Alberto Nessi, “Perché non scrivo con un filo d’erba”

ANTEPRIMA EDITORIALE

Il 19 novembre 2020 compie 80 anni Alberto Nessi, Gran Premio svizzero di letteratura. Per festeggiarlo Interlinea pubblica la sua ultima raccolta Perché non scrivo con un filo d’erba, un’antologia che raccoglie i suoi testi più intensi, su dolore, ingiustizie, viaggi, natura e società con una particolarità da collezione: i testi sono accompagnati dai manoscritti dell’autore.

Il libro si chiude con testi di Fabio Pusterla dedicati al maestro e amico Nessi.

Dal 19 novembre  80 copie numerate e firmate dall’autore di Perché non scrivo con un filo d’erba sono disponibili fino a esaurimento, soltanto sul bookshop di Interlinea.

 

Invito

Il paese è di sorbi vendemmiati
di tetti miti all’aria di settembre
tra il silenzio degli alberi che anche tu
ricordi presso la casa di verderame.

Il tempo è quello incerto dell’attesa
l’orologio s’è rotto ed il segreto
ripete in alto il suo volo d’uccello.

1969

 

i segni dell’alfabeto vegetale
e la pioggia risillaba i cespugli: allora
nella mia testa le parole brillano
come topinambur,
dietro il cancello il fico
torce i suoi rami come un anacoluto.

1992

 

Uccelli

È la stagione degli uccelli impazziti.
Sopra l’asfalto come carta straccia
sbattono le ali, le più liete creature,
ci feriscono in cerca della strada
sfiorano la ringhiera bestemmiando.
Prigionieri del fango e del petrolio
scuotono le sbarre della prigione
i fratelli che hanno perso la voce
invano.

2000

Il bisogno di poesia

UN APPUNTO

Qui, seduto a un tavolino del caffè Les Arts & Métiers nel Marais parigino, vedo la vita rinnovarsi secondo il suo ritmo feriale. Sono le sette e mezzo di mattina, una ragazza corre a prendere la metropolitana, il barbone col cagnolino si siede sul marciapiede, le bici sfrecciano verso rue Beaubourg, i semafori non hanno mai smesso di funzionare e le sirene di squarciare il cielo: che a Parigi cambia così in fretta, dai grigi in tutta la loro gamma al viola chiaro della cimbalaria già rifiorente, in questi giorni di pre-primavera, nei muri dei miei paesi. La vita riprende il proprio corso abituale e io sono qui con la brioche tiepida a pensare alla serata di eri, passata con l’amico Jean-Baptiste a leggere versi in una cantina della Maison de la Poésie: luogo simbolico, per un genere letterario destinato a sopravvivere nelle catacombe.

Intanto un uomo entra nel locale ancora deserto, discute con voce troppo alta con il barista, poi si mette a cantare. Un altro scarica merce da un carrello senza dire una parola. La vita del giorno ricomincia e io sono qui a pensarci su. Dev’esserci una relazione, penso, tra questi uomini incontrati per caso e il libro che ho in tasca. Vedo, per due secondi, nelle persone sconosciute un tratto che mi unisce a loro, in quanto essere umano simile a loro. Che differenza c’è tra il tipo al bancone o la ragazza in corsa e me? Tra l’uomo comune e il poeta? La differenza sta nell’emozione che spinge il poeta, in momenti felici, a scrivere cose che non hanno una destinazione pratica, non usano il linguaggio per trasmettere informazioni; “non servono a niente”, direbbe un uomo d’azione o d’affari o d’ordine. Non servono a niente se non a farci sentire vivi, a colmare il vuoto creato in noi dal “disagio della civiltà”. Non servono a niente, come i petali della cimbalaria e i grigi del cielo, se non a darci bellezza, a far scaturire nel nostro spirito scintille di vita.

Questa emozione, questa bellezza, queste scintille hanno origine nella realtà di tutti i giorni. Il lavoro del poeta è quello di stabilire dei legami segreti tra cose date per scontate, di ridare verginità a parole logorate dall’uso: questa la sua forza, oggi apprezzata da pochi, ignorata dai più, talvolta derisa, disprezzata o addirittura fatta oggetto di aggressione verbale. Il poeta è un uomo come gli altri che, in più, si meraviglia di esistere e ci comunica emozioni, ci fa pensare, rivela qualcosa che sentivamo in modo vago di avere dentro di noi. Francis Ponge diceva: «La poésie est l’atelier de réparation du monde».

Che cosa vorrà dire questa frase, che ieri sera il mio amico Jean-Baptiste mi ha ricordato nella cantina della Maison de la Poésie, dove una lampadina faceva luce su parole uscite dal buio? Cerco di interpretare. Officina di riparazione, la poesia, forse perché il mondo ha perso pezzi. Il poetico di Orfeo ha lasciato il posto al prosastico della società tecnologica.

La Musa sopravvive in esilio, amata da pochi. Sì, forse vive nell’immaginazione di un adolescente o di quella ragazza che correva verso la metropolitana; ma Jean-Baptiste ieri sera mi diceva: la differenza tra noi e i ragazzi d’oggi è che ai ragazzi d’oggi non verrebbe mai in mente di rubare un libro di versi. E mi ha riferito il seguente episodio: il professore di un liceo francese spiega Les Fleurs du Mal di Baudelaire e vorrebbe far sottolineare certe parole del testo. Ma lo studente protesta: «Va bene studiare la poesia, ma non posso sottolineare, perché se no alla fine dell’anno non riesco più a rivendere il libro…»

Questo significa la vittoria del denaro su tutta la linea; l’officina di riparazione, dove lavora il poeta con la sua Arte e il suo Mestiere, non ha più ordinazioni, tutto è messo in vendita al supermercato, che talvolta fa anche offerte speciali e supersconti… Ma, dentro di me, sento che non può essere così: perché il bisogno di poesia è insito nell’uomo e il sentimento poetico del mondo se ne sta nascosto da qualche parte, nella sua tana, come l’orbettino che un raggio di sole basta a risvegliare dal letargo.

Alberto Nessi

 

FABIO PUSTERLA

Un filo d’erba per Alberto Nessi

 

Freschissima l’erba
in questa conca mite che scende dal passo
in un mosaico di gobbe, avvallamenti e acque
che lentamente fluiscono. Ecco perché la mandria
rimane sdraiata, scampanante invisibile
nella controra. Ben diversa
questa pace soffusa
dalla zona più alta
detta Assassinavacche, di sbalzi e voragini
o dall’altra scoscesa, Dei Cani,
petrosa, e anche più
cattiva. No, qui si sta bene,
pensano forse le bestie. Qui
si sta.

Ma una giovenca più nervosa o curiosa
resta ritta sul ciglio della strada, lontana
da tutte le altre. Non bruca, non riposa:
guarda le auto, le moto e i ciclisti
precipitare sgargianti verso il piano,
certi gridando forse di gioia
o d’impazienza.
Li osserva la vacca
e nessuno può dire se con sentimento
o gran dispetto, con quale interesse o pietà.
Nessuno saprà
cosa vede.

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Alberto Nessi, nato a Mendrisio nel 1940, è poeta e narratore. Dopo gli studi alla Scuola magistrale di Locarno e all’Università di Friburgo, è stato insegnante in diversi ordini di scuole. Ha abitato sempre nel Mendrisiotto. È sposato con Raffaella e padre di due figlie.

Ha esordito come poeta nel 1969 e ha al suo attivo diversi libri di poesia, tra i quali una scelta antologica apparsa presso l’editore Casagrande di Bellinzona nel 2010 col titolo Ladro di minuzie. Le sue opere più recenti sono Un sabato senza dolore (Interlinea, Novara 2016), Rime facili per grandi e piccini (Casagrande, Bellinzona 2018) e Perché non scrivo con un filo d’erba (Interlinea 2020), antologia con autografi e inediti pubblicata in occasione dei suoi 80 anni.

Alberto Nessi è inoltre autore di tre romanzi e di tre raccolte di racconti (l’ultima si intitola Miló, Casagrande, Bellinzona 2014). Nel 2017 ha pubblicato, per le edizioni Unicopli di Milano, Svizzera italiana. Quindici passeggiate letterarie.

Nel 2016 gli è stato conferito il Gran Premio svizzero di letteratura.

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