Evento a cura di Milo De Angelis, organizzato dalla Casa della Poesia di Milano, 10 giugno 2021, 19:30 – voce recitante Viviana Nicodemo.
La serata sarà trasmessa sul canale Youtube della Casa della Poesia di Milano.
INTRODUZIONE DI MILO DE ANGELIS
Proponiamo questa sera alcune testimonianze che riguardano l’ultimo periodo della vita di Sylvia Plath. Sono poesie, soprattutto, ma anche brani dell’epistolario – in particolare le lettere alla madre – e un testo di Ted Hughes a lei dedicato e intitolato Lo sparo, tratto dal suo libro Lettere di compleanno. Qui siamo nel 1962 e all’inizio del 1963. Qui siamo vicini alla morte, se pensiamo che Sylvia Plath si uccide con il gas lunedì 11 febbraio del 1963.
Qui tutto parla di morte. Ma anche di poesia, Ma anche di perfezione. Morte, poesia, perfezione. Un trittico potente e antico, un trittico che viene dal mondo classico. Si direbbe che proprio sulle soglie del disastro, sull’orlo del baratro la poesia della Plath raggiunge il suo culmine. L’alto e il basso si congiungono. La vetta e il precipizio coincidono. Il sublime e la caduta tra le rocce si stringono in un patto inviolabile, in un’alleanza finalmente raggiunta. Mai la poesia di Sylvia Plath era stata così perfetta. Mai era stata così perentoria, così definitiva, capace di congiungere la vita e la morte, le immagini di un’infinita, trepidante bellezza con le forze oscure e spettrali della fine, la potenza di un fiore con il cadavere dei bambini acciambellati, l’alba dei fiordalisi e i papaveri di ottobre con il sapore aspro del Talidomide.
Sylvia Plath appare qui come una guardiana dell’Ade, una sacerdotessa della Morte, una figura sacrificale che rinuncia alla sua esistenza personale per avere in cambio la perfezione di un verso, che si distrugge come essere umano per rinascere come poeta, per giungere a noi soltanto come poeta, come parola compiuta e impeccabile. E questi versi hanno la forza allucinata di un congedo che da una parte è netto, secco, ultimativo – non c’è mai nulla di patetico nei congedi della Plath – ma dall’altra porta con sé tutte le presenze palpitanti della vita intravista e perduta.
Dopo il naufragio, Sylvia non ha voluto raggiungere a nuoto la riva ancora una volta, non ha voluto sfuggire ancora una volta alla morte che la spiava fin da quando era bambina. Il mosaico si è frantumato, la persona chiamata all’anagrafe Sylvia Plath, trent’anni, nata a Boston sotto il segno dello Scorpione, la persona Sylvia Plath si è spaccata in mille frammenti, la sua anima non ha retto gli urti violentissimi della sorte.
Il colpo di scure si è abbattuto sul vetro fragile di una giornata. Ma le tessere di questo mosaico, ciascuna di queste tessere è diventata una parola, un’immagine saettante capace di restituirci un’altra verità che non è più soltanto quella di una vita dolorosa ma che, passando attraverso questo dolore, è diventata la bellezza rivelatrice della sua poesia.
Poesia che ora ascolterete nella traduzione di Anna Ravano.
La voce è quella di Viviana Nicodemo.
LIMITE
La donna ora è perfetta.
Il suo corpo
morto indossa il sorriso della compiutezza,
l’illusione di una necessità greca
fluisce nei volumi della sua toga,
i suoi piedi
nudi sembrano dire:
Siamo arrivati fin qui, è finita.
I bambini morti si sono acciambellati,
ciascuno, bianco serpente,
presso la sua piccola brocca di latte, ora vuota.
Lei li ha raccolti
di nuovo nel suo corpo come i petali
di una rosa si chiudono quando il giardino
s’irrigidisce e sanguinano i profumi
dalle dolci gole profonde del fiore notturno.
La luna, spettatrice nel suo cappuccio d’osso,
non ha motivo di essere triste.
È abituata a queste cose.
I suoi neri crepitano e tirano.
Sylvia Plath
Traduzione di Anna Ravano
THE EDGE
The woman is perfected
Her dead
Body wears the smile of accomplishment,
The illusion of a Greek necessity
Flows in the scrolls of her toga,
Her bare
Feet seem to be saying:
We have come so far, it is over.
Each dead child coiled, a white serpent,
One at each little
Pitcher of milk, now empty
She has folded
Them back into her body as petals
Of a rose close when the garden
Stiffens and odors bleed
From the sweet, deep throats of the night flower.
The moon has nothing to be sad about,
Staring from her hood of bone.
She is used to this sort of thing.
Her blacks crackle and drag.
Sylvia Plath, la poetessa americana morta suicida nel 1963, avrebbe compiuto 89 anni oggi. Morì invece a 30 anni e divenne davvero famosa solo dopo la morte: mentre era in vita furono pubblicate solo due sue raccolte di poesie e il suo unico romanzo, La campana di vetro, uscito un mese prima della sua morte. Le caratteristiche autobiografiche delle sue opere contribuirono negli anni a creare un piccolo mito intorno al suo personaggio, dovuto soprattutto al modo in cui morì: Plath aveva un disturbo psichiatrico – le fu diagnosticata una forma di depressione clinica quando studiava all’università – e si suicidò qualche tempo dopo aver scoperto un tradimento del marito, il poeta inglese Ted Hughes.
Grazie per l’articolo e per la poesia. La depressione è la malattia psichiatrica più dolorosa, poiché il depresso vive la sua incapacità di vivere in modo acuto e consapevole. La sua vita è una dolorosa notte, poiché ogni pensiero è di un nero senza speranza, assolutamente orientato alla morte… Un poeta depresso non fa altro che scavare nel suo abisso senza via d’uscita attraverso la sua poesia…
D’altra parte, negli anni di Sylvia Plath, nulla o quasi si conosceva del “male oscuro”, e poca terapia c’era per curarla… Grazie per l’articolo e per la poesia.