Anna Cascella Luciani, Testimonianze

La luna e le sue forme è un’opera che raccoglie contributi e testimonianze critiche per Anna Cascella Luciani, con un’ antologia poetica, a cura di Marco Corsi pubblicato da Macabor nel 2020.

DALLA PREFAZIONE DI MARCO CORSI

La parola nei versi di Anna Cascella Luciani – scrive nella Prefazione Marco Corsi – è un calibro: niente può formare la catena del significato se non nella sua perfetta, e necessaria, misura. E quando ciò si accompagna alla vita sottaciuta o poematizzata – in questo, oltre a Giudici, è opportuno riferirsianche a Giorgio Caproni – la rima più impervia può addirittura abbracciare l’ineliminabile presenza della morte:

piccola come un colibrì
l’agendina di mia madre
in ospedale – (quando
la trovai – e l’aprii –
c’era un’ultima data
scritta a mano “2 – marzo –
’82 – martedì”)

È forse questo che possiamo intendere per «breve carne»: la consapevolezza nell’uso del verso breve – senari, settenari, ottonari, ma anche talvolta quinari o «versicoli», come li direbbe Caproni, più brevi – conferiscono alla poesia di Cascella Luciani i connotati di un’epica fatta davvero di «colori» e «stagioni». Tentando una sintesi neanche troppo impervia, questi due tropi si trovano condensati nell’immagine ricorrente del cielo, soprattutto il cielo di Roma gemello di quell’Adriatico evocato più volte a partire – come apprendiamo da Tutte le poesie. 1973-2009 edite da Gaffi nel 2011 – dall’ultima sezione dell’inedita (in veste autonoma) raccolta Luoghi. Talvolta con aerea e rarefatta stupefazione, inoltrata dalla disloca-zione in fine di verso della congiunzione copulativa:

tramava il mare e
neanche lo sapevo,
passavano farfalle
e lo vedevo.

[…]

Contributi di: Marco Corsi, Giulio Ferroni, Alessandra Paganardi, Roberto Deidier, Mary Barbara Tolusso, Simone Zafferani, Maria Clelia Cardona, Annalucia Cudazzo, Ivano Mugnaini, Lorenzo Spurio, Lucia Gaddo Zavonello, Giuseppe Arcidiacono, Luigi Fontanella, Fabio Guindani.

Da Gli amori terreni (2009-2012)

(impervio dire)

non mi hai mai chiamato
Anna – non potevi –
non c’eri – chi sa chi eri –

chi sa le gambe – il costato
l’avventura del passo – il tuo
respiro – gli occhi – la fronte
la forma della bocca – il tono
della voce – chi sa che parole
avresti detto

(ti dicevano soldato –
disperso in Russia – gli inverni
nella neve – dopo la guerra
d’Italia nel giugno del ’40 –
poi non fu detto più niente –
eri scomparso dai racconti
all’infanzia – chi sa di dove
eri – se di Roma o di altro
luogo – chissà l’incontro
con mia madre dove è stato –

– chi sa dove sta la sepoltura
– lei è nella sua cappella
di famiglia – chi sa che parole
hai usato e cosa dicesti a te
stesso andando via – se accennasti
qualcosa – se ti dispiacesti
del tuo non voler essere
padre – chi sa chi sei stato –
mia madre di te non mi ha
mai parlato) –

senza nostalgia (gli assenti
non lasciano orme – luoghi –
archivi – documenti) di te –
non-padre scrivo “forse
avremmo fatto gite
– costruzioni di sabbia –
rincorse tra le reti (in rima
di conchiglia) – tu, forse –
padre – io forse – figlia” –
(in quell’esigua striscia
degli affetti che balena
come acqua sulla riva –
torna – si ritrae – è fonte
viva) –

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