Die Ausgeschlossenen Ich habe Gespenster gesehen im Park – Afrikaner. Sie lagen verstreut auf dem Rasen Unter unnahbaren Pinien, wie Breughels Bauern Im Schlaraffenland. Sie schliefen dort draußen Bei Wind und Wetter, hangten die nassen Kutten und Hosen aus den Caritas-Containern Zum Trocknen an Bauzäune, Busche. Sie machten früh Katzenwäsche, putzten Die weißen Zähne in den dunklen Gesichtern Am Brunnen mit dem eiskalten Wasser Der Aquädukte, von römischen Sklaven erbaut. Unsichtbar waren sie, für die meisten kaum mehr Als Randfiguren. Schatten aus einer Unterwelt, Nur von den Schnüfflern beachtet – Männern Mit Schäferhunden –, schlichen sie Den ganzen Tag wie im Morgengrauen umher. Stolze Menschen im Grunde, doch nutzlos In ihrer Verborgenheit, von zwei Augen punktiert, Die glühten noch lange nach, wenn man sie traf, Wie im Traum das Meer, das sie hertrug, Das Meer zwischen ihnen und uns. Gli esclusi Nel parco ho visto spettri – africani. Sparsi, sdraiati sull’erba sotto inaccessibili pini, come contadini di Breughel nel paese di cuccagna. Dormivano fuori con qualsiasi tempo; appesi a cespugli, a steccati ad asciugare c’erano calzoni e giubbe bagnate che vengono dai container della Caritas. Come i gatti si lavano, la mattina presto, e quei denti bianchi su volti neri se li puliscono con l’acqua gelida della fontana: gli acquedotti costruiti dagli schiavi romani. Invisibili erano, figure marginali per i più o meno ancora. Ombre dagli inferi, li notano solo i ficcanaso – uomini con cani lupo – tutto il giorno a zonzo come sul far dell’alba. Persone orgogliose, in fondo, ma inutili nella loro clausura bucata da due occhi che rimanevano un pezzo accesi quando li incontravi, come in sogno il mare che qui li portò, il mare fra loro e noi. (Traduzione Anna Maria Carpi)
Da: Schiuma di quanti, Durs Grünbein, Einaudi, 2021
Il libro
Spesso nella poesia di Grünbein tutto parte da un’immagine colta al volo: un gruppo di migranti sdraiati in un prato, due moto incastrate dopo un incidente, una barca rovesciata da un’onda Ma poi da quell’immagine nascono altre immagini, per associazioni a volte sorprendenti, sempre illuminanti. E riflessioni che coinvolgono le piú varie branche del pensiero, non ultime le neuroscienze e la fisica quantistica. Queste connessioni improvvise e impreviste sono espresse in maniera lucida, non sentimentale, ma a partire dallo spiazzamento mentale toccano poi corde sempre piú profonde e coinvolgenti. Oppure, se non da immagini, si parte dalle parole: da metafore come quella del cervello-ripostiglio in Umanista misantropo, una delle poesie piú emblematiche; o da serie di parole legate tra loro da nessi fonetici e semantici, come nei Verbi bianchi. E si procede di lí, introducendo anche elementi autobiografici, in un argomentare a briglia sciolta, sempre sul filo delle analogie e delle evocazioni. I versi di Grünbein sono quanto di piú ambiguo si possa pensare. Da un lato, con la loro lunghezza e la sintassi articolata, dànno l’impressione di un ragionamento logico e controllato, dall’altro propongono salti sfrenati in universi di senso a cui è possibile accostarsi solo con l’intuizione. È l’ambiguità dei grandi poeti-filosofi, categoria alla quale Grünbein appartiene ormai con piena sicurezza.
Schiuma di quanti raccoglie poesie dalle ultime tre raccolte di Grünbein pubblicate in Germania, piú una serie di versi ancora inediti.
Durs Grünbein è nato nel 1962 a Dresda, allora DDR. Vive a Berlino. Con Einaudi ha pubblicato il diario narrativo Il primo anno (2004) e il poema Della neve ovvero Cartesio in Germania (2005), le raccolte di poesie A metà partita (1999), Strofe per dopodomani (2011), Schiuma di quanti (2021) e la raccolta di saggi I bar di Atlantide (2018).
è il poeta del nuovo secolo e del nuovo millennio. I decostruttori se ne facciano una ragione.
rodolfo granafei