Giovanni Perri, cinque poesie

Giovanni Perri

da “Cifrario dell’invisibile”

Vorrei tradurre piano la gioia:
fermare il mappamondo con un dito
mettere casa in un fosso di sabbia dove
scorpione e sagittario si amano:
parlo di fiumi in piena
di isole incendiate
di telescopi per avvistare minuscole nomenclature del tempo
gente che rientra in un guscio di noce, si addormenta piangendo
oppure parlo solo di aria sconosciuta
corpi che avanzano al buio
inciampano in qualcosa
cercano l’angolo di luce.

*

Quasi preghiera

Noi siamo gli accampati
sulle teorie dei mondi:
ostaggi del bene sogniamo il taglio verticale
il pianto che ci salvi dal coro delle polveri:
e ti parlo del bene come viene
dai cuori delle vergini albere
spaventate ad ogni scoppio di luna; ti parlo
della zingara nuda
crocefissa al sole.
Scoliamo bottiglie d’aria
per finire ubriachi in vergogna
di non avere amato abbastanza.

*

Controluce

Settembre piove nelle scarpe, senza andatura
da ogni piccola morte riempito, svuotato.
Un verso controluce settembre:
la tristezza per una cosa che non è mai esistita.

*

I dispersi

Benedette le aiuole di settembre, parole alberate, cani che guardano
i tram;
quei muri bassi di attracco per tutte le notti
non ancora entrate in una scena di pioggia e urina
nell’immenso parcheggio dell’amore a sé stante.

*

Camminava piangendo ed io non ebbi il coraggio
di chiederle perché piangesse.
Aveva i capelli della madre, l’eco delle volte affrescate:
calendula lacrima versata, colore senza colore.
Poi un giorno mi baciò ed io vidi il sentiero
di una qualunque luna
prendermi dolcemente il labbro
non per riempire la fine di un amore
appena sbocciato sulla nuca
o per morire in un assetto di volo dietro il cuore
ma per cantare l’interno luminoso del giorno
l’avanzo di qualcosa che trema nell’acquaio dell’alba
quando i pesci non hanno memoria
e la parola sbanda prima di aprirsi alla luce.
Così stemmo abbracciati sul ponte fino a sera
finché non ci inghiottì un portone
e fu di nuovo per fame che svenimmo.

Giovanni Perri nasce a Napoli nel 1972. Consegue la laurea in lettere moderne con una tesi in storia dell’arte medievale. Fa parte della redazione di “Bibbia d’Asfalto- Poesia urbana e autostradale” e di “Inverso –Giornale di poesia”, collabora a “Menabò quadrimestrale internazionale di cultura poetica e letteraria”. Nel 2017 pubblica E mi domando la specie dei sogni, sua prima raccolta di poesie, per le edizioni Terra d’ulivi. Ottiene numerosi riconoscimenti ed è presente in diverse riviste e antologie. Alcuni suoi testi sono stati tradotti in spagnolo. Cifrario dell’invisibile del 2019 è, sempre per Terra d’Ulivi edizioni, la sua seconda raccolta di poesie.

La scelta dei testi qui pubblicati è di Giovanni Ibello

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