FATTI
Avevo dedotto dalle immagini che il mondo era reale e per questo mi fermavo, perché chi sa cosa può accadere se parliamo di verità salendo le scale. Di fatto, avevo paura di seguire l’immagine fino a dove raggiunge la realtà, contro cui si poggia come un righello. Pensavo che sarei morta se il mio nome non mi avesse toccata, o se l’avesse fatto soltanto con la sua estremità, lasciando l’interno aperto a così tante antenne come una pioggia casuale che scroscia dalle nuvole. Hai riso e hai detto a tutti che avevo preso la Torre di Babele per Noè nella sua Ebbrezza.
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Non volevo prendere, nella mia mano fredda, questa strada che mi avrebbe riportata a casa, né seguire il consiglio che mi avevi dato di trovare un altro uomo che mi trattenesse perché lo studio di un’emicrania non avrebbe risolto il problema della sensazione. Tutto quel tempo, provavo a pensare, ma il fiume e la sponda si fondevano in un’unica oscurità, e le parole si appropriavano di significati che le rendevano difficili da usare alla luce del giorno. Credevo che entropia significasse abbracciarmi le gambe strette al corpo così che l’ombra del ponte sul Seekonk potesse scriversi nel mozzo della sua ruota abbandonata.
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Nella mia immagine del mondo la parte accidentale cade con la pioggia. Qualche volta, di notte, l’aria diluita. Mi hai detto che le case più povere, giù lungo il fiume, portano ancora il segno dell’inondazione, ma il mondo si divide in fatti simili a vagabondi sorpresi e scompigliati da un vento improvviso. Quando hai smesso di preparare citazioni dai misogini dell’antichità era chiaro che avresti presto dimenticato la mia strada.
FACTS
I had inferred from pictures that the world was real and therefore paused, for who knows what will happen if we talk truth while climbing the stairs. In fact, I was afraid of following the picture to where it reaches right out into reality, laid against it like a ruler. I thought I would die if my name didn’t touch me, or only with its very end, leaving the inside open to so many feelers like chance rain pouring down from the clouds. You laughed and told everybody that I had mistaken the Tower of Babel for Noah in his Drunkenness.
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I didn’t want to take this street which would lead me back home, by my own cold hand, or your advice to find some other man to hold me because studying one headache would not solve the problem of sensation. All this time, I was trying to think, but the river and the bank fused into common darkness, and words took on meanings that made them hard to use in daylight. I believed entropy meant hugging my legs close to my body so that the shadow of the bridge over the Seekonk could be written into the hub of its abandoned swivel.
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The proportion of accident in my picture of the world falls with the rain. Sometimes, at night, diluted air. You told me that the poorer houses down by the river still mark the level of the flood, but the world divides into facts like surprised wanderers disheveled by a sudden wind. When you stopped preparing quotes from the ancient misogynists it was clear that you would soon forget my street.
Rosmarie Waldrop, La riproduzione dei profili, a cura di Maristella Bonomo, nella collana “Le Meteore”, a cura di Domenico Brancale e Anna Ruchat, per FinisTerrae di Ibis, Pavia 2021.
DAL RISVOLTO DI COPERTINA
La riproduzione dei profili (1987) è una raccolta di brevi, folgoranti prose poetiche, con cui Rosmarie Waldrop scatta istantanee di una conversazione amorosa. Disse- minando e ricontestualizzando citazioni da Wittgenstein, Waldrop rende oggetto d’indagine l’esperienza linguistica quando prova a dare forma alla percezione (perlopiù anomala, e quasi intraducibile) dell’altro, rivelando una scrittura segreta e manifesta. Paesaggi fluviali, strade, gesti, stanze, frasi e desideri si attivano nel ricordo, gli esseri che lo abitano riaccadono. Esplorando il discorso amoroso si esplora la relazione tra due corpi, due soggettività, due caratteri, due grammatiche, si scruta la tensione della parola nel congiungere l’esperienza interiore alla realtà, e il momento in cui questa fusione trova un compimento metaforico, sospeso e reversibile.
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Rosmarie Waldrop, nata in Germania nel 1935, si trasferisce in America nel 1858, e consegue il Dottorato in Letterature comparate all’Università del Michigan. Insieme al marito e poeta Keith Waldrop fonda e dirige la casa editrice Burning Deck Press, una delle più interessanti realtà editoriali per la poesia e la prosa sperimentale americana. Poetessa, romanziera, saggista, Waldrop pubblica diverse raccolte di poesia tra cui Driven to Abstraction (2010); Curves to the Apple (2006), che contiene The Reproduction of Profiles, Lawn of Excluded Middle, Reluctant Gravities; Splitting Image (2005). Centrale nella sua poetica è l’attività di traduttrice. Per la traduzione di The Book of Questions e The Book of Resemblances di Edmond Jabès riceve il premio Harold Morton Landon Translation Award. Dal francese traduce anche Jacques Roubaud (traduttore in Francia de La riproduzione dei profili) ed Emmanuel Hocquard; dal tedesco, tra gli altri, Oskar Pastior, Paul Celan, Ulf Stolterfoht (per quest’ultimo ricevendo il Pen Award for Poetry in Translation). Sue poesie sono incluse nelle più importanti antologie di poesia americana contemporanea.