Una poesia di Carol Ann Duffy

Carol Ann Duffy

      THE LONG QUEEN

The Long Queen couldn’t die.
 Young when she bowed her head
 for the cold weight of the crown, she’d looked
 at the second son of the earl, the foreign prince,
 the heir to the duke, the lord, the baronet, the count,
 then taken Time for a husband. Long live the Queen.

What was she queen of? Women, girls,
 spinsters and hags, matrons, wet nurses,
 witches, widows, wives, mothers of all these.
 Her word of law was in their bones, in the graft
 of their hands, in the wild kicks of their dancing.
 No girl born who wasn’t the Long Queen’s always child.

Unseen, she ruled and reigned; some said
 in a castle, some said in a tower in the dark heart
 of a wood, some said out and about in rags, disguised,
 sorting the bad from the good. She sent her explorers away
 in their creaking ships and was queen of more, of all the dead
 when they lived if they did so female. All hail to the Queen.

What were her laws? Childhood: whether a girl
 awoke from the bad dream of the worst, or another
 swooned into memory, bereaved, bereft, or a third one
 wrote it all down like a charge-sheet, or the fourth never left,
 scouring the markets and shops for her old books and toys –
 no girl growing who wasn’t the apple of the Long Queen’s eye.

Blood: proof, in the Long Queen’s colour,
 royal red, of intent; the pain when a girl
 first bled to be insignificant, no cause for complaint,
 and this is to be monthly, linked to the moon, till middle age
 when the law would change. Tears: salt pearls, bright jewels
 for the Long Queen’s fingers to weigh as she counted their sorrow.

Childbirth: most to lie on the birthing beds,
 push till the room screamed scarlet and children
 bawled and slithered in their arms, sore flowers;
 some to be godmother, aunt, teacher, teller of tall tales,
 but all who were there to swear that the pain was worth it.
 No mother bore daughter not named to honour the Queen.

And her pleasures were stories, true or false,
 that came in the evening, drifting up on the air
 to the high window she watched from, confession
 or gossip, scandal or anecdote, secrets, her ear tuned
 to the light music of girls, the drums of women, the faint strings
 of the old. Long Queen. All her possessions for a moment of time.

      LA REGINA LUNGA

La Regina Lunga non poteva morire.
 Giovane quando chinò il capo
 al freddo peso della corona, aveva guardato
 il figlio cadetto del conte, il principe forestiero,
 l’erede al ducato, il lord, il baronetto, il visconte,
 e poi preso per marito il Tempo. Lunga vita alla Regina.

Di che cosa era regina? Donne, ragazze,
 zitelle, streghe e befane, balie, vedove,
 mogli, matrone, madri di tutte costoro.
 La parola della sua legge l’avevano nelle ossa, nell’innesto
 della mano, nel piede scatenato nel ballo.
 Non c’era bimba al mondo che non fosse figlia della Regina Lunga.

Non vista, lei governava e regnava; alcuni dicevano
 in un castello, alcuni dicevano in una torre nel cuore di tenebra
 di un bosco, alcuni dicevano in giro cenciosa, travestita,
 a separare i buoni dai cattivi. Spediva lontano i suoi esploratori
 nel cigolio delle navi ed era regina di altre ancora, di chi,
 ora non più, in vita era stata femmina. Viva la Regina.

Quali erano le sue leggi? Infanzia: se una ragazza
 si destava dal peggiore dei sogni, o un’altra
 illanguidiva nei ricordi, affranta, desolata, o una terza
 annotava tutto in un atto d’accusa, o la quarta mai s’allontanava,
 e perlustrava mercati e negozi alla ricerca dei suoi vecchi libri e giocattoli –
 non c’era ragazza che crescesse che non fosse beniamina della Regina Lunga.

Sangue: prova, nel colore della Regina Lunga,
 il rosso reale, di intenti; il dolore quando una ragazza
 la prima volta mestruerà sarà insignificante, da non lamentarsi,
 e una volta al mese, legato alla luna, fino alla mezza età,
 quando la legge cambierà. Lacrime: perle di sale, gioielli lucenti
 che le dita della Regina Lunga peseranno nel contarne la pena.

Parto: le più giaceranno sul letto di travaglio,
 spingeranno con urla che faranno scarlatta la stanza e i bambini
 gli guizzeranno strillanti fra le braccia, fiori ammaccati;
 alcune saranno madrine, zie, maestre, affabulatrici,
 ma chi l’avrà provato giurerà che il dolore valeva la pena.
 Nessuna madre ha partorito figlia che non onorasse nel nome la Regina.

E i suoi piaceri erano le storie, vere o false,
 che giungevano la sera, e per l’aria salivano su
 all’alta finestra da cui lei guardava, confessione
 o pettegolezzo, scandalo o aneddoto, segreti, l’orecchio teso
 alla musica lieve delle ragazze, i tamburi delle donne, le flebili corde
 delle vecchie. Regina Lunga. Tutto le sue ricchezze in cambio di un attimo di tempo.

Una poesia di Carol Ann Duffy, ‘The Long Queen’ tratta da La donna sulla luna, a cura di Giorgia Sensi e Andrea Sirotti, Le Lettere, 2011

Carol Ann Duffy, poeta, drammaturga, è nata a Glasgow nel 1955, si è laureata in filosofia all’ Università di Liverpool e vive a Manchester, dove è Creative Director of the Writing School at Manchester Metropolitan University. Dal 2009 al 2019 è stata Poeta Laureata del Regno Unito.
Tra le sue maggiori raccolte di poesia si citano: Standing Female Nude (1985), che ha vinto uno Scottish Arts Council Award;Selling Manhattan (1987), which ha vinto un Somerset Maugham Award; The Other Country (1990);Mean Time (1993), che ha vinto il Whitbread Poetry Award e il Forward Poetry Prize (Best Poetry Collection of the Year);The World’s Wife (1999); Feminine Gospels (2002), Rapture (2005), che ha vinto 2005 T. S. Eliot Prize;The Bees (2011), vincitore di 2011 Costa Poetry Award e finalista del 2011 T. S. Eliot Prize; The Christmas Truce (2011), Wenceslas: A Christmas Poem (2012), Dorothy Wordsworth’s Christmas Birthday (2014) e Sincerity (2018). Le sue poesie per bambini e ragazzi sono raccolte in New & Collected Poems for Children (2009). Nel 2012, per celebrare Diamond Jubilee, ha curato l’antologia Jubilee Lines, 60 poesie di 60 poeti per ogni anno del regno della Regina Elisabetta II. Nello stesso anno Carol Ann Duffy ricevette il PEN/Pinter Prize. Altre antologie da lei curate includono: Out of Fashion (2004), Answering Back (2007); e To The Moon: An Anthology of Lunar Poems (2009).
Carol Ann Duffy è anche una drammaturga molto apprezzata, sue opere per il teatro incudono: Take My Husband (1982), Cavern of Dreams (1984), Little Women, Big Boys(1986), Loss(1986), a radio play, e Everyman, 2015, una riscrittura del morality play. Senza dimenticare un libretto de Il Flauto Magico di Mozart per Opera North
Tra i suoi numerosi premi e riconoscimenti si citano anche un Eric Gregory Award nel 1984, un Cholmondeley Award nel 1992 dalla Society of Authors, un Dylan Thomas Award dalla Poetry Society nel 1989 and un Lannan Literary Award da Lannan Foundation (USA) nel 1995. Nel 1995 ha pure ricevuto un OBE, un CBE nel 2001. È Fellow of the Royal Society of Literature.

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