Il libro
Mille voci – furiose e dolcissime, alte e sfrenate, colte o volgari, precipitose, afferrate per strada o riprese dalla tradizione letteraria – coabitano nella mente del protagonista di questo monologo drammatico. Il poeta-ventriloquo tutte le accoglie per comporre la sua appassionata sonata alla Quinta Stagione, il tempo nuovo, difficile, confuso, sconcertante, che s’impone. Una nuova stagione in cui, al di là delle maschere della vita sociale e delle narrazioni private ad uso consolatorio, siamo chiamati a fare i conti con noi stessi. Con la nostra intima verità. Umile, prosaica, contraddittoria. Aperta alle questioni finali. Cosí da ritrovare la nostra propria appartenenza al flusso collettivo e universale. Noi, nel Mondo. Il poemetto, dalla forte impronta teatrale, si snoda secondo quella forma discorsiva-divagante, in cui Marcoaldi è maestro. Ma piú l’andamento si fa sussultorio e centrifugo, piú conduce il lettore nella selva oscura del senso profondo della vita. E dietro il tono apparente di conversazione, prende corpo qualcosa di molto simile a una Apocalisse. Che racconta la fine irreversibile di un tempo ormai per sempre consumato, e anticipa in controluce un possibile, nuovo inizio.
Franco Marcoaldi (1955) vive da anni sulla laguna di Orbetello. Con Einaudi ha pubblicato i seguenti libri di poesia: “A mosca cieca” (1992), “Celibi al Limbo (1995), “L’isola celeste” (2000), “Animali in versi” (2006), “Il tempo ormai breve” (2008), “La trappola” (2012), “Il mondo sia lodato” (2015), “Tutto qui” (2017) e “Quinta stagione” (2020). Altri due suoi libri di versi sono usciti da Bompiani: “Amore non Amore” (1997), “Benjaminowo: padre e figlio” (2004). Fra i suoi libri in prosa, il più recente è il racconto “Baldo” (Einaudi 2011).