di
Stefano Raimondi
Eppure mi ero svegliato presto. Il sole aveva ancora il sapore dello zucchero filato appena fatto. Niente si muoveva smodatamente. Tutto aveva ancora un contorno pulito. Lavandomi il viso sapevo che tutto era nel sogno: quello che avevo vissuto, quello che avevo visto. Un paese di invisibili viveva invisibilmente quello che dall’invisibile era stato colpito. Uno strano corpuscolo puntiforme stava attaccato ai respiri degli umani e quando colpiva qualcuno, faceva sparire la visibilità al malcapitato oltre che il fiato. Tutto diventava affannatamente pesante e tutto era come dentro una faticosa corsa. Nessuno più né si vedeva, né si riconosceva. Si camminava invisibili come si poteva nel tentativo disperato di farsi vedere. Ma più nessuno sapeva come ritrovarsi! Restavano le case a proteggere l’Invisibilità di ognuno. Lì ci si proteggeva dal fuori, dagli sguardi vogliosi di vedersi e repressi nel non riuscirci più. Le strade si sbendavano veloci tra le luci e per qualche ora sembravano aprirsi a qualcosa che sarebbe comparso. Ma poi ritornavano a raggomitolarsi nei cassetti e le città sbattevano ripetutamente le ante delle credenze, le assi delle loro bare di luce. Ogni mattina era un tentativo per ognuno: ognuno cercava disperatamente di farsi vedere. Ogni ricominciare nei giorni era una manovra per rendersi visibili e avvicinabili. Ma le distanze erano peggio delle menzogne. Tutti sospettavano, tutti presumevano, tutti iniziavano a non credere più a nessuno. Ma quello strano corpuscolo puntiforme teneva tutti ben nascosti nelle loro invisibilità ed oltre tutto, si era subito e arditamente dimostrato molto contagioso. Chi riusciva a farsi vedere forse diventava immune, ma anche questa era forse una bugia. Ma la questione era proprio quella: riuscire a farsi vedere senza fare paura.
Anche l’amore era tra invisibili e il sesso era tra invisibili e come dissolvenze, gli spasmi attraversavano i corpi simili a ricordanze appassionate: facevano tremare.
Era da lì che capivi di aver attraversato qualcuno: tremavi! Era da lì che capivi di essere stato attraversato: tremavi!
Tutto diventava strano come nel tempo delle grandi fughe. Si scappava dall’invisibile per tentate il visibile. Ma questo posto dov’era?
Tutti sapevamo che quel posto sarebbe stato per ognuno da qualche parte ad aspettare come un destino. Ma dov’era? E quando lo si sarebbe incontrato, raggiunto?
Forse era troppo presto. Forse non c’erano ancora alfabeti possibili per la terra dei visibili!
Intanto si continuava come si poteva a vivere. Intanto si continuava ogni tanto a tremare ed era bellissimo.
Eppure mi ero svegliato presto. Il sole aveva ancora il sapore dello zucchero filato appena fatto. Niente si muoveva smodatamente. Tutto aveva ancora un contorno pulito.
È il mio compleanno oggi chissà…qualcuno, forse mi farà tremare!