Sentirti passare nel buio
come un seme nel frutto. Prevedere
il momento in cui mancheremo, il dopo
delle piazze crollati i campanili
superbi. Ti trovo nel buio:
da una palude immensa come un occhio
emerge la pupilla che mi sfiora. Dobbiamo
amare in silenzio la terra che ama
i morti come un marmo le sue vene.
*
Mi chiedi un figlio. Ovvero: come un dono
di carta colmo d’acqua, l’animale
che non posa sui rami e non sprofonda,
lama che divide le spighe
dai gambi, e il portatore sottopelle
di radici che ignora. La creatura
che stancherà i tuoi muscoli
fino a conoscerne ciascuno
e a tramandarti viva, ma staccato
il tuo viso da te come un affresco
mentre tu diventi muro. Mi chiedi
un figlio, dici, perché questo imbuto
che sentiamo d’essere, soffocato
di sabbia bagnata e muto benché
nutrito di tutte le parole
e d’altro ancora, restituisca infine
un granello alla terra, a tutti i libri
almeno una sillaba.
Isacco Turina, due poesie da I destini minori (Il ponte del sale, 2017)
Isacco Turina (Villafranca di Verona, 1976) è poeta e saggista. Ha curato i volumi “I nuovi eremiti” (Medusa, 2007) e Chiesa e biopolitica (Mimesis, 2013) . “I Destini minori”, dopo anni di attesa, è una matura e densa raccolta di poesia edita da Il ponte del sale nel 2017 , la sua opera prima opera in versi.
Ho riletto dopo tempo “Mi chiedi un figlio”, ogni volta è come la nuova pagina di un libro che credevi di aver letto fino in fondo, come la porta verso una nuova stanza dove non eri entrato.