In fondo è l’attesa perenne
che sia primavera,
è il passo tremante che segue,
fuggendo, la stasi.
Ma tra i colpi del vero sorprende
– premura inaudita –
che di là dal tempo e dai luoghi
noi siamo reciproca cura.
*
Eravamo d’accordo, la morte
ci avrebbe sorpresi,
è per sola clemenza
– la sua – che si chiudono i giorni.
Dieci volte (o dodici, forse)
avevo in vent’anni fermato
alla tua la mia mano.
Ora che l’infinito ci svela
i suoi celeri tempi,
per noi resta una degna costante
la cifra precaria dell’uomo.
*
Mia madre conserva le foto,
i doni di pregio, l’ho vista
parlare a ceramiche antiche,
a servizi d’argento reclusi
– da sempre, per sempre –
in galere di vetro.
Le ho studiato distratto le mani,
quei nodi di vene
rincorrersi senza una tregua.
Mia madre che ascolta la morte
parlare una lingua straniera
e intanto accarezza un vestito
che pende nel buio dell’armadio,
lo conserva, non l’ha mai indossato.
Le sopravvivrà.
Eppure un poeta la osserva
e pavido incide
– sul marmo o nel vento? –
sua madre che sfida la vita
tessendo il ricordo e il silenzio.
Ma fiero ripudia le foto,
i pensieri di viaggio,
i doni, le stoffe, gli orpelli,
corrèi della morte:
l’oltraggio, mi sopravvivranno.
E – candore immortale – mia madre
ignara gli insegna
che un ricordo non teme la morte
ma sfida la vita.
Gerardo Masuccio è nato a Battipaglia, in provincia di Salerno, nel 1991. Ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza nella limitrofa Olevano sul Tusciano. Dopo gli studi classici a Eboli, nel 2010 si è trasferito a Milano per frequentare l’Università Bocconi. Ha conseguito due lauree, in Giurisprudenza e in Economia, con tesi sul diritto d’autore e sull’editoria libraria. Negli anni universitari ha fondato il salotto letterario degli studenti. Dal 2017 lavora per Bompiani e ne cura la collana CapoVersi. È inoltre redattore delle pagine digitali di Atelier. La sua poesia è apparsa in antologie, riviste, siti specializzati e opuscoli non venali. Fin qui visse un uomo (Interno Poesia 2020), è la sua opera prima.