Crocetti-Feltrinelli
COMMENTO DI ALBERTO FRACCACRETA
Da quando Crocetti Editore è entrato nel Gruppo Feltrinelli — la notizia Ansa è del 29 maggio 2020 — sono usciti otto libri (ma il catalogo è in aggiornamento) e due numeri della storica rivista «Poesia», divenuta bimestrale in brossura e con considerevole restyling grafico e strutturale. Nelle copertine della nuova serie di «Poesia» figurano Edna St. Vincent Millay e Carol Ann Duffy, sferzanti autrici anglofone che sembrano aprire davvero nel migliore dei modi le ultime incursioni nella lirica contemporanea (e non solo). La devozione di Nicola Crocetti per le voci femminili è completata da tre volumi di solidissime quote rosa: Adrienne Rich con Cartografie del silenzio, Alejandra Pizarnik con La figlia dell’insonnia e Mariangela Gualtieri con Antenata. L’americana originaria di Baltimora è stata una delle massime interpreti della letteratura politica femminista: ben presto lasciò le secche del modernismo di maniera per addentrarsi nel tema identitario di un complesso e fluttuante io lirico. Cartografie del silenzio è un’antologia di poesie scelte lungo l’asse 1951-1995 che «usa con estrema precisione gli strumenti grafici della scrittura, dislocando parole per suggerire intonazioni, esitazioni, intuizioni: il controllo del flusso», commenta nell’introduzione Massimo Bacigalupo. Tra le opere più rappresentative della Rich figura An Atlas of the Difficult World, che riporta la soggettività al noi in forma di «murale»: tra quest’ultimo e la «mappa» promessa «non c’è una grande differenza/ e la questione è da dove lo guardiamo».
Biografia altrettanto forte per l’argentina Pizarnik, poetessa cult nei paesi ispanofoni. Così la descrive Enrique Molina: «Creatura affascinata e affascinante, vittima e maga, ardeva sul rogo e, nello stesso tempo, con quella crudeltà propria della poesia, appiccava il fuoco al mondo circostante, lo faceva ardere con una fosforescenza tenera e cupa, che illuminava con un sorriso da fantasma il suo volto di bambina». Tra poème en prose e schegge basaltiche di versi la Pizarnik si muove con Nerval e Blake in un mondo onirico, visionario, contraddistinto da un’inesausta ricerca dell’innocenza perduta e dall’insorgere di voci multiple, come in questa intensa poesia scritta per Cristina Campo, Anillos de cenizas: «Stanno le mie voci al canto/ perché non cantino loro,/ i grigiamente imbavagliati nell’alba,/ i camuffati da uccello desolato nella pioggia.// C’è, nell’attesa,/ una voce di lillà che si spezza./ E c’è, quando si fa giorno,/ una scissione del sole in piccoli soli neri».
La materializzazione fisica della voce è invece al centro della poetica di Mariangela Gualtieri che esordisce nel 1992 proprio con Antenata: la phoné è espressa visivamente dall’utilizzo — diffuso in tutta la silloge — del maiuscoletto che sembra dare corpo alle parole nell’evidenza di una pronuncia più nitida, capace di modificare persino il timbro declamatorio (la Gualtieri è anche autrice di testi drammaturgici e ha fondato con Cesare Ronconi nel 1983 il Teatro Valdoca). Il motivo dominante è la presenza del sacro nell’immagine quotidiana, quasi in ogni gesto consueto e, in particolare, nella divinità dell’umano («tutte le gocce/ sulla sua faccia portano/ il consolo del fresco»).
Infaticabile traduttore della poesia neogreca, Crocetti ripropone anche un’antologia delle liriche di Ghiorgos Seferis, il quale — come ricorda Nicola Gardini — sembra attuare «la voce di tante voci», mettendo cioè in campo forze poetiche uguali e contrarie, assorbite da vaste letture nascoste in un faux exprès e dalla spiccata sensibilità di chi deve fare a cazzotti con le proprie origini. L’aspetto polifonico e altresì trasmutante della sua poesia è modulato sui simbolisti e modernisti di cui fu, non a caso, ottimo traduttore: Eliot, Pound e Auden su tutti. Da quest’ultimo pare accogliere il gusto per l’understatement e il disarticolare le cadenze ritmiche fino a produrre suggestioni differenti e distorcenti, in nessun modo legate fra loro: «Ma gli esorcismi, i beni, l’oratoria/ a che servono se sono lontani i vivi?». La mancanza di un continuum si riverbera finanche nei nodi espressivi dell’autore smirneo: non un lirico puro — benché abbia conosciuto a fondo Mallarmé e Valéry —, ma un istrione che passa rapidamente dal pensiero diaristico all’haiku, dalla secca boutade a versi tentacolari. Tra le tematiche più frequenti la statua, il marmo, il tratto devastatore e solvente del mare (non siamo distanti dagli Ossi di seppia, anche se con filtri antinomicamente evangelici): «Ancora poco/ e vedremo i mandorli fiorire/ i marmi splendere al sole/ il mare frangersi in onde;// ancora poco,/ solleviamoci ancora un po’ più su». Le storture e il senso non parificato della poesia di Seferis dipendono naturalmente dalla condizione esistenziale e politica in cui versa lo scrittore. Eppure, il canto dell’allodola riesce a salire in linea verticale e qui il poeta sa bene dove crivellare i suoi rimandi. Omero, Erodoto, Sofocle: l’invidiabile pedigree che, non senza contraccolpo, rinfocola l’amor patrio.
A Muzot, nel Vallese, in una manciata di anni (gli ultimi della vita), dal 1922 al 1926, Rainer Maria Rilke scrive alcune liriche in francese (400!), inseguendo una «langue prêtée» che ridoni freschezza e spontaneità al dettame. In una lettera del ’25 ad Arthur Fischer Colbrie il poeta tedesco scrive: «Non vedevo alcuna ragione di difendermi da questo canto spontaneo che mi si andava imponendo con purezza». Che altro sono se non lacerti di pura schiettezza poesie di questo tipo? La passante d’estate: «Vedi avanzare sulla via la lenta, radiosa,/ colei che noi bramiamo, la passante?/ Le rendano omaggio, dove la strada svolta,/ delicati signori d’una volta.// Sotto il suo parasole, con grazia passiva,/ custodisce un tenero dilemma:/ sottraendosi un attimo alla luce viva,/ riforma l’ombra che tutta la rischiara». O anche Verziere: «Limpido nome, nascondi l’antica primavera/ nella pienezza sfolgorante/ e nelle tue sillabe armoniose/ tutto raddoppi e fai abbondante». È proprio il fervore nominale che invita Rilke all’adozione del francese («Se di scriverti ho avuto l’ardimento/ fu per usare, lingua imprestata,/ quel nome rustico: Verziere/ nel cui dominio da sempre mi tormento»). Dietro la serenità dei paesaggi e la quiete del cielo ruota, infatti, il governo della lingua chiamato allo stentoreo e adamitico nominare, risemantizzare.
Chiudono — per ora — il catalogo due sillogi imperiose di Ghiannis Ritsos, Quarta dimensione (edizione integrale) e Molto tardi nella notte, e Poesie d’amore del Novecento, un’antologia dedicata al sentimento abissale che, secondo Filippo Tommaso Marinetti, è stato inventato dai poeti. Come dargli torto, come dargli ragione.
Scandalosa Edna, «Poesia. Rivista internazionale di cultura poetica», Nuova serie, 1, Crocetti-Feltrinelli, pp. 128, € 13
Carol Ann Duffy. Sincerità. L’avvilente politica dei nostri tempi, «Poesia. Rivista internazionale di cultura poetica», Nuova serie, 2, Crocetti-Feltrinelli, pp. 128, € 13
Adrienne Rich, Cartografie del silenzio (Poesie scelte 1951-1995), a cura di Maria Luisa Vezzali, introduzione cronologia e note di Massimo Bacigalupo, Crocetti-Feltrinelli, pp. 256, € 17
Alejandra Pizarnik, La figlia dell’insonnia, a cura di Claudio Cinti, introduzione di Enrique Molina, Crocetti-Feltrinelli, pp. 190, € 16
Mariangela Gualtieri, Antenata, con scritti di Milo De Angelis e Franco Loi, Crocetti-Feltrinelli, pp. 99, € 12
Ghiorgos Seferis, Le poesie, traduzione di Nicola Crocetti, introduzione di Nicola Gardini, Crocetti-Feltrinelli, pp. 267, € 18
Rainer Maria Rilke, Poesie francesi, a cura di Roberto Carifi, Crocetti-Feltrinelli, pp. 162, € 16
Ghiannis Ritsos, Quarta dimensione, traduzione di Nicola Crocetti, introduzione di Ezio Savino, Crocetti-Feltrinelli, pp. 412, € 19
Ghiannis Ritsos, Molto tardi nella notte, traduzione di Nicola Crocetti, introduzione di Ezio Savino, postfazione di Chrisa Prokopaki, Crocetti-Feltrinelli, pp. 200, € 16
Poesie d’amore del Novecento, a cura di Angela Urbano, presentazione di Antonello Satta Centanin, Crocetti-Feltrinelli, pp. 96, € 10