea hanno aderito Danila Cannamela, Claudio Cazzola, Paolo Maccari, Diego Marani, Matteo Pazzi, Roberto Pazzi, Edoardo Penoncini, Antonio Pietropaoli, Peter Robinson e Paolo Ruffilli.
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MATTEO BIANCHI, 32 anni, si è specializzato in Filologia moderna a Ca’ Foscari sul lascito lirico di Corrado Govoni. È libraio, giornalista pubblicista e collabora con varie testate del Gruppo Gedi, con “Left”, “Poesia” di Crocetti, “Leggere:tutti” e “l’immaginazione”. Ha pubblicato le raccolte Fischi di merlo (Edizioni del Leone, 2011), L’amore è qualcos’altro (con Alessio Casalicchio, Empirìa 2013), La metà del letto (Barbera, 2015), Fortissimo (Minerva, 2019) e la plaquette Un’ombra in due (L’Arca Felice, 2014). È stato presentato su “Gradiva” (Olschki, State University of New York) sia da Giancarlo Pontiggia sia da Francesco Scarabicchi. Suoi versi sono apparsi nelle antologie Quadernario (a cura di M. Cucchi, LietoColle 2016), Il silenzio acuto del mattino (a cura di G. Sica, Giulio Perrone 2012) e In questo margine di valigie estranee (a cura di E. Pecora, Giulio Perrone 2011), sulle riviste “Soglie”, “Capoverso”, “La clessidra” e “Il Filorosso”. Suoi contributi critici, invece, su “Il Ponte”, “Semicerchio”, “Letteraria”, “Il Segnale” e “Atelier”, di cui ha curato il monografico sulla poetica di Anna Maria Carpi (n. 73, marzo 2014). È stato tradotto in inglese, francese, tedesco, olandese e spagnolo.