Alessandro Ferraro, “Genova di carta”

RECENSIONE DI ALBERTO FRACCACRETA

 

Conoscere una città per i suoi luoghi, i suoi siti storici, i punti di confluenza, le abitudini è un approfondimento necessario per chi abbia voglia e nerbo di «visitare» (stricto sensu). Ma entrare nel battito interno delle vie, nel polveroso respiro dei crocicchi, nella maestà delle costruzioni è tutta un’altra storia. Una storia che riguarda particolarmente la letteratura e i suoi crismi, le sue idiosincrasie. Per questo motivo l’editore siciliano il Palindromo s’è inventato un progetto editoriale di rilievo: la collana “Le città di carta” (di Francesco Armato e Nicola Leo, diretta da Salvatore Ferlita e Fabio La Mantia, copertine di Simone Geraci) che sino a oggi ha visto la pubblicazione di vere e proprie «Guide letterarie con mappa allegata» di Palermo, Catania, Roma, Milano, Torino e — in ultimo — Genova. Alessandro Ferraro, giovane studioso dell’Università della Lanterna, allestisce una vasta galleria di passaggi lirici ed echi autoriali al setaccio dello spirito più vero della città doriana: da Gozzano a Sbarbaro, da Campana a Montale, da Sanguineti a Gadda, da Caproni a De Signoribus, con citazioni petrarchesche e osservazioni camusiane, passando per Testa, Franco, Tabucchi, Ortese, fino ad arrivare a De André e alla mitica scuola cantautoriale.

«Genova è tanto lirica? — si domanda Ferraro — Perché ha ispirato e istigato a scrivere tanta poesia? Forse è la prospettiva che inganna, ma qualcosa di singolare è successo, parzialmente giustificabile con la conformazione della città e quasi per nulla con la costituzione e il carattere dei genovesi (esibito nei romanzi)». Camminare per quei carruggi lungo quei moli, tra ascensori, funicolari, palazzi, salite discese e risalite significa anche indugiare in una grande impalcatura poetica, in un enorme castello di ispirazione «d’argento e stagno» (come vuole Caproni), «contro uno sfondo di perla» (come vuole Montale), «per lastrici sonori della notte» (come vuole Sbarbaro).

Bellissime sono le pagine di Genova addietro, dove fruga Eugenio Montale, nelle quali sono ricordate figure fondamentali per la formazione lirica che agiterà Montale stesso in un ampio scrigno modernista, ossia appunto Sbarbaro, Ceccardo Roccatagliata, Pierangelo Baratono, Marianna Montale (sorella di “Eusebio”), i padri Barnabiti con in testa Giovanni Semeria, Sergio Solmi, Angelo Barile e — più di tutti — Bobi Bazlen. Scrisse il poeta Premio Nobel in un ricordo: «Ma Genova non saprei dimenticarla. Ne conosco il dialetto, l’ho parlato a casa e fuori […]. Quando vi torno vi trovo ancora molto del suo passato e guardo con un misto di ammirazione e di sgomento i segni del suo presente e del suo avvenire. Una città che è una striscia di venti chilometri, da Voltri a Nervi, e a mezza via il grosso nodo centrale. Vista da un aereo deve sembrare un serpente che abbia inghiottito un coniglio senza poterlo digerire. Una grande città che fugge dal suo centro e che rende stranamente anacronistico il carattere dei suoi nativi (se ne esistono ancora). Il vero genovese era “stùndàiu” (la parola non è sdrucciola e occorre un forte accento sulla prima u), e quindi poco sociale». Città in cui davvero qualcosa di singolare è successo: un qualcosa di inafferrabile e impalpabile che — ebbe a dire Adorno — sempre «si allontana come l’arcobaleno». Un qualcosa che rende Genova pietra e carta al contempo, materia e anima, solidità e leggerezza. «D’altra parte, se sono invenzioni i luoghi rappresentati in letteratura — chiosa Ferraro —, mosaici immaginari composti con tessere reali, un’invenzione sono pure i cosiddetti “luoghi letterari”, stratificazioni di parole e memorie sul palinsesto del mondo».

 

Alessandro Ferraro, Genova di carta. Guida letteraria della città, appendice con Ernesto Franco ed Enrico Testa, il Palindromo, pp. 256, € 18

 

 

Alessandro Ferraro (1985) è dottore e assegnista di ricerca presso l’Università di Genova. Si occupa di letteratura italiana contemporanea, in particolare di Giorgio Caproni: ha curato il Taccuino dello svagato (Passigli, 2018) e Las secretas galerías del alma. Giorgio Caproni, l’itinerario poetico e i poeti spagnoli (Ediciones Complutense, 2018). Ha pubblicato saggi su rivista scientifiche come «The Italianist», «Quaderni del ’900» e «Cuadernos de Filología Italiana». Nelle Mappe della «Balena Bianca» (www.labalenabianca.com) ha pubblicato Madrid, esattamente enfrente (2017) e Favignana, ascuta curù (2019); per l’associazione Luoghi d’Arte cura gli itinerari letterari dal

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