LIMITE
UNA campana è il mio cuore più cupo
d’un disperato suonare a distesa.
Non c’è riposo alla vasta ossessione
dei grilli in questa notte già recisa
dal richiamo dei treni. E il tuo viso
appena sfiorato dal mio amore
ora è già smorto, caduto. Potranno
piangere gli uomini con il lamento
lungo delle strade, potremo piangere
che non ci è dato nulla oltre il nome.
Ricordo solo il tuo seno malato.
A MEMORIA
ERI come il cadere molle dei colli alla pianura,
quando si spande il caldo dell’estate,
il crescere sottile e schivo degli agnelli.
Poi il riposo, lungo e confortato di pianto.
Assopirsi lento dei sensi
e compiacersi del proprio silenzio.
Pure il tuo respiro era solo tristezza
e chiuso dolore:
un esilio vuoto di parole,
un levigato dormire.
In te era il mio gesto
come un’ombra sfiorita di accenti,
se ancora un limite mancava alla persona.
Così si spengono i tuoi occhi alla memoria.
PRESENZA
QUESTO incredibile pianto e il suono
che s’affloscia in sorde cavità
della ragione; il suono come vento
mutevole d’uccelli, di severi
animali inquadrati nelle valli,
immobili negli occhi. O ancora
la presenza ha un senso in questa vita
dirotta dal tempo? E forse io vivo?
Mario Ramous, (Milano 18 maggio 1924, Bologna 8 luglio 1999) frequentò l’Università a Firenze e Bologna; nel 1947 iniziò a scrivere d’arte su il Progresso d’Italia, iniziando così l’attività di critico, che manterrà per molti anni a venire. Collaborò poi con numerose riviste, scrivendo oltre 200 saggi e articoli sulla letteratura e la linguistica. Dal 1950 al 1975 fu a capo della casa editrice Cappelli, per cui curò la collana Documenti, e ne creò altre, come Universale, Biblioteca dell’Ottocento Italiano e Dal soggetto al film. Francesco Flora lo volle come collaboratore alla rivista Letterature moderne. Negli anni Settanta iniziò a lavorare per Garzanti, curando le voci di linguistica per l’Enciclopedia europea dell’editore milanese. Fu tra i nominati per il Premio Monselice 1972, ed entrò tra i 4 finalisti segnalati con Filippo Maria Pontani (poi vincitore), Giorgio Caproni e Nicolò Carandini. Le sue traduzioni delle “Poesie di Catullo” gli valsero una ulteriore segnalazione nel 1976 e nel 1977. Vinse il Premio “Lorenzo Montano” 1999 con la sua raccolta di versi “Il gran parlare”.
In poesia ha pubblicato:
“La memoria, il messaggio”, Bologna, Cappelli, 1951, “Il presente, l’affetto”, Bologna, Libreria Antiquaria Palmaverde, 1954, “Nuove poesie”, Bologna, Cappelli, 1956, “Quantità e qualità”, Bologna, Geiger, 1968, “Battage per Valeria”, Bologna, Cappelli, 1973, “Macchina naturale”, Milano, Feltrinelli, 1975, “A discarico”, Rivalba, Geiger, 1976, “Dopo la critica”, Milano, Società di poesia, 1984, “Interferenze”, Milano, Garzanti, 1988, “Ricercari a discanto”, Milano, Garzanti, 1992, “Il tempo”, Urbino, Edizione degli scalzi, 1993, “Per via di sguardo”, Venezia, Marsilio, 1996, “Il gran parlare”, Venezia, Marsilio, 1998, Remedia, Castel Maggiore, Book Editore, 1998, Mario Ramous, “Tutte le poesie” 1951-1998, 2017, Edizioni Pendragon.
Gentile dott.ssa Sorrentino,
questa mattina, ingannando il tempo in questo lockdown, ho avuto nuovamente il piacere di vedere che ha nuovamente pubblicato delle poesie di mio padre.
La ringrazio molto.
Ho recentemente costituito il Centro Studi Mario Ramous, anche in vista di un evento/mostra che terremo a Bologna, nelle sale di Palazzo d’Accursio a marzo 2022. In quell’occasione, oltre ad un convegno che vedrà riuniti molti docenti universitari, inaugureremo una mostra che cercherà di raccontare i vari aspetti di papà: dalla poesia alla traduzione, dalla direzione editoriale alla grafica, dalla critica d’arte alla composizione musicale.
In quell’occasione pubblicherò un volume con alcune poesie inedite che ho ritrovato negli archivi.
Se desidera maggiori informazioni non esiti a contattarmi.
Colgo l’occasione per farLe i migliori auguri di Natale.
Michele Ramous Fabj